tag:blogger.com,1999:blog-9213285429295889212024-03-13T02:27:12.405+01:00PonSinMorBlog dell'Associazione Culturale PonSinMorAnonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.comBlogger14125tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-82998264002660122232018-12-10T22:14:00.000+01:002018-12-10T22:43:19.755+01:00UN MOVIMENTO DI RESISTENZA PER IL PIANETA<div style="text-align: justify;">
John Bellamy Foster intervistato da Juan Cruz Ferre - Traduzione di Dante Lepore per PonSinMor, 16 luglio 2017 [dall’originale su E-Bulletin N°1446, July 10, 2017]</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-roKfN-SqGUc/XA7c04gjOZI/AAAAAAAAaT4/NgVhUCqC8wEmAoqkfxBH2DVFLj6YZi84wCLcBGAs/s1600/20181210_223324.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="341" data-original-width="371" height="293" src="https://2.bp.blogspot.com/-roKfN-SqGUc/XA7c04gjOZI/AAAAAAAAaT4/NgVhUCqC8wEmAoqkfxBH2DVFLj6YZi84wCLcBGAs/s320/20181210_223324.jpg" width="320" /></a></div>
Il cambiamento climatico è fuori controllo. È già troppo tardi per evitare le alte temperature, la scarsità d'acqua e le condizioni climatiche estreme. Ma la struttura finanziaria del capitalismo è legata ai combustibili fossili. Le soluzioni basate sul mercato sono inefficaci.</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
John Bellamy Foster, professore di sociologia presso l'Università dell'Oregon e direttore di Monthly Review, parla circa il tipo di programma necessario per fermare questa catastrofe. È stato intervistato da Juan Cruz Ferre per Left Voice dove il testo fu pubblicato per primo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Juan Cruz Ferre (JCF): C'è una schiacciante evidenza che dimostra come il clima antropico è fuori controllo e porterà alla catastrofe ambientale globale – senza un radicale miglioramento della produzione di energia. Nel numero di febbraio 2017 della Monthly Review, vi segnalo che, sebbene ci sia stata presentata con valutazioni precise e indiscutibili, la scienza e le istituzioni di scienze sociali non sono riuscite a venire con soluzioni efficaci. Perché pensi che questo è il caso?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
John Bellamy Foster (JBF): Siamo in una situazione di emergenza nell' epoca Antropocene in cui la rottura del sistema terra, particolarmente il clima, sta minacciando il pianeta come luogo di abitazione umana. E tuttavia, il nostro sistema politico-economico, il capitalismo, è orientato principalmente all'accumulo di capitale, che ci impedisce di affrontare questa enorme sfida e accelera la distruzione. Gli scienziati naturalisti hanno fatto un lavoro eccellente e coraggioso nel lanciare l'allarme sui pericoli enormi della continuazione di affari come al solito per quanto riguarda le emissioni di carbonio e altri limiti del pianeta. Ma il mainstream delle scienze sociali come esiste oggi ha interiorizzato quasi completamente l’ideologia capitalista; tanto che gli scienziati sociali convenzionali sono completamente incapaci di affrontare il problema alla scala e nei termini storici che sono necessari. Sono abituati alla visione che la società molto tempo fa "conquistò" la natura e che la scienza sociale riguarda solo persone – relazioni personali, mai persone-natura. Questo alimenta un negazionismo ove si tratti di problemi del sistema-scala della Terra. Quei principali scienziati sociali che affrontano questioni ambientali più spesso di quanto non fanno come se avessimo a che fare con condizioni abbastanza normali e non con un'emergenza planetaria, non una situazione non-analoga. Non ci può essere nessuna risposta gradualista, eco-modernista ai tremendi problemi ecologici che affrontiamo, perché quando si esamina l'effetto umano sul pianeta non c'è niente di graduale su di esso; è una grande accelerazione e una spaccatura nel sistema terra. Il problema sta aumentando in modo esponenziale, mentre il peggioramento è anche più veloce di ciò che vorrei suggerire, perché siamo in procinto di attraversare tutti i tipi di soglie critiche e di fronte a un numero sconcertante di punti critici.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: Se la conversione in energia rinnovabile potrebbe arrestare o invertire la marcia della crisi ambientale, perché non ci muoviamo in quella direzione al giusto ritmo?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: La risposta breve è "profitti." La risposta lunga va verso qualcosa come questo: ci sono due ostacoli principali: 1) gli interessi costituiti che sono legati all'interno del complesso finanziario dei combustibili fossili e 2) il più alto tasso di redditività dell'economia deve essere ottenuto dall'economia del combustibile fossile. Non è solo una questione di energia di ritorno sull'investimento di energia. L'infrastruttura di combustibili fossili già esistente offre un vantaggio decisivo in termini di accumulo di capitale e di redditività rispetto all’energia alternativa. Qualsiasi sistema di energia alternativa richiede che una nuova infrastruttura energetica debba essere costruita praticamente da zero prima che possa davvero competere. Ci sono anche molti più sussidi per i combustibili fossili. E i combustibili fossili rappresentano, nella contabilità capitalista, una sorta di "omaggio" della natura al capitale, anche più dell’energia solare. La struttura finanziaria, comprendente le più grandi banche e Wall Street, è molto strettamente collegata all'economia del combustibile fossile. I combustibili fossili del sottosuolo rappresentano riserve di trilioni di dollari in attività che hanno già un effetto reale nell'economia odierna nel senso che appaiono sui libri finanziari delle corporation – anche se bruciando tutte queste riserve, che finiscono per rompere i tempi di budget del clima di 5 o 6 punti al di sopra, e significherebbe mandarci ad un clima infernale. Ma questi trilioni di dollari in beni associati con le riserve di combustibili fossili finirebbero semplicemente per svanire se la combustione di combustibili fossili dovesse cessare. Non c'è nessun equivalente rispetto al solare o all’eolico in termini di patrimonio. Il mio collega, Richard York, uno dei leader mondiali dei sociologi dell’ambiente, ha dimostrato empiricamente in un articolo Nature Climate Change che in questo momento l’energia alternativa è ancora trattata come un supplemento piuttosto che come un sostituto per i combustibili fossili all'interno dell'industria energetica come attualmente costituita. La rapida crescita delle energie alternative non dovrebbe pertanto essere vista come una rottura radicale col dominio dei combustibili fossili. Questo deve ancora verificarsi.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: Hai sostenuto che l'espansione del capitale finanziario, i modelli di stagnazione economica, insieme con il declino dell'egemonia degli Stati Uniti sono cause sottostanti di maggiore impatto sull'ambiente. Puoi approfondire su questo?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: Dal punto di vista dei cosiddetti "masters of the universe" – oggi sei uomini (pochi mesi fa erano otto), costoro hanno tanta ricchezza quanta ne possiede la metà della popolazione mondiale – e incorporano sempre più l'economia mondiale, il problema principale al momento non è il cambiamento climatico ma la stagnazione dell'economia mondiale. Questa stagnazione è più profonda nelle economie capitaliste avanzate. L'economia USA è cresciuta a un tasso di 1,6% l'anno scorso e ha vissuto più di un decennio al di sotto del 3% di crescita per la prima volta nella storia registrata. Il tasso di crescita dell'Europa nell'ultimo decennio è stato di circa 1,7%. Confronta questo al tasso di crescita dell’1,3% negli Stati Uniti nel decennio della depressione 1929-1939. Il monopolio del capitale finanziario, come abbiamo discusso nella Monthly Review per decenni, ha una forte tendenza verso la sovraccumulazione e la stagnazione. Ciò che principalmente ha sollevato l'economia negli anni 1980 e '90 è stata la finanziarizzazione (la crescita della finanza relativa alla produzione e le bolle finanziarie). Con la finanziarizzazione non si è più in grado di stimolare l'economia nella stessa misura che nel periodo dalla grande crisi finanziaria e la stagnazione avanza a tempo indeterminato. Questo era infatti la tesi di due libri che ho scritto con altri – The Great Financial Crisis (con Fred Magdoff) nel 2009 e The Endless Crisis (con Robert W. McChesney) nel 2012. Oggi tutto è orientato a riportare l'economia verso la ripresa. È vero che la stagnazione in qualche modo aiuta l'ecologia, poiché la crescita economica mette più pressione sull'ambiente, le emissioni di anidride carbonica aumentano, ecc. Ma come York ha empiricamente dimostrato in un altro articolo su Nature Climate Change, il sistema non riduce le emissioni del clima allo stesso tasso quando l'economia va giù come li genera quando l'economia va su. Inoltre, la messa a fuoco di tutte le economie capitaliste avanzate sulla crescita economica sopra ogni altra cosa ha lasciato l'intera questione del pianeta nell’unico angolo dove esso è emarginato. Quindi, c'è una nuova spinta a rimuovere normative ambientali allo scopo di spingere in avanti l'economia. Siamo su un treno diretto lanciato sopra la scogliera del clima come se stessimo incoraggiando il motore con più carbone per aumentarne la velocità.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: L'accordo sul clima di Parigi è stato salutato come l’eredità ambientalista di Obama. Quanto è efficace come strumento per prevenire e invertire l'avanzata della catastrofe ambientale?</div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: È perfettamente inutile. Richiede accordi volontari. Nel migliore dei casi, rappresenta semplicemente le buone intenzioni dei governi del mondo. I piani volontari provenienti dai singoli paesi ci han portati quasi completamente ai 4°C che si è pensato contrassegnassero la fine della civiltà, nella valutazione di molti scienziati. La proposta statunitense si è basata sul Clean Power Plan di Obama, che era troppo scarso, troppo tardivo e affidato ai meccanismi di mercato che non avrebbero fatto il lavoro. Adesso comincia ad essere smantellata dall'amministrazione Trump ce rifiuta la questione climatica. Con Washington che abbandona l'accordo di Parigi sia de facto che de jure, c'è il pericolo che tutto si sgretoli. L'unico elemento più accattivante nella convenzione di Parigi da un punto di vista del movimento climatico era il riconoscimento formale di stare sotto un aumento di 1,5 °C della temperatura globale come un obiettivo. Ma quasi tutto il resto nell'accordo lo ha smentito. E abbiamo già visto un 1,2° C aumentare con maggiore visibilità. Naturalmente, ora che Trump va mettendo da parte il Clean Power Plan di Obama noi stiamo imparando che differenza c'è tra le misure che non sono semplicemente sufficienti ma che ancora non eliminano la possibilità di elevare le nostre azioni per contenere il cambiamento climatico, e le politiche che effettivamente ci porteranno indietro e minacciano di eliminare tutto ciò che James Hansen ha chiamato "l'ultima possibilità per l'umanità."<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: Quanto possiamo noi influenzare il cambiamento climatico attraverso scelte nella nostra vita di consumo e tutti i giorni (cioè, compostaggio, riciclaggio, risparmio acqua)?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: Purtroppo, non possiamo avere molti risultati in questo modo – a parte un massiccio movimento nazionale per la conservazione, che richiederebbe la mobilitazione dell'intera popolazione e avrebbe dovuto essere parte di un tentativo di modificare anche la produzione. Una strategia basata sul consumo normale che sia semplicemente radicata nell'azione individuale è incapace di risolvere il problema o di muoversi abbastanza velocemente. Per avere un'idea delle dimensioni del problema, se si dovessero eliminare tutti i rifiuti urbani provenienti da tutte le famiglie negli Stati Uniti, ciò avrebbe ridotto solo il 3 per cento circa del totale dei rifiuti materiali nella società. Il resto è nelle mani delle corporation. Questo non vuol dire che non dovremmo fare tutte le cose che dici. A meno che non cambiamo noi stessi come individui e la nostra cultura – il modo in cui ci relazioniamo con la Terra – non possiamo aspettarci di fare le modifiche globali che sono necessarie nella società. Quindi, la rimozione dei rifiuti e l’assunzione di responsabilità per i danni che abbiamo provocato alla natura nella nostra vita quotidiana è essenziale. Quando utilizzi una forchetta di plastica fatta dall’altra parte del mondo e poi mangi la tua insalata take-away e la butti via con l'imballaggio nella spazzatura (dopo averla usata forse un minuto), in modo che un’identica forchetta di plastica deve essere realizzata con prodotti petrolchimici, forchette spedite in tutto il mondo per il tuo prossimo pasto da asporto, sicuramente ti stai alimentando definitivamente in un sistema distruttivo e sprecone – un sistema che cresce per mezzo della distruzione e dei rifiuti. Ma a lungo si è pensato che la "sovranità del consumatore" è un mito. Per apportare modifiche fondamentali nell'economia delle materie prime è necessario avere potere sulla produzione. Una cosa che potremmo fare, se fossimo veramente seri, è di andare al di là dei più di 1 trilione di $ all’anno speso negli Stati Uniti solo sul marketing, ossia: targeting, ricerca motivazionale, sviluppo del prodotto, imballaggio, promozione vendite, pubblicità, direct marketing, ecc., convincere la popolazione a comprare cose che non vogliono veramente o di cui non hanno bisogno. Ma all'indirizzo marketing richiederebbe anche una risposta politica. Marx disse una volta che i lavoratori (e questo andrebbe forse ancor più per i consumatori) sono, nel loro agire puramente economico in una società capitalista, sempre il lato più debole, e quindi hanno bisogno di organizzarsi politicamente.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: David Harvey, Naomi Klein, te stesso e molti altri condividono l'idea che l’alternativa è il capitalismo o il pianeta. Spiega di più.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: Sì, c'è un crescente riconoscimento a sinistra generalmente del fatto che l'umanità sta ora sporcando il proprio nido a livello planetario. I socialisti hanno troppo spesso fallito nel prendere abbastanza sul serio le questioni ecologiche. Tuttavia, questo non è un errore unicamente dei socialisti, dato che il difetto si addice ancora di più alla tradizione liberale nel suo complesso. Ma qualunque cosa scegliamo di dire sul socialismo del XX secolo, si deve ribadire che nessuno può essere davvero socialista e precisamente marxista nel XXI secolo e poi non riuscire a riconoscere la piena gravità della crisi ecologica planetaria. Siamo all'avanguardia tanto nella battaglia per proteggere la terra come un luogo di insediamenti umani (e come una casa per innumerevoli specie) come lo siamo dal lato dello sterminio creativo del sistema Terra come la conosciamo. Sei nel giusto però nell’individuare Naomi Klein a questo riguardo, dal momento che lei ha fatto più di chiunque altro negli ultimi anni fuori della comunità scientifica per dare l'allarme. Lei è, a mio parere, il leader intellettuale-attivista nel movimento radicale sul clima negli Stati Uniti e in Canada. Al contrario di una figura come Bill McKibben, lei non evita il problema di dove è sepolto il cane. Il sottotitolo del suo libro This Changes Everything è esplicito: si tratta del problema capitalismo vs il clima. Lei è allineata con l’Eco-socialismo, che è il più importante nuovo sviluppo nel pensiero socialista ed ecologico e nel movimento ambientalista. Un buon esempio è Facing the Anthropocene: Fossil Capitalism and the Crisis of the Earth System di Ian Angus, che è apparso l'anno scorso. Per quanto riguarda il mio contributo su questa domanda, ho scritto una serie di opere sul tema, come The Vulnerable Planet, Ecology Against Capitalism e (con Brett Clark e Richard York) The Ecological Rift: Capitalism’s War on the Planet. Il problema è chiaro. Il capitalismo è un sistema orientato all’illimitata accumulazione di capitale e quindi alla esponenziale crescita economica. Di conseguenza aumenta costantemente in scala. Con un tasso del 3% di crescita, l'economia dovrebbe espandersi sedici volte in un secolo, 250 volte nei due secoli e 4000 volte in tre secoli. Mentre la capacità del pianeta rispetto a ciò che noi chiamiamo il rubinetto (la fine di risorse) e il lavandino (la fine dei rifiuti) essenzialmente sarebbe rimasta la stessa. La realtà dei limiti ecologici e la pressione che l'economia si pone su di loro non può quindi essere negata. Naturalmente, il problema è molto più serio di quanto sopra suggerito. Più importante è che il capitalismo di fatto impone le sue leggi di movimento sull'ambiente, indipendentemente dai cicli biogeochimici del pianeta e dal metabolismo della terra, in modo che esso crea fratture o rotture nei cicli biogeochimici del sistema terra, interrompendo le relazioni di ecosistema in modi che trascendono i semplici effetti-scala della crescita economica. È questo problema della spaccatura metabolica che è la nostra sfida più profonda. La sostenibilità è sempre più compromessa a livelli sempre più elevati – una minaccia continuamente accelerata per la civiltà e la vita stessa. La teoria del Marx della spaccatura metabolica, o la "frattura irreparabile nel processo interdipendente del metabolismo sociale" è stata la prima analisi che consentisse una visione veramente completa di scienze sociali della crisi ecologica sistemica, che comprende sia società e natura che le loro interrelazioni dialettiche, e che connette questo alla produzione. Infatti, sono così potenti queste intuizioni che sono cruciali per come oggi vediamo la crisi del sistema terra. Ciò è evidente in un articolo nell'edizione del marzo 2017 di Scientific Reports che richiama in modo esplicito il concetto di Marx, citando il Capitale di Marx. Quando parliamo oggi dell’Antropocene da una prospettiva scientifica, noi stiamo riconoscendo esplicitamente che la Grande Accelerazione nell'impatto umano sul pianeta dal 1945 ha creato una spaccatura antropogenica nel sistema terra, dividendo per sempre fuori il presente ecologicamente dalle fasi precedenti nella storia (geologica e umana). Questa frattura nelle relazioni umane col pianeta già è catastrofica e potrebbe presto raggiungere il punto di non ritorno (se aumentiamo la temperatura media globale di 2° C), che conduce alle più grandi catastrofi e minacciando l'umanità stessa.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: Se dovessi fare una previsione, pensi che l'umanità sarà in grado di fermare questa follia inquinante prima che sia troppo tardi? O ritieni che sia più facile prevedere un futuro distopico con scarsità d'acqua, fumi tossici e temperature da torrefazione?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: Stiamo già affrontando catastrofi crescenti dovute ai cambiamenti climatici. È troppo tardi per evitare alte temperature, scarsità d'acqua e condizioni climatiche estreme. Cose che la nave ha, in molti modi, già navigato. La terra sta per essere molto meno ospitale per gli esseri umani in futuro. A questo punto ciò che stiamo cercando di evitare è una cosa: come dice James Hansen, e faccio mio nel mio articolo su "Trump and Climate Catastrophe ": "una situazione dinamica fuori controllo [umano]" che ci spinga verso un aumento della temperatura globale di 4°C o ancora più in alto, metterebbe in pericolo l'esistenza stessa della civiltà umana e innumerevoli esseri umani. Peggio ancora, vorrei segnalare la possibile estinzione della nostra specie. In questo senso, le distopiche visualizzazioni non riescono quasi mai ad afferrare la gravità della minaccia, che è maggiore di quanto anche il più distopico romanzo potrebbe proiettare – dopo tutto un romanzo distopico deve avere un umano rimanente almeno temporaneamente. Dobbiamo immaginare una grande moria giù sulla terra (gli scienziati ora vanno dicendo che potremmo perdere la metà di tutte le specie viventi questo secolo solo nella Sesta Estinzione) e un mondo, se proiettiamo abbastanza lontano nel futuro ipoteticamente spogliato degli esseri umani – forse anche ciò che Hansen chiama la "sindrome di Venus". Ma molto tempo prima che vedremo centinaia di milioni, addirittura miliardi, di persone colpite in modo disastroso. Questo è ciò che la scienza ci dice. Tutto quello che dobbiamo fare per distruggere il pianeta come un luogo di insediamenti umani è di continuare come siamo al momento con il business capitalista come al solito. “È ancora possibile evitare... gli effetti più catastrofici... Ma sarebbe necessario un cambiamento ecologico rivoluzionario nel sistema di produzione, cioè nel metabolismo tra esseri umani e la Terra.” . È ancora possibile evitare ciò – o gli effetti più catastrofici, come il livello del mare in aumento non di piedi ma di iarde, la morte del Rio delle Amazzoni, la morte della maggior parte delle vita oceanica, ecc. Ma sarebbe necessario un cambiamento ecologico rivoluzionario nel sistema di produzione, cioè nel metabolismo tra esseri umani e la terra. Abbiamo bisogno di ridurre le emissioni di carbonio, Hansen ci dice, di circa il 5% ogni anno attraverso l'intero pianeta, a partire da pochi anni, che significa che i paesi ricchi devono ridurre le proprie di qualcosa come due cifre. E oltre a questo dobbiamo trovare un modo per rimuovere la gigantesca quantità di carbonio, forse tanto quanto 150 giga-tonnellate, dall'atmosfera – il problema delle emissioni negative – se abbiamo ancora voglia di stabilizzare il clima ad una temperatura media globale dell’1,5°. (Solo per evitare di andare oltre la barriera dei 2° sarebbe necessaria una riduzione annua del 3% delle emissioni di carbonio). Tutto ciò può essere fatto con i mezzi che abbiamo disponibili, tra cui energie alternative, cambiamento socio-strutturale e conservazione, ma ciò richiederebbe un vasto movimento dell'umanità e che avremmo dovuto opporci alla logica non solo dell'economia dei combustibili fossili, ma del capitalismo stesso. Come ci dice Kevin Anderson, del Tyndall Institute per il cambiamento climatico nel Regno Unito, che avremmo dovuto andare contro "l'egemonia politico-economica". In tali situazioni, ottimismo o pessimismo, non sono il punto. Quello di cui abbiamo bisogno è il coraggio e la determinazione nel far fronte alle apparentemente insormontabili disparità. Quello che dobbiamo fare non è così difficile di fronte ad esso, se guardiamo solo le misure ecologiche dirette che abbiamo bisogno di prendere. Quello che fa sembrare un problema insormontabile è la mostruosità della società capitalista globale.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: Oggi, con le smentite del mutamento di clima alla Casa Bianca e del capo della US Environmental Protection Agency (EPA), pensi che sia sufficiente spiegare che è necessario combattere il capitalismo per prevenire il cambiamento climatico? Quali sono le prospettive per intensificare la lotta per il pianeta?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: Con Trump, il neofascismo è entrato alla casa bianca – il suo obiettivo è un modo diverso di gestire l'economia capitalista. È insieme una rottura con il neoliberismo e allo stesso tempo il relativo successore sulla destra – un segno della profonda crisi dei nostri tempi. Non solo è la base dell’amministrazione per il negazionismo climatico e ha dichiarato gli ambientalisti nemici del popolo, ma minaccia pure di minare la democrazia liberale e sta attaccando gli oppressi razzialmente, gli immigrati, le donne, le persone LGBTQ, gli ambientalisti e i lavoratori. Il movimento di resistenza a questo deve quindi essere una difesa dell'umanità stessa in tutti i suoi aspetti. Se possiamo unire in quello che chiama Harvey un movimento Co-rivoluzionario orientato alle esigenze di riproduzione sociale e allo sviluppo umano sostenibile, con la lotta per salvare la terra come luogo di abitazione umana, allora possiamo ottenere un risultato. Ma questo deve essere un movimento gigantesco, deve unirsi con i tutti lavoratori nel mondo, deve opporsi all’imperialismo e alla guerra. Tutte queste cose sono collegate. Il movimento per il clima è centrale nel senso del triage, ma si può vincere solo da qualche parte se noi combattiamo su ognuno dei fronti, o se combattiamo su un unico grande fronte. Il modello è forse il movimento di giustizia ambientale in tutto il mondo, e ciò che Naomi Klein chiama "Blockadia" in piedi per le barricate del nostro tempo. Io sostengo che ciò dipende dall'emergere di un proletariato ambientale (più visibile oggi nel sud del mondo) dove si è preso coscienza che le nostre lotte materiali sopra l'ambiente in cui viviamo e respiriamo e lavoriamo sono davvero la stessa lotta. Dobbiamo riconoscere chi è il nemico. Le otto maggiori compagnie di combustibili fossili nel mondo emettono più anidride carbonica rispetto agli Stati Uniti, che rappresentano il 15% del totale mondiale. Dobbiamo concentrarci sul capitale e sulle corporation.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JCF: La lotta contro la pipeline del Dakota ha ricevuto ampio sostegno da tutto il paese e anche da popolazioni indigene fuori degli Stati Uniti. Anche se il conflitto è ancora aperto e l'amministrazione di Trump si sta preparando per andare all'offensiva ancora una volta, una grande battaglia è stata vinta nel mese di dicembre. Quali lezioni possiamo imparare dalla lotta per difendere Standing Rock?<br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
JBF: La lotta a Standing Rock ha lasciato un'impronta indelebile sulla battaglia ambientale di oggi. È stata una grande vittoria, anche se con l’elezione di Trump le condizioni sono state regolate per eseguire la principale di quella che era stata vinta. I popoli indigeni hanno dimostrato ancora una volta, come hanno fatto più e più volte negli ultimi anni, di avere la leadership nella lotta per proteggere l'ambiente. I protettori dell’acqua in piedi tenevano duro mentre erano innaffiati con acqua refrigerata, sottoposti a proiettili non letali e gas lacrimogeni, mentre i cani erano schierati contro di essi. Tutto il mondo rimase a bocca aperta. Era difficile non ricordare le lotte dell'era dei diritti civili nel sud di Jim Crow. La battaglia fu principalmente per proteggere l'acqua minacciata dalla perforazione della conduttura sotto il fiume Missouri. Ma tutti avevano capito – e non solo gli ambientalisti che si erano uniti a loro, ma soprattutto le stesse popolazioni indigene– che questa era una battaglia per la terra intera. Per me, però, il punto più alto fu verso la fine quando migliaia di veterani degli Stati Uniti arrivarono in massa, avvicinandosi Standing Rock in lunghe e tortuose linee di veicoli che si snodavano per miglia e miglia, per fornire uno "scudo umano" ai protettori dell’acqua. Hanno dichiarato che erano in piedi con i popoli indigeni – e anche di prendere ciò su di sé per scusarsi piegandosi sulle ginocchia per la storia del trattamento degli Stati Uniti dei nativi americani. Non è un caso che il governo ha acconsentito un paio di giorni dopo. Il conflitto che ne sarebbe scaturito avrebbe designato un numero imprecisato di persone per resistenza ambientale e, in tal senso, sarebbe stato un disastro su larga scala per i poteri costituiti. Così hanno scelto di tirarsi indietro a quel punto. Ma ciò che ha reso questo fatto così importante è stato il fatto che esso rappresentava un atto di solidarietà che metteva fine alle barriere che storicamente ci hanno diviso. È l'emergere della solidarietà umana nell'ora del bisogno in questo modo che ci dice che possiamo vincere.</div>
<div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-29546255078755748042018-12-03T19:51:00.000+01:002018-12-04T00:08:50.200+01:00LE RELAZIONI USA-CINA NELL'ERA TRUMP<div style="text-align: justify;">
Di Loren Goldner - T<i style="background-color: white; text-align: justify;"><span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">raduzione a
cura di Dante Lepore per PonSinMor</span></span></i></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-BwmxZriG0g8/W9s8jJb2_JI/AAAAAAAAKKk/KF7TBkcpPAEeTPN_9wRN_fEg65IbosJrwCLcBGAs/s1600/Loren.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><img border="0" data-original-height="192" data-original-width="250" height="245" src="https://3.bp.blogspot.com/-BwmxZriG0g8/W9s8jJb2_JI/AAAAAAAAKKk/KF7TBkcpPAEeTPN_9wRN_fEg65IbosJrwCLcBGAs/s320/Loren.jpg" width="320" /></span></a></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">(Quello che segue vuole essere, non
tanto un articolo, quanto piuttosto un contorno dei grandi temi o tesi
presentate alla Conferenza Internazionale del 24-25 giugno 2017 dei lavoratori
attivisti a Seoul).</span></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"> <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">1. I politologi statunitensi spesso
discutono, in analogia con la situazione attuale dei rapporti Stati Uniti –
Cina, la "trappola di Tucidide", dove un potere di recente
affermazione, l’antica Atene, sfidava l'allora controparte egemone, Sparta, che
conduceva alla loro lunga guerra reciprocamente distruttiva. Altri esempi sono
l'ascesa della Germania alla fine del XIX secolo a spese della Gran Bretagna,
quindi la potenza mondiale dominante, che porta al 1914. Non penso che ci sia
molto pericolo di una guerra diretta tra USA e Cina, a breve o medio termine.
Penso invece che potremmo vedere "guerre per procura", come è
avvenuto tra l'URSS e l'America durante la guerra fredda (Corea, Vietnam,
Afghanistan). Sia la Cina che gli Stati Uniti servono entrambi propositi di
altri per castigare il sentimento nazionalista quando necessario. Nonostante
l’anno-in della Cina, l’anno-out aumenta in spese militari, è comunque oscurata
dalle forze armate degli Stati Uniti. (Lascio fuori da questa discussione la
crisi strutturale del capitalismo internazionale che incornicia tutte queste
considerazioni, troppo complessa per essere inclusa in un breve articolo). <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">2. Non c'è dubbio che il capitalismo
degli Stati Uniti e i suoi politici temano l'ascesa della Cina, qualunque siano
le calmanti dichiarazioni della più "accomodante" politica del popolo
e la loro retorica "win-win", come l’ex segretario del Tesoro Henry
Paulson. Dall’altra parte ci sono quasi più espliciti guerrafondai come Graham
Allison. Il "realista" Henry Kissinger da qualche parte balza al
centro di questo dibattito, almeno nelle sue dichiarazioni pubbliche e il suo
recente libro superficiale sulla Cina. Inutile dirlo, l'ascesa di Donald Trump
getta una carta incontrollabile in questa situazione, anche se una volta al
potere egli ha fatto marcia indietro (per ora) dalla critica aggressiva alla
Cina e rivendica di avere avuto una riunione di successo con Xi Jinpeng su
quest'ultima recente visita negli Stati Uniti (la maggior parte dei
commentatori crede che la Cina ci ha ricavato l'affare migliore da quei
colloqui). <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><span style="font-size: 13pt;">3. Resta il fatto che la politica
estera cinese e la politica economica estera ha oscurato negli Stati Uniti la
declinante politica in Africa e sud-est asiatico, dove una volta l’egemonia
degli Stati Uniti era generalmente indiscussa, ad eccezione dei movimenti
nazionalisti e rivoluzionari ora diminuiti o estinti. L’America Latina ha avuto </span><span style="font-size: 17.3333px;">anch'essa</span><span style="font-size: 13pt;"> un boom delle esportazioni di materie prime con la Cina fino al 2009
(materiali che la Cina a sua volta ha spedito come prodotti finiti negli Stati
Uniti), dopo di che tale boom si è allontanato, ma ancora rendendo chiaro che
c'è un nuovo potere al mondo con cui i paesi in via di sviluppo (come pure i
paesi sviluppati) possono controbilanciare gli Stati Uniti, come hanno spesso
fatto con l’aiuto Sovietico durante la guerra fredda. Più recentemente, Panama
(un paese di una certa importanza geopolitica) ha rotto le relazioni con Taiwan
e presto riconoscerà la Cina; e a sua volta la Cina ha proposto di costruire un
nuovo canale nel confinante Nicaragua (che da allora ha incontrato problemi).
Ancora più importante, la proposta della Cina di una nuova via della seta (che
inoltre ha avuto suoi problemi) mira a creare un collegamento ferroviario
veloce con l'Europa e un ulteriore collegamento ferroviario con Asia
sud-orientale e Asia del Sud (si sta costruendo un porto sull'Oceano Indiano in
Pakistan). La via della seta aprirà il commercio e gli investimenti con e
dentro i paesi dell'Asia centrale e la loro ricchezza di risorse naturali. Il
ritiro di Trump dal TPP (Patto Trans-Pacifico) ha lasciato un'apertura alla
Cina per entrarci dentro, sotto la copertura del "libero commercio"
(un po' strano, dato il forte controllo della Cina sugli investimenti esteri
nella propria economia). La Cina spera anche di rinnovare i rapporti
commerciali storici anche con l'Africa orientale (Kenya, Uganda). La sua prima
base militare in Medio Oriente è in costruzione a Djibouti, nella zona
geopolitica sensibile del Mar Rosso. (Si dovrebbe anche tenere a mente che tali
potenze economiche asiatiche come Corea del sud, Giappone e Taiwan, ora
praticano più commercio con la Cina che con gli Stati Uniti, anche se essi
rimangono dipendenti dal sostegno militare degli Stati Uniti contro la Cina.) <o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">4. Poi c'è il rapporto diretto tra
USA e Cina. Ci sono i ben noti focolai di crisi di politica estera, a partire
dalla Corea del Nord. Alcuni dei partecipanti stranieri alle più vecchie
"trattative delle sei potenze " (USA, Cina, Giappone e Russia, oltre
le due Coree) hanno i loro motivi per opporsi tacitamente ad una Corea
riunificata. La Cina si oppone ad una Corea riunificata sotto l'egemonia degli
Stati Uniti ed è infuriata per lo spiegamento del recente tracciato radar
statunitense e del sistema missilistico nel sud. Il Giappone si oppone ad una
Corea riunificata come un concorrente sempre più grande in Asia orientale. Gli
Stati Uniti e la Cina, d'altra parte, entrambi temono l'implosione della Corea
del Nord, che creerebbe un problema enorme dei rifugiati in Cina e in Corea del
sud. Poi c'è il Mar Cinese meridionale. Gli Stati Uniti contestano il Mar
Cinese meridionale e le nuove isole artificiali costruite dai cinesi, in nome
della protezione "libertà dei mari", ma in realtà come un'altra arena
dove è contestata dalla crescente potenza cinese... soprattutto in
considerazione del punto limite nelle vicinanze dello stretto di Malacca. (Ci
si chiede – non troppo – quale atteggiamento gli USA avrebbero mostrato se navi
cinesi fossero apparse nei Caraibi). Lo sviluppo cinese nel Mar Cinese
meridionale sta naturalmente rendendo nervose molte delle potenze vicine,
Vietnam e Filippine prima di tutto. Dal momento che i vietnamiti hanno
recentemente permesso alla US Navy di utilizzare le stesse basi costruite dagli
Stati Uniti durante la guerra del Vietnam, essi sono sotto pressione speciale,
soprattutto data la loro ostilità millenaria verso la Cina. Cambogia e Myanmar
sono per ora in modo sicuro all'interno dell'orbita cinese. <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">5. La cosa più importante, tuttavia,
sono i diretti legami economici tra la Cina e gli USA. la Cina attualmente
detiene 3 trilioni di $ US di riserve di valuta estera della Banca Popolare
Cinese (PBOC), scesi giù dai 4 trilioni $ raccolti prima del crollo finanziario
del 2008-2009 negli Stati Uniti che potrebbe essere stato un importante punto
di svolta in questa rivalità. Questa somma è in realtà una spada a doppio
taglio; Se la Cina per qualche motivo li scaricasse sui mercati finanziari
internazionali, potrebbe facilmente provocare un crollo del dollaro, ma anche
una forte rivalutazione del renminbi, che sarebbe un colpo per la Cina (così
come per gli Stati Uniti). Gran parte di quei $ 3 trilioni sono investiti in
Buoni del Tesoro USA a basso interesse, permettendo agli Stati Uniti di
continuare i suoi disavanzi di bilancio. La Cina, naturalmente, per anni ha
fatto chiasso circa l'individuazione di alternative ai mercati dei capitali
degli Stati Uniti e ha fatto segnare una vittoria diversi mesi fa, quando la
maggior parte dei paesi europei, tra cui il Regno Unito, perenne alleato degli
Stati Uniti, si precipitò a affiliarsi con la nuova banca di sviluppo
internazionale cinese, apertamente concepita come un'alternativa alla Banca
Mondiale in declino. Soprattutto si deve tenere a mente che un sacco di
investimenti esteri in Cina non hanno molto avvantaggiato il capitale cinese,
ma piuttosto lasciano la Cina in una posizione intermedia. Gli US giapponesi,
gli Stati Uniti e le aziende high-tech Taiwanesi (come Apple o la Hon Hai
Precision Industry Co. che possiede la FoxConn) fanno ricerca e sviluppo, il
lavoro di assemblaggio è fatto in Cina, e la commercializzazione avviene in
Occidente. Le imprese cinesi generalmente ricevono solo una piccola percentuale
del totale della vendita. I recenti colloqui USA-Cina tra Trump e Xi, come
indicato, sono stati interpretati generalmente come una "vittoria"
per la Cina, poiché la Cina principalmente ha accettato i termini che aveva già
accettato mesi se non anni prima. Non passa una settimana senza un'acquisizione
cinese di alcuni investimenti trofeo statunitensi, come ad esempio (nel 2014)
il Waldorf-Astoria Hotel di New York, ora convertito in appartamenti di lusso.
Questo naturalmente ricorda analoghe acquisizioni giapponesi prima del suo
collasso finanziario nel 1990 e a seguire, e alcuni commentatori hanno
sottolineato parallelismi tra la potente ascesa del Giappone e successivo
declino relativo, e ciò che potrebbe accadere con la Cina, qualcosa di troppo
complesso da definire al momento. Quando la Cina si è aperta negli anni ottanta
e novanta, società e banche degli Stati Uniti han visto questo come una miniera
d'oro, e in generale sono state deluse. Per ogni storia di successo, quali le
società di fast food americane, ci sono state più delusioni. Queste includono
fallite joint venture tra imprese statunitensi e cinesi; furto di tecnologia e
della proprietà intellettuale e controllo stretto del sistema bancario cinese
(nel quale le banche americane oggi hanno solo il 2% del patrimonio totale). La
Cina, piuttosto che allentare i controlli sui flussi di capitali, è andata
serrandoli, soprattutto alla luce dei deflussi di capitali dopo la recessione
del mercato azionario del 35% nel 2015. Veramente, il nuovo collegamento tra i
mercati azionari di Hong Kong, Shenzhen e Shanghai ha reso possibile per la
prima volta per i capitali esteri di investirli direttamente in stock cinesi
(finora con scarso effetto), ma la stampa finanziaria occidentale non smette
mai il suo martellamento di chiamate per terminare i controlli del renminbi,
(soprattutto la non convertibilità in conto capitali) e per ridimensionare il
"legame" stato-imprese private (SOEs). Nessuna di queste richieste
andrà da nessuna parte fino a quando il partito comunista cinese (PCC) e il suo
"team nazionale" manterrà il controllo dei "vertici di
comando" dell'economia, che naturalmente è esattamente ciò che la
strategia e le richieste USA mirano a disfare. Sia in Cina che negli Stati
Uniti, nulla è più altamente politicizzato rispetto agli investimenti da parte
di uno nell’altro, tornando agli errori drammatici come il tentativo da parte
della società petrolifera statale CNOOC di acquisire una piccola raffineria di
petrolio USA (bloccata dal Congresso per motivi di sicurezza nazionale) in
contrasto con l'acquisizione cinese della Fattoria Smithfield, uno tra i
principali produttori di carne di maiale (che è stato infine deciso che non è
una minaccia per la sicurezza nazionale). La Cina ha ripetutamente minacciato
di violare le regole dell'organizzazione mondiale del commercio (OMC), cui ha
aderito nel 1999. Una piccola fabbrica di mobili in legno della Virginia ha
posto il proprio caso contro le pratiche commerciali sleali cinesi fino al
Congresso degli Stati Uniti, dove ha ottenuto finalmente un accordo dalla Cina
per fermare il dumping di mobili in legno sotto costo nel mercato statunitense.
(È da sottolineare che la Cina ha fatto poco o nulla, in termini di dumping,
tecnologia e furto della proprietà intellettuale che gli Stati Uniti stessi non
abbiano fatto alla Gran Bretagna durante la sua ascesa nel XIX secolo. Ma tali
dettagli sono raramente menzionati negli articoli che sbattono la Cina nella
stampa statunitense e al Congresso). <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">6. Come con la sua nuova posizione
di leadership nella difesa del "libero commercio", sulla questione
dei cambiamenti climatici, la Cina ha ancora il potenziale per muoversi in un
vuoto lasciato dal ritiro dell'amministrazione Trump dagli impegni del mondo,
in questo caso dall'accordo sul clima di Parigi. Mentre Trump parla di
rilanciare l'uso del carbone negli Stati Uniti, la Cina andava facendo di fatto
le innovazioni nelle tecnologie verdi e ora controlla il mercato mondiale per i
pannelli solari. Se pure importante, questo spostamento rimane relativo.
D'altra parte, il 75% del consumo di energia in Cina è ancora alimentato dal
carbone. Cina e Stati Uniti insieme, sono i due inquinatori più grandi del
mondo. La Cina si trova di fronte ai massimi problemi in termini di
inquinamento dell'acqua, desertificazione e terreno sterilizzato, e malattie
respiratorie causate dall'inquinamento atmosferico. <o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">7. Veniamo infine alla domanda più
importante di tutte, la classe operaia. È noto che il numero di
"incidenti" in Cina aumenta ogni anno (non solo scioperi ma disordini
e scontri di ogni genere, che solitamente coinvolgono sottrazioni di terreno da
parte delle autorità locali; ce ne sono state 150.000 nel 2015). I grandi
scioperi alla FoxConn e nelle aziende giapponesi nel 2010 hanno messo il mondo
sull'avviso verso il potenziale della classe operaia cinese. Il governo degli
Stati Uniti e la CIA ripongono le proprie speranze nella classe operaia cinese,
vale a dire di usarne la recrudescenza come un cuneo contro il regime, come
hanno fatto in Polonia nel 1980-1981. L’attuale dibattito sulla classe operaia
cinese contrappone "pessimisti" come il sociologo CK Lee (autore
dell'autorevole libro <i>Against the Law</i>) che non vedono alcun
significativo sviluppo della coscienza di classe oltre queste rivolte e gli
"ottimisti", come nel libro <i>China On Strike </i>(2016 edizione
riveduta) che invece ce lo vedono. La recente intensificazione dei controlli
sul lavoro-orientato delle ONG e gli avvocati del lavoro indica che il regime
quanto meno vede i disordini della classe operaia come potenzialmente
esplosivi. Per il momento, circa la possibilità della solidarietà
internazionale tra i lavoratori cinesi e americani, la situazione della classe
operaia USA è molto diversa, dato i quattro decenni di attacchi alle sue
condizioni materiali, il declino degli scioperi, l'atomizzazione organizzata
dei lavoratori da parte del capitale (come per esempio nelle aziende come
Amazon) e almeno una significativa minoranza di operai bianchi che hanno
sostenuto e ancora sostengono Trump. Il sindacato degli U.S. SEIU (Service
Employees International Union) ha affermato un'importante vittoria
nell'organizzazione dei lavoratori nei negozi Wal-Mart in Cina, ma l’attuale
contratto firmato dal sindacato impegna i lavoratori di Wal-Mart a lavorare
insieme al management per migliorare la produttività e simili. <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><b><span style="font-size: large;">Aggiunta giugno 2017 </span></b><span style="font-size: 13pt;"><o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Non una settimana sembra passare
senza qualche ulteriore passo nell'integrazione della Cina nel mercato
mondiale. Le ultime settimane hanno visto l'ammissione della Cina al MSCI, un
"All-Country World Index" delle scorte dei "mercati
emergenti", che ne avevano già negato l'ammissione per diversi anni
consecutivi. Questo andrà a completare il collegamento ora-aperto tra i mercati
azionari di Hong Kong, Shenzhen e Shanghai, permettendo agli investitori
stranieri di acquistare direttamente azioni cinesi. La Commissione di
Regolamentazione Bancaria Cinese ha proprio recentemente incrinato
l’investimento estero cinese alimentato da rapporti di debito elevati, che
interessano sempre più tali ben note imprese cinesi, come Dalian, Fosun, HNA e
Anbang (quest'ultima aveva acquisito l’Hotel Waldorf-Astoria di New York nel
2014). Da parte sua, Donald Trump ha recentemente annunciato che gli Stati
Uniti aumenteranno le vendite di gas naturale liquido (GNL) in Cina, come un
passo verso la riduzione del deficit cronico della bilancia dei pagamenti
dell'America con quel paese. Infine, i perenni rivali India e Pakistan hanno
appena annunciato che si uniranno alla Organizzazione della Cooperazione di
Shanghai allineata alla Cina. <o:p></o:p></span></span><br />
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13pt;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">8 luglio, 2017. Pubblicato nell'originale in:<o:p></o:p></span></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; line-height: 21.0pt;">
<div style="text-align: justify;">
http://insurgentnotes.com/2017/08/us-china-relations-in-the-age-of-trump/</div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-22664001655875220632018-12-02T23:31:00.002+01:002018-12-03T18:49:05.822+01:00IL CAPITALE DI MARX E LA TERRA (Una critica ecologica dell’economia politica di John Bellamy Foster)<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/--Kpq64uDDzA/VFER53P2PwI/AAAAAAAAB2A/iJug1yfgVNo/s1600/carlos_marx.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="356" data-original-width="280" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/--Kpq64uDDzA/VFER53P2PwI/AAAAAAAAB2A/iJug1yfgVNo/s320/carlos_marx.jpg" width="249" /></a></div>
<i style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt;">Paper preparato per la Conferenza sui 150 anni dalla pubblicazione del Libro I del Capitale, che si è tenuto nello scorso 24-26 maggio alla York University, organizzato da Marcello Musto</i><span style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt; margin: 0cm 0cm 9pt 35.4pt;">
<div style="text-align: justify;">
<i style="font-family: "times new roman", serif;"><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i style="font-family: "times new roman", serif;">La traduzione è a cura di Dante Lepore per PonSinMor, 14/07/2017.</i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Il <i>Capitale </i>di Marx è conosciuto quasi altrettanto per il suo sottotitolo, <i>Critica dell’economia politica</i>, come fosse il suo titolo. In questo discorso io devo avanzare il punto di vista di Marx del <i>Capitale</i>, nella sua più ampia concezione, costituita da una critica ecologica dell'economia politica. Una tale critica ecologica può essere individuata in tutti i lavori di Marx. </span></div>
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Le radici di essa possono essere trovate nei suoi primi scritti, influenzati dal suo studio del materialismo di Epicuro, dell’umanesimo di Feuerbach e della dialettica di Hegel. È presente nella sua trattazione dell'alienazione di entrambi, del lavoro e della natura, nei suoi <i>Manoscritti del 1844</i>. Tuttavia, vorrei mettere a fuoco qui come il <i>Capitale </i>di Marx stesso (ivi incluse le varie bozze incomplete e sue successive ricerche in economia politica delle condizioni naturali) segna il culmine della sua critica in particolare ecologica del capitalismo. Inoltre, vorrei porre una domanda inquietante: perché succede che pensatori contemporanei marxiani, mentre oggi comunemente si riconosce la dimensione ecologica del pensiero di Marx, comunque emarginano questo aspetto della critica di Marx, come se fossero stato un problema minore ed esotico — o anche il tentativo di argomentare che Marx, con tutta la sua sensibilità ecologica, sia caduto preda di alcuni difetti fondamentali in questo settore? (1) Inoltre, come si connette questo al rifiuto di qualsiasi relazione del marxismo con la scienza naturale, che è venuto a caratterizzare l’inizio del marxismo occidentale a partire dagli anni 1960, e che è stato rafforzato solo successivamente dalla svolta culturalista, al postmodernismo e ora al post-umanesimo? Naturalmente questi non sono meramente problemi accademici. Se la critica di Marx del <i>Capitale </i>è quella di essere preso sul serio un secolo e mezzo più tardi, nell'epoca dell’ Antropocene, dev'essere in grado di affrontare la crisi del sistema della terra del nostro tempo. Una critica che rimane all'interno del dominio dell'economia politica in senso stretto non è quindi più sufficiente. Piuttosto la critica ecologica dell'economia politica incorporata nel metodo dialettico di Marx è cruciale alla prassi rivoluzionaria nell'Antropocene. Qui è utile citare Rosa Luxemburg, che osservò che il grande "obbiettivo scientifico" di Marx nel <i>Capitale </i>andava oltre i bisogni immediati del movimento, con il risultato che molto di quello che ci ha fornito con il suo "campo di applicazione incommensurabile" non fu utilizzato o addirittura completamente individuato dal movimento socialista successivo come è stato con alcune sfide pratiche del tempo di fronte. "Solo in proporzione a come il nostro movimento progredisce e richiede la soluzione di nuovi problemi pratici," ha dichiarato, "noi dobbiamo attingere ancora una volta al tesoro del pensiero di Marx, al fine di estrarre da esso e utilizzare nuovi frammenti della sua dottrina." (2)</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Il metabolismo universale della natura</span></b><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;"></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Il <i>Capitale </i>di Marx è diverso da qualsiasi altro lavoro in economia politica classica in quanto è collegato completamente agli sviluppi nella scienza naturale e si basa sull'esistenza di condizioni naturali e limiti naturali. Questo perché, per Marx, la concezione materialistica della storia è stata vista come dialetticamente intrecciata con la concezione materialistica della natura. Anche se si è principalmente preoccupato di sviluppare la concezione materialistica della storia, ciò ha richiesto attenzione costante alle nuove scoperte nella concezione materialistica della natura, vale a dire, la scienza naturale contemporanea. Il processo di produzione e il lavoro dopo tutto era un processo fisico-materiale che coinvolge la trasformazione della natura e delle relazioni umane con la natura — e dipendente da determinate condizioni naturali inalterabili. L'umanità, sosteneva Marx, poteva influenzare le forme esteriori della natura e della vita, tuttavia questa è rimasta inevitabilmente sé stessa una parte della natura da cui era in definitiva dipendente. La concezione materialista-dialettica di Marx riteneva il lavoro e il processo di produzione da concepirsi in termini dualistici, come correlati al valore d’uso, ossia, connessi a condizioni materiali e alla produzione in generale, e al valore di scambio, ossia, associati alla valorizzazione basata sul lavoro astratto e in particolare alla produzione capitalistica. Tutti i flussi dell'economia capitalista avevano questo aspetto contraddittorio, duplice: materiale-fisico (legato al valore d’uso) e più strettamente economico (legate alla valorizzazione). È la contraddizione tra il valore d'uso e valore di scambio in questi termini che Marx considerava l’unica premessa metodologica più importante che indirizzava l’intera sua critica dell'economia politica (3). Le più grandi implicazioni ambientali connesse con la contraddizione tra il valore d'uso e valore di scambio sono ciò che gli eco-socialisti hanno in mente quando si riferiscono all’analisi ecologica della forma-valore di Marx (4). Questo è anche collegato alla nozione di scambio ecologico disuguale, per cui un dato individuo, classe o paese riceve meno valori d’uso naturali in cambio di più. Indispensabile per una comprensione di queste contraddizioni all'interno della produzione, per Marx, è stata una visione dialettica del mondo. Dialettica in quello che Georg Lukács chiamava la sua forma più "semplicemente oggettiva", come rappresentato dalla "Dottrina dell'essenza” di Hegel riguardo il riconoscimento della relazione tra la parte e l’intero in un processo di movimento sempre presente, repulsione, interazione reciproca, negazione e trasformazione qualitativa. (5) L’indagine dialettica si concentra quindi sulle mediazioni concrete che costituiscono una data realtà storicamente specifica. Tali mediazioni concrete (o di secondo ordine) portano invariabilmente a nuove contraddizioni e crisi, creando la necessità di ulteriori trasformazioni. Se il capitalismo era, per Marx, un sistema integrato e quindi doveva essere analizzato dialetticamente, era anche vero che esisteva materialmente all'interno di un altro, più universale sistema della natura, con cui necessariamente ha interagito. La natura è stata sia interna che esterna alla società, semplicemente perché l'umanità-società è stata una parte della natura e una manifestazione del suo essere. Tentare di analizzare la società a prescindere dalla natura e dall’esistenza materiale era puro idealismo, perché per farlo si doveva negare l’ambito dell’esistenza sensibile. Per contro, qualsiasi tentativo di ridurre la società alla natura è approdato al meccanicismo volgare. Il nucleo concettuale che Marx impiegò agli inizi degli anni 1850 per esplorare le complesse interconnessioni dialettiche della natura e della società era quello di metabolismo. Questo non è stato introdotto come una metafora, ma piuttosto come una categoria critica scientifica per spiegare le interconnessioni materiali sistemiche e i flussi in base all'organizzazione del mondo materiale e della vita stessa. Marx ha scritto dei "processi metabolici del lavoro umano" e ha visto il processo di lavoro come "la condizione universale per l'interazione metabolica [<i>Stoffwechsel</i>] tra uomo e natura." (6) Con questo concetto, fu in grado di affrontare la dialettica della natura e della storia in modo significativo, concepire la loro interrelazione e costruirla nella sua critica dell'economia politica. In tal modo, Marx ha disegnato sulle scienze naturali, tra cui<i>Mikrokosmos </i>scritta dal suo amico stretto, il medico-scienziato-comunista Roland Daniels, "opera di un genio" che ha esteso il concetto di metabolismo ad un'analisi rudimentale del sistema ecologico. Altrettanto importanti furono gli scritti di chimica agraria del chimico tedesco Justus von Liebig, che ha approfondito i cicli nutritivi e il turbamento del metabolismo del suolo a causa dell’agricoltura industriale del capitalismo.(7) Il concetto di metabolismo fu inizialmente più importante per lo sviluppo di una prospettiva di sistemi ecologici rispetto alla stessa categoria di ecologia, coniata da Ernst Haeckel nel 1866 (l'anno prima della pubblicazione del <i>Capitale </i>di Marx) per levarsi in piedi per l’ "economia della natura” di Darwin. (8) Influenzato da Daniels e Liebig e altri, e cercando di comprendere le contraddizioni ecologiche del capitalismo, Marx ha introdotto le nozioni distinte di "metabolismo universale della natura," per i processi della natura nel suo complesso, di "metabolismo sociale" per la produzione umana e di "irreparabili lacerazioni nel processo interdipendente del metabolismo sociale" (o spaccatura metabolica), per il metabolismo alienato caratteristico della produzione economica capitalista (9). L'ampio approccio metodologico adottato da Daniels, Liebig e da Marx nella loro enfasi sul metabolismo e i flussi metabolici (o flussi di nutrienti) — anche se in Marx il problema era il metabolismo sociale — doveva svilupparsi nella direzione, come altri pensatori hanno preso questa cornice di analisi, di cosa fosse ancora da definire teoria dell’ ecosistema, che costituisce il nucleo di come ora vediamo l’ecologia. Infatti, l’amico intimo di Marx E. Ray Lankester, il principale zoologo dell'Inghilterra nel tardo XIX secolo, era un importante critico ecologico del capitalismo, mentre era studente di Lankester il botanico Arthur Tansley, fondatore della British Ecological Society e come Lankester un forte materialista e socialista stile-Fabiano, che nel 1930 fu lui a introdurre il concetto di analisi di ecosistema.(10) Marx fu indotto dalla sua concezione dialettica del metabolismo universale della natura a sviluppare la definizione più radicale della sostenibilità ecologica mai sviluppata. Nessuno, neanche tutti i paesi e tutti i popoli del mondo, sosteneva Marx, era proprietario della terra, semplicemente la gestivano per fiducia come "boni patres familias" [buoni capi della comunità domestica] ed erano responsabili del suo mantenimento e addirittura del suo miglioramento per le generazioni future. Il socialismo stesso era definito da Marx in questi termini: la regolazione razionale, da parte dei produttori associati, del metabolismo umano con la natura, in modo da conservare l’energia umano-sociale mentre soddisfano gratis le necessità dello sviluppo umano.(11) Commentando le contraddizioni ecologiche nel suo tempo — i disturbi nel metabolismo del suolo, la scarsità di risorse naturali, la deforestazione, il cambiamento climatico regionale, la desertificazione, l’estinzione di specie, la crescente divisione tra città e campagna — Marx le concepiva metodologicamente in termini di varie spaccature nel metabolismo universale della terra, provenienti dal processo unilaterale di accumulazione di capitale. Un aspetto centrale della sua critica, derivante dalla sua analisi ecologica della forma valore, è stato il riconoscimento che il processo di valorizzazione capitalista, preso in generale, è intrinsecamente distruttivo di valori d’uso naturale-materiale, generando sempre maggiori contraddizioni ecologiche e costi sociali.(12) Nei suoi ultimi anni, Marx entrò in profondità negli studi di scienza naturale con l’intento di estendere la sua critica dell'economia politica in direzioni ecologiche per esplorare la relazione fra tempo geologico e storico. Studiò il ruolo dei depositi di carbone sullo sviluppo urbano in Gran Bretagna attraverso gli scritti del naturalista canadese Grant Allen e prese dettagliati estratti nei suoi Quaderni dal lavoro del geologo britannico Joseph Beete Jukes sul modo in cui isoterme, o regioni di temperatura della terra, estinzioni di specie determinate attraverso il clima cambiano nel tempo geologico — a lungo prima di oggi di crisi di cambiamento climatico ha reso questo una preoccupazione storica contemporanea nel tardo ventesimo e presto ventunesimo secolo. Studiò il ruolo dei depositi di carbone sullo sviluppo urbano in Gran Bretagna attraverso gli scritti del naturalista canadese Grant Allen e prese dettagliati estratti nei suoi Quaderni dal lavoro del geologo britannico Joseph Beete Jukes sul modo in cui le isoterme, o regioni della temperatura terrestre, determinassero l’estinzione di specie attraverso il cambiamento climatico nel tempo-lungo geologico, prima che la crisi del cambiamento climatico odierno trasformasse ciò in una preoccupazione storica contemporanea nel tardo XX e presto XXI secolo. Marx annotò delle dichiarazione di Jukes, secondo cui: "l'estinzione delle specie è ancora in corso, mentre l’uomo stesso è ora lo sterminatore più attivo”. (13) Queste varie indagini furono interpretate a lungo come un prodotto di un eclettismo che si supponeva fosse entrato nel lavoro di Marx nel suo ultimo decennio, dando luogo ad una serie di digressioni che gli impedirono di completare il<i>Capitale </i>(14). Tuttavia, essi sono ora considerati come elementi fondamentali nella sua critica dell'economia politica che sempre più prendeva una svolta ecologica. <wbr></wbr> <wbr></wbr> <b>L'espropriazione della natura</b></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Un aspetto cruciale del metodo di Marx verte sulla teoria dello scambio ecologico disuguale, cioè, sui problemi dell’espropriazione o rapina delle risorse ecologiche. Recentemente, alcuni pensatori ecologici di sinistra hanno cercato di generalizzare la sua analisi facendo riferimento al concetto di appropriazione, e in particolare dell’ "appropriazione del lavoro non retribuito" della natura (e della società) come la chiave per una sinistra ecologica critica.(15) Questo, tuttavia, costituisce un errore fondamentale. È importante riconoscere che per Marx, nelle sue stesse parole, "tutta la produzione è appropriazione della natura da parte di un individuo all'interno e attraverso una forma specifica di società."(16) Né è l'appropriazione della natura in questo senso che deve essere denunciata. Produzione e proprietà di qualsiasi tipo, compresi i beni comunali, sono impossibili senza l'appropriazione della natura. Si tratta di un requisito della società e anche della stessa vita umana. La libera appropriazione della natura dalle società nel corso della storia quindi non deve essere condannata in sé e per sé, secondo l’analisi di Marx – e non è da confondere con lo sfruttamento. Ma la proprietà privata in generale e particolarmente nella produzione capitalista di merci, richiede necessariamente, come suo presupposto logico e storico, l'espropriazione, cioè la rapina di individui, classi e del metabolismo stesso della natura – al fine di stabilire i motivi della produzione di merci. Per quanto riguarda l’espropriazione, non c'è nessun quantitativo corrispondente ad un prezzo o scambio equivalente e le condizioni di riproduzione naturale, umana e sociale non vengono mantenute. Se lo sfruttamento della forza-lavoro è progettato per riprodurre il valore della forza-lavoro, Marx nota anche che la società capitalistica sistematicamente "sperpera" l’attuale forza-lavoro umana (il corpo umano) su cui si fonda, portando molti lavoratori a una tomba precoce. (17) Dai suoi <i>Manoscritti economico-filosofici del 1844 </i>al <i>Capitale </i>nel 1867 Marx fu così chiaro nel ritenere che il presupposto della proprietà privata capitalistica era l'espropriazione del lavoratore dalla terra (e della terra dal lavoratore). La discussione più famosa di Marx di questo fu nello stesso <i>Capitale </i>nella sezione sula "cosiddetta accumulazione primaria”.(18) Qui Marx stava commentando criticamente il concetto di accumulazione originaria o primaria (erroneamente tradotta in inglese come "accumulazione primitiva"), che era stato sviluppato in precedenza da economisti politici liberali. In riferimento alla "cosiddetta accumulazione primaria", Marx segnalò il suo rifiuto di questa nozione. Invece, impiegò il concetto di espropriazione, nel significato di rapina sistematica, per descrivere la relazione di proprietà privata capitalista verso i contadini espropriati e verso la terra (natura). Tale espropriazione, inclusa l'espropriazione dei beni comuni, è stato il presupposto su cui sorse il capitalismo e una costante realtà sottostante la dominazione del mondo. Inoltre, l’espropriazione, che si estende a livello globale nell’epoca di Marx attraverso il colonialismo e la schiavitù, è stata una parte costantemente ricorrente della logica complessiva del capitale. Il movimento rivoluzionario contro il capitale necessita, fu la sua famosa conclusione, l'espropriazione degli espropriatori.(19) L’espropriazione, per Marx, va distinta non solo dall’appropriazione, ma anche dallo sfruttamento. Lo sfruttamento del lavoro sotto il capitalismo, che era la fonte del plusvalore per Marx, si è verificato all'interno di un contesto di scambio uguale — una presunzione basilare di tutte le scuole di economia fino ai giorni nostri. Ma dietro i rapporti di quid pro quo, che hanno definito l’ambito dello sfruttamento della forza-lavoro e la creazione di plusvalore, c’era un fenomeno più profondo, più ampio e più pervasivo dell'espropriazione. Lo si può vedere nell'espropriazione della terra, nello sperpero della natura stessa (trasgredendo le condizioni necessarie della sua riproduzione) e nella rapina del lavoro domestico (che riflette il fatto che le donne erano, come Marx poneva il problema, schiave nella famiglia)(20). In determinate condizioni, il capitale istituì anche il supersfruttamento, dove il valore della forza-lavoro non è stato riprodotto. Tutte queste dovevano essere considerate come forme non economiche (o sovra-economiche) di espropriazione all'interno della visione storica di Marx più ampia della dinamica capitalista. Come Liebig, Marx vedeva il capitalismo sotto molti aspetti come caratterizzato dalla rapina della terra (<i>Raubbau</i>) o quella che doveva essere chiamata l'economia di rapina (<i>Raubwirtschaft</i>).(21) Celato dietro la legge capitalistica del valore, e lasciato fuori della relativa contabilità, era un sistema più ampio simile ai vampiri che hanno succhiato il sangue dal mondo. Era in questo senso che Marx aveva denunciato il fallimento del sistema al riconoscere il contributo della terra allo sviluppo, vedendo questo semplicemente come "un dono gratuito della natura al capitale”. (22) Non solo Marx ha sostenuto che il capitalismo ha "depredato" il terreno, ha insistito sul fatto che l’Inghilterra aveva "indirettamente esportato il suolo d'Irlanda" e quello d’Irlanda " era letame... esportato" in Inghilterra con l'Irlanda che ci guadagnava poco o nulla in cambio – una prima forma di scambio ecologico disuguale. L’Inghilterra fu costretta a importare il guano dal Perù in ciò che ammontava a un rapporto neocoloniale per ripristinare il proprio suolo esausto. "Una parte del globo," ha dichiarato Marx, viene convertita "in un campo principalmente di agricoltura [e materia grezza] di produzione per rifornire l'altra parte, che rimane un campo preminentemente industriale."(23) Ciò che è stato coinvolto qui non era il semplice trasporto di valori, ma il saccheggio delle condizioni ecologiche in periferia: un sistema di scambio ecologico disuguale, basato su un'espropriazione in tutto il mondo delle risorse naturali che cade di fuori del circuito del valore, considerato dal sistema come un dono gratuito di capitale.(24)</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Esitazioni prima dell’ecologia di Marx</span></b><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;"></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">La teoria di Marx della spaccatura metabolica, la sua analisi della forma valore ecologica e la sua teoria dell’espropriazione e scambio ecologico disuguale hanno permesso agli ecosocialisti di integrare più pienamente le critiche politico-economiche ed ecologiche del capitalismo come un unico sistema. Queste scoperte riguardo la compenetrazione dialettica delle contraddizioni economiche ed ecologiche del sistema, nell'analisi di Marx, hanno avuto un impatto straordinario sulla sociologia dell'ambiente e in alcune scienze ambientali di casi, come pure che interessano i movimenti ambientalisti. Le indagini sulla crepa ecologica del capitalismo negli ultimi due decenni hanno aiutato nell'analisi di una miriade di contraddizioni in settori come il cambiamento climatico, i sistemi oceanici, il suolo e i fertilizzanti, la deforestazione, l’estrazione del carbone, la desertificazione, e l'industrializzazione e la meccanizzazione della cosiddetta agricoltura animale.(25) Marx fu il primo a sollevare il problema di quelli che lui chiamava i regimi agricoli e alimentari, divenuto una prospettiva ampiamente utilizzata nella teoria del sistema-mondo(26). Attraverso gli sforzi di Paul Burkett in particolare, una nuova economia ecologica marxiana è stata introdotta, che trascende molte delle reificazioni dell’economia economica (27). Ian Angus ha applicato il concetto di Marx della spaccatura metabolica alla comprensione dell'Era Antropocene (28). Le rivelazioni e riscoperte, che sono ancora in corso, in materia di ecologia di Marx e la sua applicazione, rappresentano una rivoluzione nella comprensione del pensiero di Marx non più visto dal recupero dei suoi primi scritti sull’alienazione. Eppure, gli approcci più standard, generali del pensiero di Marx oggi relegano le sue idee ecologiche a una o due note a piè di pagina, e manifestano qualche esitazione, in alcuni casi persino escludendolo del tutto dalla loro analisi.(29) Qui ci siamo addentrati soprattutto in profondi pregiudizi con il rispetto che sembra persistere di fronte a una montagna di ricerca in senso contrario. L'abbandono generale del materialismo nella sinistra dagli anni 1960 è approdato ad una visione miope del lavoro di Marx e anche del pensiero dialettico, che sistematicamente ha escluso tutte le scienze fisiche e quindi ciò che oggi chiamiamo considerazioni ecologiche dalla sua analisi – fino al punto che tutti questi problemi sono stati emarginati. Anche un pensatore tanto erudito come David Harvey ha scritto recentemente che "Marx non poteva rispettare le teorie sociali che dipendevano dalle cosiddette condizioni o forze naturali per spiegare alcunché intorno al capitalismo”.(30) In alcuni casi, ci sono stati tentativi sulla sinistra, specialmente dalla prima fase eco-socialista, di sostenere che l’analisi ecologica propria di Marx era fondamentalmente difettosa, anche se tali tentativi – ad esempio, l'idea che Marx ed Engels minimizzassero o addirittura rifiutassero la seconda legge della termodinamica o che essi ignorassero completamente il ruolo del carbone nello sviluppo del capitalismo — hanno dimostrato di essere falsi.(31) Più recentemente, di fronte a questo fallimento di ricerca di qualsiasi analisi anti-ecologica in Marx ed Engels, i critici sono ricorsi all’utilizzo di quattro disposizioni polemiche generali, che permettessero loro di sfidare i fondamenti ecologico-materialisti del pensiero di Marx ed Engels in modi che sono stati progettati per sostituire in gran parte tutte le prove dei problemi. In primo luogo, si dice spesso che quei pensatori, me compreso, che hanno recuperato la critica ecologica di Marx ed hanno dissipato i miti precedenti a questo proposito, sono semplicemente fuori dal suggerire che Marx ed Engels fossero dei Verdi politicamente corretti dal punto di vista dell'inizio del XXI secolo, e che Marx ed Engels avessero ragione in tutto quello che hanno detto – anche che la loro analisi sia "sufficiente" nel presente.(32) Comunque, questa polemica è sbagliata, poiché i marxisti ecologici di oggi sono principalmente interessati non a qualche nozione astratta di correttezza ecologica, ma piuttosto alla domanda se il materialismo storico classico, come esemplificato dal <i>Capitale </i>di Marx, ci offre strumenti critici e metodologici e vasta critica ecologica dell'economia politica che possano aiutare a guidare la praxis rivoluzionaria di oggi. L'oggetto è non se essi hanno anticipato la teoria odierna dei Verdi, ma se essi possono aiutarci a trascenderla, creando un movimento ecologico più rivoluzionario. Come notoriamente afferma Lukács, l’ortodossia nel marxismo "si riferisce esclusivamente al metodo" (33). Quel che si cerca nel marxismo ecologico è un metodo materialista-dialettico più unificato, orientato ad una prassi trasformativa. In secondo luogo, ci viene spesso detto dalla prima generazione eco-socialista – coloro che cercano di dimostrare che ci sono difetti ecologici fondamentali nell'analisi di Marx e di Engels come base per separare se stessi dal marxismo "classico" –che Marx ed Engels erano prometeici iper-industrialisti e che le loro idee erano rivolte verso alcuni degli aspetti peggiori dell'enfasi sovietica sull'industria pesante. (34) Tuttavia, nessuna prova che Marx ed Engels hanno presentato tali punti di vista è mai stata scoperta — al massimo ciò che in proposito è offerto sono poche frasi estrapolate dal contesto come ad esempio il famoso panegirico per la borghesia e la sua promozione dell'industria nella prima parte del <i>Manifesto comunista</i>.(35) Dato che le opere complete di Marx e di Engels occupano più di cento volumi l'impossibilità di venire con un singolo paragrafo in modo convincente che dimostri che si attenessero a tali opinioni prometeico-iper-industriali è di per sé significativa. Come si espresse definitivamente Eric Hobsbawm nel suo <i>The Age of Extremes</i>, "nessuna discussione...di rapida industrializzazione prioritaria per le industrie pesanti doveva essere trovata negli scritti di Marx ed Engels"(36). Marx era interessato a molte alternative tanto nell'agricoltura quanto lo era nella manifattura. Infatti, i suoi scritti e ricerche successivi sono diretti principalmente ai problemi concernenti l’agricoltura e le risorse naturali, e ciò rispecchia il suo crescente interesse per il problema ecologico(37). In terzo luogo, la teoria di Marx della spaccatura metabolica è stata criticata dagli eco-socialisti come una forma di "dualismo" piuttosto che di pensiero dialettico, poiché indica l'esistenza sia dell'umanità che della natura e lo sviluppo di fratture o rotture tra i due. Nel<i>Capitale </i>Marx scrisse che la produzione capitalistica "sconvolge l'interazione metabolica tra l'uomo e la terra". Il teorico dell’ ecologia-mondo Jason Moore ha recentemente criticato questo come un "approccio sistemico duale", caratterizzato dalla divisione "Natura/società". Prospettive come quelle di Marx ed Engels nel XIX secolo, secondo Moore, sono quelle da essere respinte in quanto rifletterebbero un “binario cartesiano" che postula "due metabolismi, uno sociale e uno naturale."(38) Eppure, logicamente l’argomento ecologico di Marx nel <i>Capitale</i>non è più dualistico in questo senso, di quanto lo sia il riferimento al cuore come distinto da tutto il corpo — nel tentativo di esaminare le loro interazioni. In ogni analisi di sistema dialettico, è essenziale astrarre la parte dal tutto al fine di conoscere la loro interazione e le varie mediazioni che si trovano tra di essi. È proprio perché il concetto di metabolismo è diretto ad analizzare il complesso, le mediazioni sistemiche tra l'umanità e la terra, che esso è parte indispensabile nel guidare l'analisi ecologica. Se esiste un conflitto tra il capitalismo e la terra rappresentato nell'analisi di Marx, questo non è dovuto a qualche contraddizione nella sua logica; piuttosto la contraddizione è quella dello stesso sistema alienato della produzione di merci. Un quarto elemento è stato quello di sostenere che benché Marx avesse indagato all’interno delle contraddizioni ecologiche del capitalismo, non sarebbe riuscito a collocare qualsiasi valore intrinseco sulla natura, adottando un approccio puramente strumentale. (39). Tuttavia, noi possiamo vedere l’interesse di Marx per il valore intrinseco della natura nelle sue critiche verso il sistematico abuso animale nell’industria capitalistica e nelle sue preoccupazioni per quanto riguarda l'estinzione delle specie (40). Più significativamente, il riconoscimento di Marx del valore intrinseco è evidente nella sua estetica. Per Marx, l'intero ambito dell’estetica, incluso il concetto di bellezza, emana dalla sensibilità umana. Gli esseri umani sono concepiti come esseri sia umani che naturali — nella misura in cui non sono esseri sociali alienati. In netto contrasto con Hegel, Marx dichiara, "che pensiero astratto è nulla in sé; che l'idea assoluta è nulla per sé; che solo la natura è qualcosa". Il valore intrinseco nell'estetica di Marx non è quindi qualcosa di astratto, ma una relazione sensibile-materiale degli esseri umani col mondo. Per questo motivo, egli scrive, gli esseri umani costituiscono anche degli "oggetti in conformità con le leggi della bellezza"(41). Tutte e quattro le ampie risposte polemiche all'ecologia di Marx, di cui sopra, sono idealiste nel carattere. A privilegiare la questione se Marx fosse giusto nei termini dell’ideologia dei Verdi di oggi è quella di prendere una posizione etico-fondazionalista essenzialmente idealista ed astratta. (42) Allo stesso modo, con lo scopo di minimizzare i suoi contributi ecologici lamentando che egli era prometeico, dualista o strumentalista (rifiuto del valore intrinseco), si sollevano questioni che sono idealiste nel carattere e legate all’etica verde. Nessuna di queste critiche regge, come abbiamo visto, proprio perché non riescono a percepire il profondo materialismo dell'ecologia di Marx. Il contributi duraturi di Marx all'ecologia sono più evidenti quando vengono compresi in termini di sviluppo della stessa scienza ecologica. Questo sta minacciando molti pensatori di sinistra, poiché probabilmente la maggior parte del marxismo occidentale ha rifiutato a lungo la scienza e qualsiasi significativa filosofia materialista-realista. Come ha scritto Sebastiano Timpanaro nella frase d’apertura del suo <i>Sul materialismo</i>, "Forse l'unica caratteristica comune a praticamente tutte le varietà contemporanee del marxismo occidentale è la loro preoccupazione di difendersi contro le accuse di materialismo". (43) La successiva svolta culturale e la crescita del postmodernismo e ora del post-umanesimo hanno, per la maggior parte, solo approfondito questa impostazione predefinita. Piuttosto che alla ricerca di rapporti dialettici, coevolutivi tra la società umana e la natura (di cui l'umanità è una parte), i post-umanisti li trattano come pacchi, siti Web, reti e ibridi, in una sorta di empirismo astratto, che esclude lo sviluppo dialettico.(44) Dovrebbe essere immediatamente evidente nel periodo di emergenza planetaria che una prospettiva critica materialista impegnata con la scienza naturale viene chiamata per chiedere il ritorno al materialismo storico classico in questo senso. Inoltre, molto lavoro nella tradizione marxista che è stata rifiutato — al punto di essere dimenticato — come troppo materialista o positivista ha bisogno di essere recuperato anche esso. Il <i>Capitale </i>di Marx deve essere letto in modi nuovi, generando una tradizione e una conoscenza che possiamo utilizzare nella costruzione del presente.(45) Qualsiasi analisi del lavoro di Marx che escluda la sua comprensione ecologica è insieme debole e inutile nel presente come un'analisi che escluda il suo concetto di alienazione. Come affermò Rosa Luxemburg, lo sviluppo del movimento socialista stesso di fronte alle mutevoli condizioni materiali che ci spingono a "scendere ancora una volta nel tesoro del pensiero di Marx, al fine di estrarre da esso e utilizzare nuovi frammenti della sua dottrina". Un nuovo materialismo ecologico marxiano e una nuova concezione del socialismo come una società di uguaglianza sostanziale e sostenibilità ecologica sta sviluppandosi nel XXI secolo. Un secolo e mezzo dopo la pubblicazione del <i>Capitale </i>di Marx, stiamo imparando cose nuove dalla sua critica ecologica dell'economia politica, compresa la necessità di orientare di nuovo le nostre lotte rivoluzionarie su una base più completa, più profonda, radicata nella terra stessa. "Ben scavato, vecchia talpa!" (46) </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;"><b>NOTE</b></span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(1). Cfr, per esempio, DANIEL TANURO, <i>Green Capitalism: Why It Can’t Work </i>(London: Merlin Press, 1973), 136-43; JOEL KOVEL,<i>The Enemy of Nature </i>(London; Zed, 2002), 209-12.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(2). ROSA LUXEMBURG, <i>Rosa Luxemburg Speaks </i>(New York: Pathfinder, 1970), 111;</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(3). KARL MARX and FREDERICK ENGELS, <i>Selected Correspondence</i>(Moscow: Progress Publisher, 1975), 180. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Per Marx, come qui, indica anche la distinzione tra lavoro concreto e astratto, era semplicemente un aspetto della distinzione tra valore d'uso e valore di scambio.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(4). L’analisi ecologica della forma-valore di Marx è esplorata in gran dettaglio in <i>Marx and Nature</i>, di PAUL BURKETT (Chicago: Haymarket Books, 2014).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(5). GEORG LUKÁCS, <i>History and Class Consciousness </i>(London: Merlin Press, 1971), 207. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Lukács si riferisce qui alla “dialettica meramente oggettiva della natura.” Questo doveva essere distinta nella sua concezione dalla dialettica soggettiva dell’identico sog-getto-oggetto, che doveva essere il centro della sua storia e coscienza di classe e che di-venne la principale preoccupazione del marxismo occidentale. Tuttavia, Lukács nel suo lavoro successivo è tornato alla questione della dialettica oggettiva della natura.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="fr" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(6). KARL MARX, <i>Capital</i>, vol. 1 (London: Penguin, 1976), 207, 290. International Marxist-Humanist, June 28, 2012,</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(7). Cfr. JOHN BELLAMY FOSTER e BRETT CLARK, “<i>Marxism and Ecology</i>,” “Monthly Review” 68, no. 5 (October 2016): 5-6, JOHN BELLAMY FOSTER, <i>Marx’s Ecology </i>(New York: Monthly Review Press, 2000), 147-63; ROLAND DANIELS, <i>Mikrokosmos</i>(Frankfurt am Main: Verlag Peter Lang, 1988; original ms. 1851), 49. La caratterizzazione di<i>Mikrokosmos</i> come "opera di un genio" proviene da MARTIN HUNDT, “<i>The Connection of Mind and Nature: Marx’s 1878 Notebooks on Geology</i>,” International Marxist-Humanist, June 28, 2012. . </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Il lavoro di Daniels non è stato pubblicato a causa della sua prematura morte (solo è stato portato nel 1980), ma ha avuto un lettore che ha commentato il suo libro manoscritto e che ha influenzato: Karl Marx.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(8). FRANK BENJAMIN GOLLEY, <i>A History of the Ecosystem Concept in Ecology </i>(New Haven: Yale University Press, 1993), 2, 207.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(9). KARL MARX and FREDERICK ENGELS, <i>Collected Works</i>, vol. 30 (New York: Interna-tional Publishers, 1975), 54-66; MARX,<i>Capital</i>, vol. 1, 198; KARL MARX,<i>Capital</i>, vol. 3 (London: Penguin, 1981), 949.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(10). PETER AYRES, <i>Shaping Ecology </i>(Oxford: John Wiley and Sons, 2012), 41-43.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(11). KARL MARX, <i>Capital</i>, vol. 3, 754, 911, 959.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(12) K. WILLIAM KAPP, <i>The Social Costs of Private Enterprise</i>(Harvard: Harvard Univer-sity Press, 1950), 33-36.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(13). GRANT ALLEN, “Geology and History,” Popular Science Monthly 17 (August 1880): 495-507; JOSEPH BEETE JUKES, <i>The Student’s Manual of Geology</i>(Edinburgh: Adam and Charles Black, 1872), 504; MARTIN HUNDT, “<i>The Connection of Mind and Nature: Marx’s 1878 Notebooks on Geology</i>,” International Marxist Humanist, June 28, 2012, </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;"><a data-saferedirecturl="https://www.google.com/url?q=https://l.facebook.com/l.php?u%3Dhttps%253A%252F%252Fwww.internationalmarxisthumanist.org%252Farticles%252Fconnection-mind-nature-marxs-1878-notebooks-geology-martin-hundt%253Ffbclid%253DIwAR04eJvEAkT4fxVquJxutSPzPPnXHC_l33qmvOG_nTpErDuEYTPjzTlDLOQ%26h%3DAT2mYsaHydhhNWe-oD0-0qzOiYM37ZlyxpQqjp2MElP628-O0JBAYlVRuofkO4Q82RFQIPinpyYkMfWLduZc52fHRg2Nzg-6Ud5tdRYm8KqU4iWRtYqS8Z1bBaYz4-y7rvtGug&source=gmail&ust=1543875013509000&usg=AFQjCNGZnGioac4O-bUJJJITcKop3Ps2MA" href="https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.internationalmarxisthumanist.org%2Farticles%2Fconnection-mind-nature-marxs-1878-notebooks-geology-martin-hundt%3Ffbclid%3DIwAR04eJvEAkT4fxVquJxutSPzPPnXHC_l33qmvOG_nTpErDuEYTPjzTlDLOQ&h=AT2mYsaHydhhNWe-oD0-0qzOiYM37ZlyxpQqjp2MElP628-O0JBAYlVRuofkO4Q82RFQIPinpyYkMfWLduZc52fHRg2Nzg-6Ud5tdRYm8KqU4iWRtYqS8Z1bBaYz4-y7rvtGug" rel="noreferrer noreferrer" style="color: #4285f4; text-decoration-line: none;" target="_blank"><span lang="en-us" style="color: #365899;">https://www.<wbr></wbr>internationalmarxisthumanist.<wbr></wbr>org/articles/connection-mind-<wbr></wbr>nature-marxs-1878-notebooks-<wbr></wbr>geology-martin-hundt</span></a></span><span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(14). Sull'importanza dell'ultimo decennio di Marx e sugli errori nel vedere questo come un periodo improduttivo, cfr. TEODOR SHANIN, ed., <i>Late Marx and the Russian Road </i>(New York: Monthly Review Press, 1983).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(15). Cfr., per es., JASON W. MOORE, <i>Capitalism in the Web of Life </i>(London: Verso, 2015), 17, 70, 102. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">L’uso da parte di Moore del concetto di appropriazione della natura genera una confusione doppia rispetto ad una prospettiva storico-materialista classica: 1) Moore dice che Marx ha impiegato la nozione di appropriazione della natura come l'equivalente di sfruttamento — un concetto completamente diverso; 2) nel suo utilizzo esteso del concetto di appropriazione Moore lo equipara con espropriazione — un concetto anche questo diverso.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(16). KARL MARX, <i>Grundrisse</i>(London: Penguin, 1973), 87.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(17). MARX, <i>Capital</i>, vol. 3, 182.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(18). KARL MARX, <i>Early Writings</i>(London: Penguin, 1970), 309-22.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(19). MARX, <i>Capital</i>, vol. 1, 930.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(20). MARX and ENGELS,<i>Collected Works</i>, vol. 5, 46.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(21). WILLIAM H. BROCK, <i>Justus von Liebig </i>(Cambridge: Cambridge University Press, 1997), 177-78; MARX, <i>Capital</i>, vol. 1, 638. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Liebig ha scritto anche sulla Raubwirtschaft come economia di rapina (chiamata anche economia del saccheggio).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(22). MARX and ENGELS,<i>Collected Works</i>, vol. 37, 732. Sull’uso da parte di Marx della metafora del vampiro, cfr. MARK NEOCLEOUS, "<i>The Political Economy of the Dead: Marx's Vampires</i>," History of Political Thought 24, no. 4 (Winter 2003), 668-84.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(23). KARL MARX and FREDERICK ENGELS, <i>Ireland and the Irish Question </i>(Moscow: Progress Publishers, 1972), 290-92; KARL MARX, <i>On the First International</i>(New York: McGraw Hill, 1973), 90; MARX, <i>Capital</i>, vol. 1, 579-80, 860, <i>Capital</i>, vol. 3, 753, 949.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(24). JOHN BELLAMY FOSTER and HANNAH HOLLEMAN, "<i>The Theory of Unequal Ex-change, Ecological</i>", Journal of Peasant Studies 41, no. 1-2 (March 2014): 199-233.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(25). Cfr. RYAN WISHART, R. JAMIL JONNA e JORDAN BESEK, “<i>The Metabolic Rift: A Se-lected Bibliography</i>,” updated May 16, 2016 .</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(26). Cfr. JOHN BELLAMY FOSTER, “<i>Marx as a Food Theorist</i>”, Monthly Review 68, no. 7 (December 2016): 1-22.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(27). PAUL BURKETT, <i>Marxism and Ecological Economics </i>(Boston: Brill, 2006).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(28). IAN ANGUS, <i>Facing the Anthropocene </i>(New York: Monthly Review Press, 2016).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(29). Per es., la critica ecologica di Marx è quasi completamente assente, ricevendo al più nude citazioni, in opere importanti come <i>Seventeen Contradictions and the End of Capitalism</i> di DAVID HARVEY (Oxford: Oxford University Press, 2014) and MICHAEL LE-BOWITZ, <i>The Socialist Alternative </i>(New York: Monthly Review Press, 2010), and TERRY EAGLETON, <i>Why Marx Was Right </i>(New Haven: Yale University Press, 2012).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(30). DAVID HARVEY, “<i>A Commentary on A Theory of Imperialism</i>”, in UTSA PATNAIK and PRABHAT PATNAIK, <i>A Theory of Imperialism </i>(New York: Columbia University Press, 2017), 162. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Harvey appare in contraddizione con se stesso più tardi nella stessa pagina, riferendosi al "dialettico rapporto metabolico alla natura". È importante notare, che il rifiuto del rapporto di analisi di Marx a condizioni naturali e scienze naturali (e una dialettica della natura) da parte di pensatori marxiani sarebbe stato incomprensibile alle generazioni precedenti di sinistra. </span><span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Cfr., per es., J.D. BERNAL, <i>Marx and Science</i>(London: Lawrence and Wishart, 1952).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(31). Per la distinzione tra il primo stadio e secondo stadio dell’Eco-socialismo e per un’anti-critica che dimostra la fallacia dell’argomentazione secondo cui Marx ed Engels hanno minimizzato la termodinamica e i combustibili fossili cfr. JOHN BELLAMY FOSTER e PAUL BURKETT, <i>Marx and the Earth</i>(Chicago: Haymarket, 2017).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(32). Cfr., per es., DANIEL TANURO, “<i>A Plea for the Ecological Reconstruction of Marxism</i>”, International Viewpoint 3 (December 2012), dove è lanciata (in opposizione a me e Paul Burkett) la critica che Marx ed Engels non erano, nonostante tutte le loro intuizioni ecologiche, "ecologicamente corrette" per gli standard odierni — come se questo e non il loro metodo di analisi (che naturalmente richiede di capire cosa fosse che hanno detto sull'ecologia) fosse il vero problema. Cfr. inoltre KOVEL, <i>The Enemy of</i>, 210-11; MAARTEN DE KADT and SALVATORE ENGEL DI-MAURO, “<i>Failed Promise</i>,” Capitalism Nature Socialism 12, no. 2 (2001): 50-56.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(33). LUKÁCS, <i>History and Class Consciousness</i>, 1. (34). MICHAEL LÖWY, “<i>For a Critical Marxism</i>,” Against the Current 12, no. 5 (November-December 1997): 33-34; TED BENTON, ed., <i>The Greening of Marxism </i>(New York; Guilford, 1996). </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">ALF HORNBORG sostiene contro quella che lui chiama "esegesi selettiva" dei testi di Marx, in cui la prova dai testi è stata introdotto nel contesto delle interpretazioni del suo sistema nel suo complesso. Questo serve a giustificare la dichiarazione di Hornborg, nella frase successiva, che Marx ed Engels avevano una “fiducia prometeica nel progresso tecnologico” — un'asserzione per cui lui crede che la prova (l’ "esegesi selettiva") sarebbe superflua — come lui stesso ha sentenziato semplicemente che sia così. </span><span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">ALF HORNBORG, “E<i>cological Economics, Marxism, and Technological Progress</i>”, Ecological Economics 105 (2014): 11-18.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(34). La persistenza del mito Prometeico rispetto a Marx ed Engels e la riluttanza di alcuni teorici eco-socialisti a farlo cadere, può essere vista nell'evoluzione del lavoro, nel complesso impressionante, di Löwy, che ha presentato questa critica di Marx in passato, ma che si è recentemente spostato verso una visione sfumata, ammettendo ora che non c’è prova di alcun tipo per la critica di tipo Prometeico. E ancora egli tuttavia cerca di conservarlo in parte, cercando di trovare un qualche fondamento concreto sostenendo che Marx ed Engels avevano un "atteggiamento acritico verso le forze produttive create dal capitale". </span><span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Cfr. MICHAEL LÖWY, “<i>Marx, Engels, and Ecology</i>”, Capitalism Nature Socialism 28, no. 2 (2017): 13.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(35). Il significato teorico del fatto che Marx ed Engels nella prima parte del Manifesto comunista "lanciarono un panegirico sul progresso borghese che non ha eguali nella letteratura economica" è stato per primo sottolineato da JOSEPH SCHUMPETER nel suo famoso saggio del 1949 "<i>The Communist Manifesto in Sociology and Economics</i>", in JOSEPH A. SCHUMPETER, <i>Essays </i>(Harvard: Harvard University Press, 1951), 292. Citazioni che si basano direttamente su questo panegirico dell'industrialismo borghese come un modo di compromettere l'impegno di Marx e di Engels sull'ecologia appaiono ancora — come in LÖWY, "<i>Marx, Engels and Ecology</i>", 11 — ma fondamentalmente fraintendendo il modo in cui è stata costruita la critica nel Manifesto. </span><span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Su questa faccenda cfr. JOHN BELLAMY FOSTER, <i>The Ecological Revolution</i> (New York: Monthly Review Press, 2009), 213-32.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(36). ERIC HOBSBAWM, <i>The Age of Extremes</i>, 277. (37). KOHEI SAITO, “<i>Marx’s Ecological Notebooks</i>”, Monthly Review 67, no. 9 (February 2016): 25-42.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(38). MARX, <i>Capital</i>, vol. 1, 637, JASON W. MOORE, <i>Capitalism in the Web of Life </i>(London: Verso, 2015), 13, 80. </span><span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">Andrebbe reso noto che Moore non critica Marx direttamente ma piuttosto attribuisce opinioni di Marx sulla spaccatura metabolica in modo non corretto a me e mi critica per queste concezioni presumibilmente "dualistiche". Il vero obiettivo, tuttavia, è Marx.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(39). KOVEL, <i>The Enemy of Nature</i>, 197-98, 210-11.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(40). Cfr. KOHEI SAITO, “<i>Why Ecosocialism Needs Marx”</i>, Monthly Review 68, no. 6.(November 2016): 62.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">41. MARX and ENGELS, <i>Collected Works</i>, vol. 3, 277, 300-4,343-4; FOSTER AND BURKETT, <i>Marx and the Earth</i>, 54.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(42). Sull’approccio storico radicale piuttosto che fondazionalista all'etica che caratterizza il pensiero di Marx, cfr. CORNEL WEST, <i>The Ethical Dimensions of Marxist Thought</i>(New York: Monthly Review Press, 1991).</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(43). SEBASTIANO TIMPANARO,<i>On Materialism </i>(London: Verso, 1975), 29.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(44). Sul post-umanismo, cfr. ALF HORNBORG, “<i>Post-Capitalist Ecologies</i>”, Capitalism Nature Socialism 27, no. 4 (2016): 61-76.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(45). Cfr. i commenti correlati di ERIC FONER su una storia che possiamo usare in “<i>Trump Is Just Tearing Off the Mask</i>”: <i>An Interview with Eric Foner</i>, MR Online, May 14, 2017, <a data-saferedirecturl="https://www.google.com/url?q=https://mronline.org/2017/05/14/trump-is-just-tearing-off-the-mask/?fbclid%3DIwAR2lnLOc74zx3dE6iR0ERDrP5q5ehobbncVOGl-OBN_Lc9FZVbQfh7wFhgM&source=gmail&ust=1543875013509000&usg=AFQjCNGD2hDkMjQ1uO7juNbBGeE8NQYfyQ" href="https://mronline.org/2017/05/14/trump-is-just-tearing-off-the-mask/?fbclid=IwAR2lnLOc74zx3dE6iR0ERDrP5q5ehobbncVOGl-OBN_Lc9FZVbQfh7wFhgM" rel="noreferrer noreferrer" style="color: #4285f4; text-decoration-line: none;" target="_blank"><span style="color: #365899;">https://mronline.org/2017/05/<wbr></wbr>14/trump-is-just-tearing-off-<wbr></wbr>the-mask/</span></a>.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="background: rgb(255, 255, 255); line-height: 21pt;">
<div style="text-align: justify;">
<span lang="en-us" style="color: #1d2129; font-family: "times new roman" , serif; font-size: 13pt;">(46). KARL MARX, <i>The Eighteenth Brumaire of Louis Bonaparte</i>(New York: International Publishers, 1963), 121.</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span lang="en-us" style="font-family: "times new roman" , serif;"></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
[etichette: Marxismo ed ecologia, espropriazione della natura, rapporto coloniale.</div>
<div class="mail-message-footer spacer collapsible" style="height: 0px;">
</div>
<div class="spacer" id="conversation-footer" style="font-family: sans-serif; font-size: 12.8px; height: 96px; text-align: justify;">
</div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-75863356862664909022018-11-23T22:31:00.001+01:002018-11-23T22:33:26.507+01:00Frammenti di un'intervista ad Amadeo Bordiga (Video Youtube)<div style="text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="https://www.youtube.com/embed/UiMVz-KtKCw" width="480"></iframe></div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-87962191084749433402018-11-23T22:12:00.000+01:002018-12-04T10:30:06.959+01:00Una intervista ad Amadeo Bordiga (Quinterna)<div style="text-align: left;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-XcyQlsQgszk/XAZH1RBM_eI/AAAAAAAAZ2M/zOzuQ_z5JiEDakTWUQB58ldJ7Qs54yqYwCLcBGAs/s1600/20181204_102158.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="101" data-original-width="274" height="73" src="https://4.bp.blogspot.com/-XcyQlsQgszk/XAZH1RBM_eI/AAAAAAAAZ2M/zOzuQ_z5JiEDakTWUQB58ldJ7Qs54yqYwCLcBGAs/s200/20181204_102158.jpg" width="200" /></a>Fonte: <a href="http://www.quinterna.org/archivio/1952_1970/intervista_bordiga.htm" target="_blank">http://www.quinterna.org/archivio/1952_1970/intervista_bordiga.htm</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
«Questa intervista ad Amadeo Bordiga risale all'estate del 1970, pochi mesi prima della sua morte. Sergio Zavoli, Luciano Onder ed io stavamo allora preparando un'inchiesta televisiva a puntate sulle origini e sull'affermarsi del fascismo, che andò poi in onda nel novembre del 1972 con il titolo Nascita di una dittatura. Tra i protagonisti della vita politica degli anni del primo dopoguerra che ci sembrò importante intervistare, Bordiga aveva un posto a parte: non solo per il peso decisivo delle sue idee e della sua azione al tempo della fondazione del PCI e dei primi anni di vita del partito, ma per quella specie di enigma che circondava la sua scomparsa dalla scena politica. <br />
<br />
<a name='more'></a>Lo si sapeva del resto contrario alle interviste, diffidente verso i giornalisti, chiuso da quarant'anni in un isolamento politico solo in parte volontario.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
Riuscii ad incontrarlo per la prima volta a Formia, in una modesta casa sul mare dove viveva con la seconda moglie, Antonietta De Meo. Era rimasto gravemente offeso da una trombosi che lo aveva colpito nel 1969, ma aveva conservata intatta la sua lucidità. La sua stanza arredata in modo sommario e il suo parlare diretto mi sembrarono il riflesso di quanto sapevo di lui: della sua intransigente coerenza e del rifiuto di ogni compromesso. Due elementi che avevano certo contribuito, anche dopo il 1945, a mantenerlo in una condizione di solitudine ideologica, slegato ormai anche dal gruppo da lui fondato: il Partito Comunista Internazionale. Lo si sentiva tuttavia ancora, a 81 anni e infermo, animato da una rigorosa fede laica, convinto, di possedere solide chiavi interpretative per un mondo nel quale aveva vissuto e continuava a vivere con interesse e semplicità infantile. Era informato di tutto, curioso della gente, fortemente legato ad amicizie antiche e recenti, in apparenza privo di rancori.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Mi sembrò che questa affascinante disponibilità personale, il suo spirito di napoletano colto, si ponesse in un rapporto diretto e non contraddittorio con la sua esigenza di usare la mente in modo chiaro e schematico, tessendo pensieri da ingegnere, netti, geometrici, negando a se stesso quelle sfumature di cui certo sarebbe stato capace. E' difficile dire perchè accettò l'idea di un'intervista; probabilmente i motivi furono diversi, psicologici e politici. Al fondo, la possibilità di riconfermarsi ancora, pubblicamente, fedele alle sue originarie tesi ideologiche; il desiderio di uscire, certo per l'ultima volta, dalla solitudine politica alla quale un tempo era stato costretto e che continuava a motivare con un rigore senza incertezze.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ci pose subito alcune condizioni pregiudiziali: non intendeva rispondere a domanda di carattere personale, né raccontare fatti ed episodi marginali ( «odio l'aneddotica», dichiarò). Prima di dire sì all'intervista televisiva pose un'altra condizione: che gli consentissimo una prova, una specie di esame - disse - per verificare la possibilità di esprimere in modo tanto sintetico il suo pensiero. Chiese quindi che gli mandassimo un questionario al quale avrebbe risposto per iscritto. Era un modo cortese, naturalmente, per fare un esame a noi, per capire cioè se le nostre domande gli avrebbero permesso di chiarire le sue posizioni di fondo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Gli mandammo un questionario di 23 domande che abbracciava il periodo 1917-1926. Bordiga ci fece sapere che non aveva obbiezioni. Come era sua abitudine dettò le risposte alla moglie, che le trascrisse a mano su 49 fogli di carta a quadretti. Quelle risposte vengono qui pubblicate integralmente, insieme alle domande che servirono da stimolo alla sua memoria. L'intervista (oltre a quella diversa, che in seguito ci rilasciò davanti alla macchina da presa) è l'unica che egli abbia mai concesso ed è anche l'unico scritto destinato alla pubblicazione che egli ritenne di dover firmare. E' nota infatti la sua avversione a qualunque forma di «proprietà» intellettuale. Trattandosi però di un'intervista che, come tale, non poteva lasciare anonima, fece un'eccezione e firmò «ing. Amadeo Bordiga».»</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Edek Osser, giugno 1970</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
1. Nel novembre 1917 lei partecipò, a Firenze, ad un convegno clandestino della corrente "intransigente rivoluzionaria" del partito socialista. In quell'occasione lei incitò i socialisti ad approfittare della crisi militare per prendere le armi e portare l'attacco decisivo alla borghesia. Che esito ebbe la sua proposta? Era matura fin da allora, secondo lei, la situazione rivoluzionaria in Italia?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sì, ero presente, nel novembre 1917, alla riunione clandestina di Firenze della frazione "intransigente rivoluzionaria" che dirigeva quale maggioranza il partito socialista italiano fin dal 1914. La direzione era informata della convocazione di Firenze: non la sconfessò, ed era anche rappresentata.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Fu in tale riunione che mi incontrai per la prima volta con Antonio Gramsci, che mostrò il più grande interesse alla mia esposizione. Conservo ancora l'impressione che egli, con la sua non comune intelligenza, da un lato approvasse e condividesse pienamente le mie tesi marxiste radicali, che sembrava ascoltare per la prima volta; dall'altro ne accennasse una sottile, precisa e polemica critica, come già risultava dai sostanziali dissensi tra il settimanale Il Soviet di Napoli, da me diretto, e la sua rivista di Torino, L'Ordine Nuovo. Questi dissensi ci erano chiari fin da quando, con un breve articolo, manifestammo il nostro saluto all'annuncio della nascita della rivista di Torino, pur avendo constatato che il suo dichiarato concretismo dimostrava una tendenza gradualista che sarebbe certamente sfociata in concessioni ad un nuovo riformismo, ed anche opportunismo di destra.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La mia ricostruzione del gioco delle forze si riferiva, fin d'allora, non alla sola Italia, ma a quello internazionale di tutta l'Europa. E' chiaro che io svolsi a fondo la condanna della politica dei partiti socialisti francese, tedesco, ecc. che avevano apertamente tradito l'insegnamento marxista della lotta di classe passando alla perniciosa politica della concordia nazionale, dell'unione sacra e dell'appoggio alla guerra condotta dai loro governi borghesi. Questa condanna si basava, dottrinalmente, sulla denunzia spietata della falsa chiave con cui si voleva giustificare ideologicamente l'adesione alla guerra dell'Intesa contro gli imperi centrali, in cui era confluito il nostro nemico giurato: l'interventismo militare italiano. Base essenziale di questa posizione, era il rifiuto della fallace preferenza, che volevano dare i guerrafondai di tutti i paesi, ai tipi democratico-parlamentari dei regimi borghesi, rispetto a quelli scioccamente definiti feudali, autocratici e reazionari di Berlino e di Vienna, in un silenzio compiacente su quello di Mosca. Svolsi, coerentemente a quanto andavo facendo nel movimento già da vari decenni, la critica propria di Marx e di Engels, che mostrava come fosse una prospettiva stupida quella che attendeva dalla vittoria militare dell'Intesa una futura Europa democratica.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Confermo senz'altro che la mia posizione di allora coincideva con ciò che Lenin definì: disfattismo e negazione della difesa della Patria. Proposi la grandiosa prospettiva che ivi la rivoluzione proletaria avrebbe potuto trionfare, ove le armate del corrispondente stato borghese fossero state sopraffatte bellicamente da quelle degli stati nemici, vaticinio che la storia ha confermato nella Russia del 1917. Confermo quindi che, a Firenze, proposi che si approfittasse delle sventure militari dell'Italia monarchica e borghese per dare slancio alla rivoluzione di classe.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tale proposta non corrispondeva alla politica di allora della direzione del Partito, ferma sulla disgraziata formula di Lazzari "né aderire né sabotare", sebbene i presenti alla riunione, che fin d'allora configuravano una sinistra del Partito Socialista, mostrassero apertamente di accettarla. Non era sufficiente, per noi, il merito del Partito italiano di non aver aderito alla politica di guerra del governo, e quindi di non aver votato mai la fiducia in esso, né i richiesti crediti militari. Tale linea non poteva estendersi alla negazione anche del sabotaggio, ossia di quello che Lenin chiamò poi "trasformazione della guerra degli stati in guerra civile tra proletari e borghesia". La prospettiva da me caldeggiata non era dunque esattamente quella che in Italia fossero già mature le condizioni per attaccare a mano armata il potere delle classi possidenti, ma l'altra, molto più ampia e poi giustificata dal corso degli avvenimenti storici, che nel quadro della guerra in Europa si potesse e dovesse sul fronte opportuno (ciò che Lenin chiamerà "l'anello più debole della catena) fare esplodere lo scontro rivoluzionario, che non avrebbe mancato di estendersi a tutti gli altri paesi. L'accennato, falso merito del partito italiano nel restare equidistante sia dal plauso alla guerra che dal suo sabotaggio rivoluzionario sarà, al momento della fondazione di una nuova Internazionale, che riscattasse la fine vergognosa della seconda (cosa che io a nome dei socialisti di sinistra nel convegno di partito tenuto a Roma, nel febbraio del 1916 avevo già espressamente prospettato), ancora pretestuosamente invocato da Serrati e dai suoi seguaci che si opponevano alla espulsione della destra riformista (e in realtà socialdemocratica e anche socialpatriottica). Ciò è ben dimostrato dal fatto che il PSI considerò come un crimine da non commettere l'imbocco dell'unica via strategica che (fin da quando Lenin, appena rientrato in Russia, enunciò le sue classiche tesi dell'aprile 1917) risponde alle previsioni dottrinali e alle finalità storiche proprie del marxismo rivoluzionario. Quindi è assodato in linea storica che, se i convenuti di Firenze avessero dovuto deliberare, sarebbe stata senz'altro abbracciata la virile tesi del siluramento con tutti i mezzi dell'azione e della politica di guerra dello stato capitalista. Poiché le conclusioni di una consultazione avente carattere di base avrebbero dovuto impegnare gli organi centrali del Partito, alla mia proposta avrebbero dovuto seguire, in un sano movimento, le necessarie misure di attuazione. Ma non si poteva sperare che ciò facesse la Direzione, già compromessa sia dal rifiuto del maggio 1915 a proclamare lo sciopero generale nazionale contro la mobilitazione, da noi allora richiesto; sia dalla già qui deplorata formula del "non aderire né sabotare"; sia, ancora, dal fatto di avere tollerato, proprio in quello svolto della guerra, che il gruppo parlamentare socialista seguisse il suo capo Turati nel lancio della parola d'ordine difensivista: "La Patria è sul Grappa", che era comportamento ben poco diverso da quello dei socialtraditori francesi e teutonici.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
2. Nel 1919, l'Italia fu scossa da violente manifestazioni. Perché non prese vita, nonostante la propaganda socialista e la forza numerica del partito, un moto popolare rivoluzionario? Le masse erano disposte e preparate a combattere? Che cosa mancò perché la parola d'ordine rivoluzionaria fosse lanciata?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Terminata la guerra con la vittoria di Vittorio Veneto, magnificata ma non sostanziosa né feconda di notevoli successi, si accentuò in tutto il paese quella situazione di disagio e di crisi economica che, come ogni socialista anche non estremista continuamente afferma, tormenta i ceti lavoratori anche in tempo di totale pace tra gli stati borghesi, ma si inasprisce di gran lunga per tutti gli effetti della guerra; a partire dallo svellimento violento dei lavoratori dal tranquillo ambiente della loro opera produttiva - anche se poco ricompensata - che li fa poi cadere nella miseria accentuata insieme alle loro famiglie. Questo stato immancabile di diffuso malcontento non provocò nelle masse proletarie il recupero di quella coscienza storica collettiva che purtroppo lo stesso Partito aveva largamente perduta; la risposta, ovvia, fu il ritorno di vere ondate di rivendicazioni e di agitazioni per miglioramenti immediati, anche salariali, che fecero tremare il terreno sotto i piedi dei borghesi, ma non per ciò stesso suscitarono nei proletari il potenziale necessario ad impostare oggettivamente la lotta armata per il trionfo della loro dittatura.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Oggi, la formula esatta non è quella che nel 1919 tutto era maturo per la rivoluzione socialista in Italia; ma è, preferibilmente, l'altra: conclusa la Prima Guerra Mondiale, i partiti proletari avrebbero potuto prendere la testa di un movimento offensivo vittorioso, che non vi fu solo perché quei partiti tradirono il loro stesso patrimonio ideologico e la visione loro propria delle lotte storiche che avrebbero chiusa l'era capitalistica. Era quindi il vero momento e lo svolto fatale per ricostruire il movimento proletario e socialista, restaurando le sue vere basi di dottrina, di programma e di strategia. Fu a questo compito che si accinsero senza indugio Lenin e l'Internazionale Comunista e, con essi, la sinistra del movimento italiano che dimostrò - e può oggi ancora dimostrare - di avere le carte in tutta regola con la linea storica gloriosa della Rivoluzione anticapitalista mondiale, partita dal manifesto del 1848 di Marx ed Engels.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
3. Al sedicesimo Congresso del partito socialista di Bologna, nell'ottobre 1919, lei intervenne come capo della frazione cosiddetta "astensionista", che sosteneva la necessità di non partecipare alle elezioni per dedicarsi al progetto rivoluzionario. Perché vi era, secondo lei, incompatibilità fra le due linee di condotta? Qual era il vantaggio della linea che lei sosteneva?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Al sedicesimo congresso socialista, tenuto a Bologna al principio di ottobre del 1919, la frazione comunista astensionista (che aveva per organo il giornale Il Soviet, fondato a Napoli nel dicembre 1918, subito dopo la fine della guerra in Europa) non si distingueva dalle altre correnti soltanto per la proposta di non partecipare alle imminenti elezioni generali politiche e al parlamento che ne sarebbe uscito, ma anche perché era la sola a schierarsi sulle "tesi" affermate nel Congresso costitutivo della Terza Internazionale Comunista, tenuto a Mosca nel marzo di quell'anno, nelle quali si traduceva la grandiosa esperienza storica della Rivoluzione di Ottobre 1917 in Russia. Fra quelle tesi, era in prima linea la conquista del potere politico non attraverso le forme democratiche borghesi, ma con l'avvento della dittatura rivoluzionaria del proletariato e del suo partito di classe marxista. La prospettiva della grande campagna elettorale, e del prevedibile successo del solo partito che veramente si era opposto alla sanguinosa e rovinosa guerra del 1915, era respinta perché aveva il carattere di un diversivo alla tensione determinatasi nelle masse italiane a causa del sacrificio immenso di sangue, sui campi di battaglia, e della situazione di grave crisi economica che caratterizzava il dopo-guerra. Essa quindi contraddiceva apertamente ogni possibilità e speranza d'incanalare quella tensione, quel disagio, quel malcontento diffuso, nella sola direzione che, come la storia stessa andava insegnando, poteva condurre, non tanto nella sola Italia ma in tutta l'Europa, allo sbocco socialista e rivoluzionario. Tali tesi fondamentali, sulle quali era già ben orientato tutto il movimento della frazione astensionista, organizzato fin dal primo periodo con buona diffusione uniforme in tutte le parti d'Italia, non potevano ovviamente presentate e sostenute davanti alle altre correnti del congresso, che invece si appagavano della previsione del largo successo elettorale, che forse avrebbe permesso al partito, nella manovra parlamentare, di far passare taluni provvedimenti che avrebbero potuto in parte lenire le angustie e corrispondere alle ansiose attese delle masse lavoratrici. Un simile risultato avrebbe significato bruciare definitivamente gli aspetti favorevoli della situazione di allora e chiudere la sola via su cui, d'allora in poi, l'intero movimento delle classi sfruttate avrebbe dovuto esercitare la sua pressione: avrebbe cioè tarpato le ali alla ripresa della vera coscienza rivoluzionaria della classe operaia e dello stesso suo partito. Infatti, la destra riformista apertamente condannava le vitali tesi comuniste; e la grossa corrente che si diceva "massimalista", se non rifiutava chiaramente quei principii, non vedeva come gli stessi, formando un preciso programma storico, dovessero essere dettati non solo al partito come insieme, ma anche a ciascun suo organo e a ciascuno dei suoi aderenti e militanti anche individuali che, in caso di ostinata opposizione, avrebbero dovuto essere esclusi dalle file del Partito. Solo per tale via si poteva giungere alla ricostruzione di un nuovo movimento Internazionale che non fosse insidiato, ineluttabilmente, dal pericolo del ripetersi della orrenda catastrofe dell'agosto 1914, e poteva essere curata la malattia infettiva dell'opportunismo social-democratico e minimalista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Fin dal Congresso di Bologna, dunque, per la frazione astensionista era posta la rivendicazione di spezzare l'unità del Partito Socialista. Proprio per il rilevante numero dei suoi iscritti e dei prevedibili futuri elettori, quell'unità illudeva i fautori della tattica elezionista su un grave errore: che si potesse marciare verso il socialismo proletario pur ripudiando l'impiego della violenza e della forza armata, e la grandiosa misura storica della dittatura, la cui chiave consisteva nel privare di ogni diritto elettorale e democratico (e anche di ogni libertà di organizzazione e di propaganda) tutti gli strati della popolazione che non fossero formati da autentici lavoratori.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A questo punto, trovo opportuno ricordare un precedente di fatto che mi sembra, anche a tanta distanza di anni, rivestito di vero valore storico. La tesi centrale della nostra frazione non era l'antielezionismo, ma era invece la scissione del Partito, che lasciasse da una parte i veri comunisti rivoluzionari e dall'altra i seguaci del "revisioniamo" dei principii di Marx circa la inevitabile esplosione catastrofica del conflitto e l'urto tra le opposte classi sociali, già prima della guerra preconizzato dal tedesco Bernstein. Per mettere alla prova la nostra tesi, al congresso avanzammo ai capi della frazione massimalista elezionista, tra cui si annoveravano Serrati, Lazzari e Gramsci, una precisa proposta che tendeva a sostituire un unico testo, ben più chiaramente antirevisionista, a quello da loro preparato; in esso noi avremmo accettato che non si parlasse di boicottaggio dell'attività elettorale, mentre essi avrebbero accettato la nostra tesi base della scissione del Partito. La nostra proposta fu nettamente respinta dai massimalisti. A questo proposito voglio ricordare che poco dopo Lenin, scrivendo il suo testo contro l'estremismo come malattia infantile del comunismo, dichiarò di aver ricevuto e letto alcuni numeri del Soviet e di apprezzare il nostro movimento come il solo, in Italia, che avesse compreso la necessità della separazione tra comunisti e socialdemocratici, attraverso la scissione del Partito Socialista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
4. Nel 1920, al II Congresso dell'Internazionale di Mosca, la sua tesi "astensionista" si scontrò con quella "elezionista" di Lenin. Il parere di Lenin prevalse e l'Internazionale decise la partecipazione del partito socialista italiano alle elezioni. Ritiene anche oggi che la decisione dell'Internazionale sia stata un errore? Anche se nel '21 le elezioni furono un grande Successo per il Partito Socialista?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Al Secondo Congresso dell'Internazionale Comunista, iniziato a Leningrado nel giugno 1920 e poi proseguito a Mosca nella ex-sala del trono del palazzo del Cremlino, il Partito Socialista Italiano, che pretendeva di essere già, dal Congresso di Bologna, una sezione formalmente aderente all'Internazionale Comunista, inviò una delegazione che fu ammessa con voto deliberativo e che era composta da Serrati, Bombacci, Graziadei e Polano (per la federazione giovanile), la quale raggiunse la Russia con un treno speciale, inclusa in una più vasta delegazione proletaria italiana di cui facevano parte: D'Aragona e Colombino, dei sindacati; Pavirani, della Lega delle Cooperative, e alcuni altri che naturalmente non furono chiamati a partecipare al Congresso mondiale. Quanto a me, che ero esponente della frazione astensionista italiana e che non ero incluso nella delegazione del Partito, il mio intervento fu voluto ed organizzato dallo stesso Lenin a mezzo del suo delegato di allora in Italia, di nome Heller (chiamato tra noi Chiarini), il quale venne più volte a Napoli per predisporre il mio viaggio che si svolse, fra difficoltà di dettaglio che non è il caso di riferire, sull'itinerario: Brennero-Berlino-Copenaghen-Stoccolma-Helsingfors-Reval e, infine, Leningrado. Intervenni fin da quella prima seduta in cui Lenin pronunziò un memorabile discorso acclamato per oltre un'ora. Data la mia particolare posizione, partecipai a tutto il seguito dei lavori del Congresso a Mosca con voto solo consultavo. A Mosca, fu subito deciso che sarei stato ammesso come correlatore sulla questione del parlamentarismo, che era già all'ordine del giorno col relatore Bucharin; la decisione venne presa dall'Esecutivo e dal suo presidente Zinoviev. Si svolse, in primo tempo, l'altra importante discussione sulle condizioni di ammissione dei partiti che ne facevano domanda all'Internazionale Comunista: vi erano opposite tesi, che poi divennero i celebri "21 punti di Mosca", e furono demandate ad una commissione nella quale venni incluso. Ebbi così la possibilità di risollevare una proposta di Lenin, il quale aveva avanzato il rigoroso ventunesimo punto che, imponendo di rivedere i programmi dei singoli partiti, era vitale per il problema del Partito italiano, in parte legato al programma socialdemocratico di Genova del 1892. Su questo tema parlai anche nell'assemblea plenaria sempre sostenendo, contro il parere degli altri italiani e di tutti gli elementi di destra, le soluzioni più drastiche e radicali. La discussione sul tema del parlamentarismo fu aperta da Bucharin, che illustrò il proprio progetto di tesi, mentre successivamente io presentai il mio, contrario alla partecipazione elettorale. Il punto di vista di Bucharin fu ribadito da una dichiarazione di Trotzky, seguita da altri oratori e anche da Lenin il quale criticò apertamente le mie tesi e le argomentazioni su cui si poggiavano. In una recente pubblicazione nella rivista di Marsiglia Programme Communiste, mi sono sforzato di rendere fedelmente la parola e il pensiero di Lenin sull'argomento. Con l'abituale vigore egli disse: "Se è compito fondamentale del partito rivoluzionario prevedere le mosse e il gioco dei poteri statali nemici, come possiamo rinunciare ad un punto di osservazione così prezioso quale è il Parlamento, in seno a cui tutta la politica del domani dei vari Stati viene storicamente anticipata?".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La decisione del Congresso, a notevole maggioranza, fu senz'altro favorevole alle tesi della partecipazione alle elezioni parlamentari nel senso che vi dovessero e potessero accedere tutti i partiti socialisti e comunisti nazionali, e non già il solo partito italiano come sembrerebbe dal contesto della domanda. Alle elezioni generali italiane del 1921 partecipò non solo il Partito Socialista, che non chiedeva di meglio, ma anche il Partito Comunista d'Italia costituito poco dopo il II Congresso di Mosca.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Questi successi elettorali non avvantaggiarono per nulla il movimento verso la rivoluzione in Italia, come avrebbe dovuto avvenire secondo la linea Bucharin-Lenin che preconizzava l'effetto rivoluzionario dell'ingresso nel Parlamento; a questa tesi mi opposi allora e mi opporrei adesso, dopo una lunga esperienza storica: specialmente quella della Germania, dove fallirono i moti tentati nella primavera del 1921 e nell'autunno del 1923, dando così torto alla strategia prescelta a Mosca. Tornando per un momento al voto del Congresso di Mosca è forse bene dire che io stesso invitai a non dare il voto alle mie tesi non pochi delegati che si opponevano alle elezioni con argomenti non marxisti ma che derivavano piuttosto da debolezza e simpatia per i metodi libertari e sindacalisti rivoluzionari seguiti anche allora da alcuni gruppi in Germania, Olanda, Inghilterra e Stati Uniti. Come ho detto, nel voto sulle condizioni di ammissione era stato già precisato che in Italia, come in ogni paese, si dovessero escludere dalle nostre file non solo i riformisti formanti una destra non rivoluzionaria, ma anche la corrente che Lenin chiamò "centrista" e che si può identificare in Germania con i seguaci di Kautsky, e in Italia proprio coi massimalisti e serratiani.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
5. Lei, ingegner Bordiga, sostenne per primo, fin dal 1917, la necessità di espellere dal Partito Socialista la corrente di destra, i cosiddetti riformisti. Nel 1920 il dibattito giunse al Congresso della III Internazionale che decise per l'espulsione. Come mai non si riuscì a realizzare quel deliberato? Che peso ebbe questo fatto nella fondazione del Partito Comunista?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se non si potette subito attuare in Italia la esclusione dei riformisti voluta da Mosca, si dovette proprio alla resistenza e all'ostruzionismo dei massimalisti, che potettero sfruttare la loro prevalenza numerica su di noi nelle file del Partito Socialista e quindi del Congresso socialista, il quale non volle accettare in tutto le direttive fissate a Mosca. Questo fatto ebbe un peso positivo, perché il nuovo partito comunista fu potuto costituire scartando ogni elemento sia riformista che centrista-massimalista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
6. Allo stesso Congresso di Mosca del 1920, la sua azione fece pensare che lei, come fu scritto, "senza osare dirlo, temesse l'influenza dello stato sovietico sui partiti comunisti, la tendenza al compromesso, la demagogia, e soprattutto pensasse che la Russia contadina non fosse in grado di dirigere il movimento operaio internazionale". Questa interpretazione corrispondeva al suo pensiero?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Facevano in effetti parte della mia posizione le riserve che la domanda riporta da uno scritto di Victor Serge. Penso tuttora che vi furono gravi inconvenienti nella direzione di Mosca, di scarso effetto rivoluzionario nell'era staliniana seguita alla morte di Lenin del gennaio 1924. Come risulta da ulteriori polemiche degli anni seguenti, la strategia voluta da Mosca non sempre s'ispirò alla vera dinamica rivoluzionaria che sarebbe convenuta al proletariato comunista mondiale, ma si lasciò certamente influenzare dagli interessi, con quella non sempre coincidenti, di un grosso corpo statale fondato su di una base sociale contadina, e quindi "piccolo-borghese" secondo la stessa definizione di Lenin. Se, dunque, queste preoccupazioni si possono dedurre dalla mia azione nel Congresso del 1920 (vedi, ad esempio, il mio ultimo intervento dopo le parole di Lenin), ciò prova soltanto che la nostra corrente della Sinistra Comunista previde e denunciò, prima tra tutti, i pericoli di una degenerazione della III Internazionale dai suoi gloriosi inizi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
7. Nel 1920 l'occupazione delle fabbriche rappresentò il momento culminante delle agitazioni in atto in tutto il paese, un episodio che corrispondeva alle speranze e agli sforzi del gruppo comunista torinese de L'Ordine Nuovo ispirato da Gramsci. Anche lei era convinto che quella fosse la via per giungere alla rivoluzione? Che cosa la divideva da Gramsci in quel momento?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il movimento proletario per la ben nota occupazione delle fabbriche raggiunse il suo massimo nell'autunno del 1920, ossia dopo il ritorno in Italia dei delegati che avevano partecipato al Secondo Congresso Internazionale Comunista di Mosca. La valutazione della possibilità di sbocchi rivoluzionari di quel movimento era molto diversa, anzi addirittura opposta, nelle vedute del gruppo dell'Ordine Nuovo e di quello del Soviet. Criticando i torinesi, il Soviet scrisse allora: "Prendere la fabbrica o prendere il potere?". Sviluppando tutti gli argomenti di principio, negavamo che la rivoluzione comunista potesse aprirsi con la conquista delle officine e della loro gestione economico-tecnica da parte del personale operaio, come veniva sostenuto da Gramsci. Secondo noi, le forze politiche dei lavoratori avrebbero dovuto prendere l'iniziativa di dare l'assalto alle Questure e alle Prefetture statali per avviare la grande agitazione che doveva giungere, attraverso la proclamazione di un vittorioso e totale sciopero generale ad instaurare la dittatura politica del proletariato. Questa visione prospettica fu evidentemente bene intuita dal sagace ed abile capo delle forze borghesi italiane, Giovanni Giolitti. Questi infatti lasciò cadere nel nulla le richieste degli industriali perché la forza pubblica intervenisse con le armi ad espellere gli operai occupatori e a restituire le officine ai legittimi padroni. Giolitti ritenne allora che lasciare nelle mani degli operai il possesso degli stabilimenti significava lasciare ad essi un'arma del tutto inefficace a minacciare e rovesciare il potere e il privilegio delle minoranze capitalistiche, mentre la gestione operaia degli strumenti di produzione non avrebbe certamente aperto le porte ad un regime non-privato della produzione sociale. La nostra linea tattica chiedeva dunque che il partito proletario di classe mirasse anzitutto ad assicurarsi l'influenza ed il controllo non già sui Consigli di fabbrica e sui Collegi dei commissari di reparto, preconizzati dall'ordinovismo, ma sulle tradizionali organizzazioní sindacali della classe lavoratrice. Ciò, dunque, mi divideva nettamente da Gramsci in quella fase; e mai ammisi che l'occupazione generale delle fabbriche ci portasse, o potesse portarci, vicini alla rivoluzione sociale da noi desiderata.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
8. Ad Imola si costituì, nel 1920, la Frazione Comunista del Partito Socialista Italiano. Che obiettivi aveva? Era già stata decisa, in quel momento, la scissione dal Partito Socialista?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nell'autunno del 1920 si tenne ad Imola un Convegno dei Comunisti che accettavano senza riserve tutte le deliberazioni del Secondo Congresso mondiale, tra cui le condizioni di ammissione all'Internazionale e, per conseguenza, la espulsione dei riformisti dal Partito. Al Convegno erano presenti il gruppo dell'Ordine Nuovo e quello del Soviet. Questo gruppo annunziò il pubblico scioglimento della frazione astensionistica, la quale non si sarebbe posto come obiettivo la tesi anti-elezionista; non l'avrebbe più proposta al Congresso del Partito Socialista Italiano, pur non escludendo di ripresentarla ai futuri congressi dell'Internazionale Comunista, dopo che si fosse avuta una prova pratica della possibilità di attuazione della linea Bucharin-Lenin per un parlamentarismo effettivamente rivoluzionario. Fu deciso, con la piena adesione dei delegati di Torino e di Napoli, come anche di Milano e di altre città e zone d'Italia, di costituire la Frazione Comunista del Partito Socialista Italiano. L'obiettivo di tale nuova organizzazione non era certo di conquistare la maggioranza dei voti al Congresso di Livorno, ma di preparare le ossature del vero partito comunista, che poteva uscire soltanto dall'aperta scissione tra i seguaci di Mosca e gli altri; in quanto era chiaro che la numericamente preponderante corrente massimalista non avrebbe votato la espulsione di Turati e compagni. Fu stabilito che organo della frazione sarebbe stato il quindicinale Il Comunista, da pubblicare a Milano, e che l'ufficio di organizzazione sarebbe stato ad Imola; i compiti del lavoro furono affidati a me e a Bruno Fortichiari. Ricordo bene che, in un incontro con lo stesso Giacinto Menotti Serrati prima del Congresso di Livorno, non feci mistero che noi stavamo organizzando il Partito Comunista d'Italia e non un successo maggioritario nel Congresso socialista. La questione di mandar via i riformasti era ormai già stata risolta e decisa al Congresso di Mosca e non restava che praticarla in via disciplinare, rompendo i ponti sia coi riformisti che con i massimalisti, qualunque fosse l'esito del voto di Livorno. Al Convegno di Imola era dunque già deciso che, nel caso che quel voto avesse posto noi in minoranza, tutti i comunisti già inquadrati nella frazione avrebbero abbandonato il Congresso ed il Partito Socialista per costituire senz'altro indugio il nuovo Partito Comunista, Sezione della III Internazionale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
9. Il Congresso di Livorno segnò la scissione del socialismo e la nascita del partito comunista. Perché lei e gli altri comunisti aderenti alla Frazione di Imola foste così decisi in quell'azione di rottura? Quale credito, a suo avviso, si poteva accordare all'obiezione che con la rottura della forza socialista si indeboliva ulteriormente il fronte popolare?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Come risulta da tutto quanto ho già detto, era un caposaldo ben fermo di tutti i comunisti della Frazione di Imola che, nella separazione dai riformisti e dal centrismo massimalista, vi era tutto da guadagnare per le buone prospettive rivoluzionarie e nulla da rimpiangere per la maggior forza numerica che corrispondeva alla situazione pre-Livorno. L'argomento che prima della scissione il fronte proletario, sempre da noi respinto come arma strategica, avrebbe avuto base più estesa, era già stato accampato demagogicamente da tutti gli unitari tipo Serrati, e debitamente e definitivamente respinto da tutti gli scissionisti, da Lenin fino a noi, suoi convinti seguaci, perché era questa la sola linea storica che ben si adagiava sull'avvento della vittoria rivoluzionaria in Italia e in Europa. Non avemmo dunque la minima esitazione nel preparare ed attuare la rottura ed io sono ben lieto e anche fiero per aver letto dalla tribuna del Congresso la irrevocabile dichiarazione di tutti i votanti la mozione di Imola, che abbandonarono la sala del teatro Goldoni per recarsi in corteo al teatro San Marco, dove fu fondato il Partito Comunista d'Italia. In effetti, la stessa decisione a rompere non era forse in tutti noi. Il deputato Roberto volle pronunziare alcune parole di commosso addio ai compagni che lasciavamo, augurando una non lontana riunione di tutte le forze, secondo la tendenza citata nella domanda cui ho risposto. Inoltre, è da credere che la mia palese disapprovazione dei residui sentimentali espressi da Roberto non fosse pienamente condivisa da Gramsci, poiché ha riferito un testimonio oculare, Giovanni Germanetto, nelle memorie da lui pubblicate, che Antonio si tratteneva durante la riunione al San Marco nello spazio del palcoscenico a tergo del tavolo presidenziale, ed ivi camminava concitato avanti e indietro esprimendo così con le mani congiunte dietro la schiena la propria perplessità. D'altra parte nessuno fra noi, che responsabilmente ci schierammo nell'ala staccata dal partito, poteva in quel momento pensare che l'azione del proletariato contro il capitalismo e le sue forze reazionarie potesse dal nuovo partito essere demandata ad un informe ed equivoco "fronte popolare", ossia ad un blocco apertamente collaborazionista tra correnti proletarie e correnti più o meno confusamente piccolo-borghesi. Certamente neanche Gramsci lo pensava in quella fase storica, sia pure davanti ad un fascismo che aveva già fatto la sua apparizione. In un simile "blocco", o "fronte" che sia, deve infatti esistere un organo o comitato, nella disciplina del quale il partito estremo, veramente rivoluzionario e combattivo, non avrebbe potuto evitare di trovarsi con le mani fatalmente legate. Di una tale situazione totalmente disfattista da quel giorno, e fino al periodo post-fascista, abbiamo conservato lo stesso, costante orrore.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
10. Il Partito Comunista costituì una sua organizzazione militare clandestina fin dal 1921. Nello stesso periodo lei rifiutò in modo intransigente di valersi degli Arditi del Popolo che erano già forti in tutto il paese. Questa decisione viene considerata da molti un errore forse fatale. Vittorio Ambrosini, che nel 1921 si trovava in Germania, le aveva offerto di mettersi alla testa del movimento per dare inizio alla lotta armata. Perché lei rifiutò? I limiti della proposta erano politici o propri del "personaggio" che la avanzava?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Al Congresso di costituzione del Partito Comunista d'Italia, fu nominato un Comitato Centrale di quindici membri nel seno del quale fu designato un Esecutivo formato, oltre che da me: da Grieco, proveniente anch'egli dagli astensionisti; da Terracini di Torino, che forse non poteva dirsi esattamente ordinovista o gramsciano; da Fortichiari e Repossi di Milano. L'Esecutivo stabilì la sua sede prima a Milano, nella nota palazzina ex-Dazio di Porta Venezia, e successivamente a Roma in varie sedi palesi ed illegali. Fu affidato a Luigi Repossi l'ufficio sindacale, che inquadrava tutti i gruppi formati dal Partito nelle organizzazioni operaie, e a Bruno Fortichiari l'ufficio illegale e militare, a cui facevano capo le formazioni armate create presso tutte le sezioni locali e le federazioni provinciali del partito e del movimento giovanile. Questa rete, i cui indirizzi centrali e periferici erano tenuti strettamente segreti, aveva anche il compito di curare la corrispondenza cifrata con i centri comunisti sia nazionali che esteri, e di adottare codici per l'uso del mezzo telegrafico tenendo in accurata riservatezza il sistema di recapiti illegali in Italia e fuori.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nella sede del Centro, io e Grieco avevamo cura della corrispondenza generale e delle direttive alle redazioni dei tre quotidiani del partito che erano: I' Ordine Nuovo di Torino, Il Lavoratore di Trieste e, pochi mesi dopo, Il Comunista di Roma, in cui era stato trasformato il ricordato quindicinale della frazione a Milano. Esistevano pure, in varie città d'Italia, settimanali del partito strettamente controllati dall'Esecutivo Centrale.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Prima che si manifestasse la famosa iniziativa del capitano Vittorio Ambrosini e degli Arditi del Popolo, il Centro dirigente del partito aveva dovuto diramare disposizioni, sia interne che pubbliche, per liquidare un'altra fase in cui poteva essere insidiata la disciplina organizzativa interna del partito, determinata dalle prime azioni di grave disturbo alle forze proletarie compiute dalle famose "squadre" dei fascisti. Organismi e partiti proletari, di indirizzo per principio contrari all'uso della violenza e animati da programmi di pace sociale, avevano lanciata la scandalosa proposta eli un "patto di pacificazione" coi centri e i capi del movimento fascista, che si voleva stipulare sia nazionalmente che perifericamente. La Direzione del Partito Comunista, che fin d'allora avvertiva la gravità del pericolo di ogni pacifismo concordatario nel campo della contesa sociale e civile, adempì un suo rigoroso dovere sconfessando con pubbliche dichiarazioni e manifesti il patto in questione: disponemmo, per via interna, che nessuna organizzazione comunista accettasse lontanamente di aderire localmente a insidiosi inviti per patti di detta natura. Posso oggi dichiarare (non tanto a mio nome, quanto a quello dei militanti fedeli alle tradizioni teoriche e tattiche della Sinistra Comunista italiana e internazionale, ancora oggi organizzati; non solo i pochi superstiti delle vecchie generazioni del primo dopoguerra, ma anche i numerosi elementi giovani che hanno fatto nel seguito aperta adesione a quel passato ammirevole) che la soluzione allora data al problema degli Arditi del Popolo si inserisce magnificamente nella nostra linea storica di sempre. Non solo non abbiamo nessun errore da riconoscere, ma seguendo la stessissima tradizione, ricordiamo di aver rifiutato più tardi ogni partecipazione ai Comitati di Liberazione Nazionale, come ai moti partigiani italiani e ai vari "fronti popolari" di infausta memoria, che hanno più recentemente prodotto effetti deleteri anche in Francia, in Spagna e in altri paesi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La proposta Ambrosini era da non prendere in alcuna considerazione, per ragioni non solo di forma ma di sostanza e di profondo contenuto. Infatti la parola arditi aveva la stessa genesi di quando la si applicava ai combattenti di guerra, dai nazionalisti e dai fascisti. Il riferire tale nuovo inquadramento all'abusato mito del "Popolo", significa ricadere nel vecchio errore antimarxista che ricade nella confusione e non nell'antitesi tra le classi sociali, come sempre Marx, Engels e Lenin hanno avvertito prima delle aberrazioni revisionaste. Venendo alle persone di allora, che importano assai meno delle gravi questioni di fondo, non risultò nel 1921 che l'Ambrosini fosse in Germania, ma si seppe da noi che si era recato a Vienna; e non volemmo correre il pericolo che egli figurasse presso nostri amici, o presso lo stesso nostro principale nemico, come un inviato o un dirigente del movimento comunista italiano. Il Centro del Partito doveva anche evitare che la nostra base potesse confondere l'Ambrosini, o un suo eventuale stato maggiore, con lo specifico inquadramento che già era stato predisposto dal nostro Partito. Si doveva infine evitare l'evidente pericolo che i nostri gruppi di periferia potessero porre a disposizione di Ambrosini e dei suoi, quel tanto che già esisteva di un esclusivo nostro armamento per iniziali e non imponenti che allora fossero i nostri depositi segreti di armi. Inoltre, la dirigenza di un partito rivoluzionario come il nostro, aveva anche il dovere di prevenire la spiacevole conseguenza che, fuori d'Italia, un uomo come l'Ambrosini potesse, sia pure per sola vanità o leggerezza, mercanteggiare con gli avversari i poteri a lui incautamente trasmessi, o farsi promotore di un nuovo trattato di pace con le forze fasciste che sempre premevano sulle masse italiane.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
11. Come capo del Partito Comunista, lei è stato accusato di aver sottovalutato, nel 1921, la forza del fascismo, considerandolo un fenomeno borghese simile ad altri precedenti, e di non averlo quindi combattuto con sufficiente energia quando ancora sarebbe stato possibile vincerlo. Perché soprattutto contro i socialisti, massimalisti e riformisti, che avrebbero potuto essere validi alleati contro il fascismo?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La nostra corrente ha sempre rifiutato la tesi che si potesse contrapporre al fascismo un blocco dei tre partiti, il comunista, il massimalista e il riformista, nei quali si era spezzato il vecchio Partito Socialista Italiano. Questa verità di fatto la riferisco non solo al 1921 - di cui parla a torto la domanda - come risulta dai nostri testi presentati a Livorno, e prima e dopo Livorno. Abbiamo sempre considerato gli altri partiti usciti dalle fratture, prima di Livorno e poi di Milano, come i più pericolosi nemici da combattere, in quanto la loro residua influenza era apertamente opposta ad ogni preparazione rivoluzionaria. Questa tesi si può ritrovare nelle nostre conclusioni ai congressi comunisti italiani di Roma 1922 e di Lione 1926. Per mostrare che la tesi era ancora più antica, ricorderò che al congresso socialista di Bologna del 1919 invocammo l'opinione di Lenin che, con un telegramma ai capi della vittoriosa rivoluzione ungherese, aveva criticato il loro grave errore di chiamare a far parte del governo dittatoriale i socialisti di quel paese, indicando in ciò la causa della caduta di quella rivoluzione. Doveva essere dunque ben chiaro per tutti che i comunisti italiani avrebbero respinto ogni alleanza con i socialisti, sia mentre durava la lotta per giungere al potere, sia dopo il possibile successo in questa. Venendo ora alla nostra valutazione del fenomeno storico fascista, mi potrei riferire a ben tre miei discorsi, avanti ai congressi di Mosca nel 1922, 1924 e 1926. Il fascismo venne da noi considerato come soltanto una delle forme nelle quali lo Stato capitalistico borghese attua il suo dominio, alternandolo, secondo le convenienze delle classi dominanti, con la forma della democrazia liberale, ossia con le forme parlamentari, anche più idonee in date situazioni storiche ad investirsi degli interessi dei ceti privilegiati. L'adozione della maniera forte e degli eccessi polizieschi e repressivi, ha offerto proprio in Italia eloquenti esempi: gli episodi legati ai nomi di Crispi, di Pelloux, e tanti altri in cui convenne allo Stato borghese calpestare i vantati diritti statutari alla libertà di propaganda e di organizzazione. I precedenti storici, anche sanguinari, di questo metodo sopraffattore delle classi inferiori, provano dunque che la ricetta non fu inventata e lanciata dai fascisti o dal loro capo, Mussolini, ma era ben più antica. I testi dei miei discorsi citati, possono essere rinvenuti nei resoconti dei congressi mondiali, e certamente saranno ripubblicati dalla nostra corrente in avvenire. Divergendo dalle teorie elaborate da Gramsci e dai centristi del Partito italiano, noi contestammo che il fascismo potesse spiegarsi come una contesa tra la borghesia agraria, terriera e redditiera dei possessi immobiliari, contro la più moderna borghesia industriale e commerciale. Indubbiamente, la borghesia agraria si può considerare legata a movimenti italiani di destra, come lo erano i cattolici o clerico-moderati, mentre la borghesia industriale si può considerare più prossima ai partiti della sinistra politica che si era usi chiamare laica. Il movimento fascista non era certo orientato contro uno di quei due poli, ma si prefiggeva d'impedire la riscossa del proletariato rivoluzionario lottando per la conservazione di tutte le forme sociali dell'economia privata. Fin da molti anni addietro, noi affermammo senza esitazione che non si doveva ravvisare il nemico ed il pericolo numero uno nel fascismo o peggio ancora nell'uomo Mussolini, ma che il male più grave sarebbe stato rappresentato dall'antifascismo che dal fascismo stesso, con le sue infamie e nefandezze, avrebbe provocato; antifascismo che avrebbe dato vita storica al velenoso mostro del grande blocco comprendente tutte le gradazioni dello sfruttamento capitalistico e dei suoi beneficiarii, dai grandi plutocrati, giù giù fino alle schiere ridicole dei mezzi-borghesi, intellettuali e laici.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
12. Nell'agosto 1922 si ebbero gli ultimi grandi scioperi prima della marcia su Roma. In quel momento, col fascismo ormai alle soglie del potere, l'arma dello sciopero era ancora adatta a fronteggiare la situazione? Riteneva ancora possibile la rivoluzione?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Confermo l'affermazione storica che l'ultimo scontro in forza tra gruppi proletari italiani e bande fasciste, pienamente sostenute dai poteri statali, fu il grande sciopero nazionale dell'agosto 1922. Il Partito Comunista d'Italia, tanto nella propaganda interna che in vive discussioni nei congressi internazionali, aveva già sostenuto che non si dovesse adottare la strategia di una lega tra diversi partiti politici ed aveva accettato soltanto la formula, oggetto di gravi polemiche, del fronte unico sindacale, respingendo dunque ogni fronte o blocco politico, con l'argomento che questo avrebbe dovuto di necessità comportare un supremo organo gerarchico, a cui i partiti aderenti si sarebbero impegnati ad ubbidire, col rischio inaccettabile che le forze del nostro partito avrebbero potuto restare forzate ad agire secondo un indirizzo anche in contrasto profondo coi fini programmatici contenuti nella dottrina del partito e nella sua visione storica; essi non andavano in nessuna ipotesi abbandonati. In Italia, mentre il fronte politico avrebbe condotto alla già denegata alleanza coi partiti riformista e massimalista, il fronte sindacale avrebbe potuto accogliere in sé la grande Confederazione Generale del Lavoro, insieme all'Unione Sindacale Italiana dal passato non interventista e al forte Sindacato Ferrovieri Italiani. La propaganda e il lavoro organizzativo per questo fronte sindacale, cui demmo il nome di Alleanza del Lavoro, già nel 1922, erano giunte ad un punto notevole. Mentre il blocco politico avrebbe condotto ad una imbelle combinazione parlamentare verso l'altro obiettivo strategico da noi fieramente combattuto a Mosca, quello del governo operaio, l'Alleanza del Lavoro avrebbe ben potuto abbracciare i metodi, squisitamente rivoluzionari e marxisti, dello sciopero generale e della guerra civile armata per rovesciare il potere della borghesia, che era allora nelle mani dei fascisti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Tornando alla cronaca di quei tempi movimentati, mentre tutti gli elementi di destra e a tendenza opportunista premevano per fondare l'alleanza dei partiti da noi non desiderata, una iniziativa fu presa dal Sindacato Ferrovieri, che convocò a Bologna i rappresentanti di tutti i partiti e sindacati. A questa non troppo chiara riunione noi non volemmo, per coerenza al nostro metodo, delegare un rappresentante del Partito, ma mandammo il compagno che aveva la direzione delle forze sindacali a noi aderenti. Questo compagno dovette riferirci la stupefacente notizia che la più numerosa organizzazione, ossia la Confederazione Generale del Lavoro, volendo evitare il grande sciopero, aveva dichiarato di non possedere una rete di mezzi di comunicazione atta a trasmettere a tutte le Camere del Lavoro aderenti la disposizione d'iniziare il movimento di sciopero. Dinanzi a tale inqualificabile atteggiamento, il nostro inviato, secondo le istruzioni dategli dal nostro Esecutivo, si offrì di curare coi nostri mezzi illegali, che erano ignoti ai poteri statali, la diramazione dell'ordine di sciopero che la Confederazione era invitata a formulare. La Confederazione e gli altri Convenuti accettarono la nostra offerta, dato che altrettanto non poteva essere organizzato da parte non comunista e così noi facemmo pervenire anche ai centri più lontani l'ordine ufficiale di sciopero, mobilitando la rete organizzata del Partito e dei nostri gruppi sindacali, per sostenere con ogni forza l'attuazione del movimento.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Poco dopo, in tutte le parti d'Italia, questo assunse forme molto energiche, fronteggiando debitamente le misure delle forze avversarie, che furono drastiche. Contro la città di Ancona furono inviati in formazione alcuni reggimenti di carabinieri; al largo della città di Bari calò le sue ancore una intera divisione di cacciatorpediniere della Marina militare. I lavoratori che occupavano l'interno di quelle città risposero vigorosamente con tutti i mezzi offensivi a loro disposizione e con la totale astensione dal lavoro, che comportò anche l'arresto di tutti i treni, mezzo essenziale per i movimenti militari. Nella città di Parma erano insorti i quartieri proletari del rione Oltre-Torrente (come si sa, quella città è divisa in due dal fiume Parma, affluente del Po). Le forze fasciste mandate a domare la rivolta erano agli ordini del famoso quadrumviro fascista Italo Balbo. In epoca più recente è stato ricordato come i valorosi lavoratori di Parma, al tempo della vantata trasvolata aerea atlantica, scrissero a caratteri cubitali sugli argini del torrente la sferzante apostrofe semidialettale: "Balbo, t'è passè l'Atlantic, ma mica la Perma"; i pochi metri di larghezza del torrente erano bastati a fermare le bellicose forze antiproletarie. Questo ed altri episodi dimostrano che il grande movimento di sciopero fu allora non solo possibile ma notevolmente efficace. I fascisti, benché sostenuti dallo Stato e dalle sue forze armate, non potettero debellarlo e quando, nel successivo ottobre, si mobilitarono per la marcia su Roma, non passarono con una vittoria delle loro armi, ma grazie ad un compromesso con il quale il futuro duce poté, in abito nero e cilindro, raggiungere pacificamente l'anelata sala del trono al Quirinale, superando il temuto ordine di proclamazione dello stato d'assedio che il re si rimangiò malgrado il parere dei suoi generali. Per questa via ingloriosa, la rivoluzione proletaria come la pretesa rivoluzione delle camicie nere furono soffocate da mefitiche manovre di carattere squisitamente parlamentare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
13. Alla fine del 1922, al IV Congresso dell'Internazionale, a Mosca, lei sostenne, contro il parere della maggioranza, di Zinoviev e dello stesso Lenin, che non era né utile, né giusto per i comunisti, giungere ad una fusione con i socialisti per puntare alla formazione di un governo di coalizione. Come spiega quella sua pregiudiziale negativa alla fusione, quando i massimalisti si erano già separati dai riformisti?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
E' vero che al tempo del IV Congresso di Mosca del dicembre 1922, si era già verificata in Italia l'ascesa al potere dei fascisti, e il Partito Socialista, uscito contro di noi in maggioranza a Livorno, si era a sua volta diviso in due partiti, uno massimalista ed uno riformista; a quel Congresso di Milano, si era manifestata anche una terza corrente, detta terzinternazionalista, che proponeva il rientro nella Terza Internazionale attraverso la fusione col Partito Comunista d'Italia. E' altrettanto vero che io e i comunisti di sinistra rifiutammo la fusione, incoraggiata da Mosca, non solo con i massimalisti, ma con gli stessi poco numerosi terzini, come allora li chiamavamo, tra i quali erano Serrati, Maffi Fabrizio, Riboldi ed altri. Ritenevamo infatti che anche le posizioni del partito di Serrati fossero in aperto contrasto con tutte le risoluzioni del II Congresso e con le tesi tattiche dell'Internazionale Comunista, comprese quelle che non erano state accettate dalla nostra corrente, come nel caso della questione parlamentare, nonché con le tesi sindacali, agraria e nazionalcoloniale, con le quali eravamo invece stati sempre totalmente concordi. Basti ricordare la posizione assunta dal partito socialista a proposito del famigerato "patto di pacificazione" coi fascisti e negli sviluppi ulteriori, fino alla grande lotta dell'agosto 1922: il tutto più sopra ampiamente ricordato. Resistemmo con ogni vigore alle insistenze dei compagni russi perché accettassimo posti nella famosa "Commissione di fusione" tra comunisti e terzini, che aveva anche il compito di dirigere la futura lotta elettorale comune in Italia. Sostenemmo e sosteniamo che da quella fusione nessun aumento di forza e d'influenza, sia qualitativo che quantitativo, venne in seguito al nostro partito, neppure nel senso della difesa contro i colpi della reazione, e ciò con seria delusione dei compagni russi tra cui gli stessi Zinoviev e Lenin che la domanda ricorda.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
14. La sua posizione astensionistica nei confronti della tattica politica quotidiana è stata accusata di aver portato il Partito all'inerzia e all'immobilismo. Perché lei, ingegner Bordiga, fu sempre contrario a qualsiasi azione di fronte unico o di alleanza dei comunisti con altri partiti contro il fascismo? Come giudicava l'azione che andavano svolgendo i partiti antifascisti nel 1923 e '24?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
L'astensionismo, propugnato da me e da gran parte del Partito, non significava rinunzia all'azione politica quotidiana ma ad una sua forma tecnica e pratica ossia quella elettorale e parlamentare; questo perché, attraendo ed assorbendo tutte le energie e la dinamica del Partito, lasciava abbandonate le altre più vitali forme di azione del partito politico di classe, ben più importanti, come la lotta aperta e anche violenta contro le formazioni legali - ed anche illegali - che difendevano l'ordine capitalistico. Era dunque un vero antidoto contro l'immobilismo; la politica che lo avrebbe invece incoraggiato era proprio quella di coalizione con altri partiti, tra cui taluni con cui avevamo rotto i nostri legami fisiologici nel campo organizzativo che non potevano risorgere sotto la forma larvata, ma patologica, di un'alleanza che neppure i nostri seguaci e militanti avrebbero capito. A riprova del fatto che dalla base delle nostre stesse file venivano ancora vivaci riluttanze ad invischiarsi in manovre elettorali e parlamentari, ricordo che, nei primi mesi del 1921, dovetti far pubblicare sulla stampa del partito un mio articolo in cui si dichiarava inammissibile la richiesta di varie organizzazioni di base perché si trovasse un espediente interno che conciliasse la nostra cordiale antipatia per quella tattica, col dovere di mantenerci disciplinati alle decisioni dell'Internazionale. L'azione che in Italia i partiti cosiddetti antifascisti non rivoluzionari svolsero nel 1923 e 1924, specie dopo l'assassinio di Matteotti, fu da me e da moltissimi altri compagni apertamente disapprovata, perché gettava le basi di una collaborazione tra il movimento dei lavoratori ed altri partiti di ideologia prettamente borghese, come ad esempio quello cattolico e quello liberale. Veniva così anticipata quella che sarebbe stata la politica che domina oggi nella struttura del governo italiano nella quale lo stesso Partito Comunista - estremamente degenerato dalle sue alte origini della scissione di Livorno e della lotta accanita contro ogni forma di compromessi compiuti, nel nome antimarxista e antiproletario della "democrazia per l'Italia e per l'Europa" - anela a precipitarsi. Fui io che, parlando a buon diritto per la sinistra del Partito, suggerii ad Antonio Gramsci l'uscita dei comunisti dal simulacro di parlamento che prese il nome di Aventino: fu così possibile far pronunciare dalla tribuna della Camera alcuni discorsi, che fecero andare in bestia Mussolini, con un linguaggio generoso e virile che chiamava le masse alla lotta. Ricordo soltanto quelli dei deputati Grieco e Repossi, ancora oggi reperibili negli atti parlamentari, che furono pronunziati in faccia alla selvaggia canea dei deputati fascisti che si gettarono fisicamente contro i nostri compagni espellendoli dall'aula.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
15. Lei, ingegner Bordiga, partecipò al V Congresso mondiale dell'Internazionale Comunista di Mosca nel 1924, e vi svolse un lungo rapporto sul fascismo in Italia. A quale concezione era improntato questo rapporto? Come giudicò il fascismo nelle sue componenti economiche, sociali e politiche?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Anche al V Congresso dell'Internazionale Comunista, a Mosca, svolsi un ampio rapporto sul fascismo in Italia riprendendo i temi che avevo già sviluppato al IV Congresso, di poco posteriore alla marcia su Roma. Avevo allora preferita la formula della "commedia politica" a quella del "colpo di Stato" deciso da scontri tra forze militari, in quanto le bande delle camicie nere non avevano battuto in una vera operazione bellica le formazioni armate statali che non avevano saputo profittare dell'ordine reale di proclamazione dello stato d'assedio; e Mussolini aveva comodamente percorso in una cabina di vagone letto la linea Milano-Roma per raggiungere il Quirinale dove il Re Vittorio lo aveva convocato. Circa le basi sociali del fascismo, tornai a dimostrare che esse non si ravvisavano, come nella teoria avanzata da Gramsci, nella classe dei proprietari agrari, ma comprendevano anche la moderna classe industriale, mentre gli effettivi del partito fascista si reclutavano non solo tra i ricchi ma anche nei ceti medi, come i professionisti, gli artigiani e gli studenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
16. Per quali motivi ideologici e pratici lei rifiutò di porre la sua candidatura a deputato comunista nelle elezioni del 1924? Quali conseguenze portò il suo rifiuto all'interno del PCd'I?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non posi la mia candidatura alle elezioni politiche del 1924 non tanto per i motivi ideologici chiaramente derivanti dalle mie precedenti battaglie astensioniste, quanto per un palmare motivo pratico. I nomi dei candidati comunisti non escono da richieste soggettive e da iniziative personali, ma vengono scelti dal Partito con un suo apposito organo che evidentemente, nella fattispecie, non credette di utilizzare il mio nome. Non si trattò dunque di un mio formale rifiuto, seppure la cosa non mi riuscì affatto sgradita. Da ciò non venne al Partito nessuno speciale danno, sebbene i compagni centristi della Direzione obiettassero che si perdeva così uno dei posti in Parlamento, perché opinavano che io sarei riuscito eletto in qualunque delle circoscrizioni italiane, data la mia notorietà e le mie capacità di oratore e di polemista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
17. Che cosa la spinse a suggerire il rientro in aula dei deputati comunisti dopo la secessione aventiniana?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ho già spiegato più sopra, rispondendo alla domanda n. 14, che la politica dell'Aventino equivaleva completamente alla totale soccombenza davanti alla reazione borghese e fascista; questo rapporto viene a giustificare la nostra facile previsione storica, prima citata, che il più sinistro effetto del fenomeno fascista sarebbe stato il sorgere del blocco antifascista, la cui politica equivoca non avrebbe mancato di dominare e soffocare il futuro di questa sventurata società italiana, come oggi purtroppo dobbiamo constatare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
18. Perché lei rifiutò recisamente anche la carica di vice-presidente dell'Internazionale che le era stata offerta su proposta della delegazione sovietica? Che cosa avrebbe comportato per lei questa elezione e quali conseguenze per il PCd'I?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Rifiutai senza esitare l'offerta fattami da Zinoviev della carica di Vice-presidente dell'Internazionale, anzitutto perché non potevo rinunziare a continuare la mia lotta contro la politica alleanzista e di fronte unico caldeggiata da Zinoviev stesso e che io avevo osteggiata in tutti i congressi precedenti. Inoltre, conoscevo abbastanza bene le vicende interne del Partito bolscevico russo, per aver già capito che ben presto lo stesso Zinoviev sarebbe stato rimosso dalla carica di Presidente per volere del preponderante gruppo di Stalin che in seguito gli sostituì Bucharin, ligio alla politica staliniana. Durante il mio lavoro a Mosca e dopo una vivace discussione in sede di Commissione italiana tra me e Stalin (che è stata riportata negli Annali Feltrinelli, basati su materiali dell'archivio Tasca) fin da allora ero forse il solo ad aver intuito che la repressione staliniana avrebbe usato lo stesso trattamento a Trotzky come a Zinoviev e a Kamenev che, prima divisi da Trotzky, solidarizzarono poi con lui nella successiva polemica dell'Allargato di novembre 1926, a proposito della rovinosa formula del "socialismo nella sola Russia". Anche prima, e al momento dell'offerta della Vice-presidenza, io ben sapevo che questo sarebbe stato il terreno scottante della disperata battaglia per scongiurare la caduta dell'Internazionale Comunista di Mosca nell'abisso di un nuovo, peggiore opportunismo, che da me e dalla mia corrente fu visto in tempo minacciosamente avanzare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
19. Come spiega, nel 1925, l'accordo ideologico che legò Gramsci ad un liberale, Gobetti, sulla base comune della lotta antifascista?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A proposito dei rapporti tra Antonio Gramsci e il suo amico Piero Gobetti, direttore del periodico Rivoluzione Liberale, posso riferire di un mio intervento personale verso Gramsci cui una volta mi rivolsi per dirgli: "Antonio, ti chiedo un gran piacere; procurami una collezione completa del giornale di Gobetti. Voglio farne un'attenta analisi ed una critica profonda dal nostro punto di vista di comunisti rivoluzionari". Antonio intuì che il mio proposito era proprio di dimostrare impossibile e pericolosa ogni intesa per una campagna comune contro il fascismo con un dichiarato liberale, come era il Gobetti. Col migliore dei suoi sorrisi che illuminava i suoi espressivi occhi azzurri, mi rispose subito: "Non lo fare, Amadeo; sono io che te ne prego". Ammetto di avere ceduto a quel tacito invito tanto amichevole e di non avere mai scritta quella che in gergo giornalistico si sarebbe dovuta chiamare la stroncatura dell'assurdo liberalismo rivoluzionario. La tendenza di Gramsci a collaborare con Gobetti può soltanto spiegarsi con la tattica che erroneamente egli aveva abbracciato: ritenendo che con qualunque avversario e critico di Mussolini si potessero stringere legami nella prospettiva di un futuro regime italiano, indirizzo dal quale io notoriamente aborrivo allora e sempre. I rapporti di amico, oltre che di compagno, che avevo sempre avuto con Antonio che certamente meritava tutta la mia ammirazione, furono sempre cordialissimi. La nostra ultima convivenza in ambiente che ben può dirsi di partito, risale all'anno 1926, quando entrambi fummo condotti al confino nell'isola di Ustica. In quel periodo, allorché con un uditorio di altri confinati veniva in discussione un problema che interessasse i nostri principii e il nostro movimento, Antonio ed io, come per una tacita intesa, ci offrivamo di illustrare ai presenti la visione che l'altro propugnava sul tema esaminato. Con ciò, è chiaro che nessuno dei due voleva in qualche modo attenuare il proprio dissenso dal pensiero dell'altro e della sua corrente. La doppia esposizione si concludeva di regola con una reciproca conferma, chiesta ed ottenuta, di avere bene interpretato l'insieme delle concezioni dell'altro. Evidentemente si trattava di una doppia ed inconciliabile visione storica: quella di Gramsci anticipava palesemente le linee del futuro blocco di tutti gli antifascisti italiani; mentre la mia si contrapponeva alla prima nel modo più risoluto.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
20. Con il Congresso di Lione del Partito Comunista nel 1926, lei venne messo in minoranza e la direzione del partito passò a Gramsci. Quanto vi fu di premeditato e di voluto in quella sconfitta? E' vero che il dissenso con Gramsci riguardava soprattutto il giudizio che egli dava della situazione italiana?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Al Congresso illegale del Partito Comunista d'Italia tenuto a Lione nel febbraio 1926, è vero che noi della Sinistra fummo battuti dalla prevalente corrente centrista di Gramsci e Togliatti. Non si trattò affatto di una sconfitta chiara e limpida, neppure in termini di democrazia interna di partito, metodo mai da noi riconosciuto; non fu dunque una sconfitta né riconosciuta, né accettata da noi. Come dalla motivazione del ricorso che subito dopo avanzammo a Mosca, all'Esecutivo dell'Internazionale Comunista, la pretesa consultazione della base del Partito era avvenuta con un sistema quanto meno sospetto e dubbio. Tutti gli iscritti che non risultava avessero votato per l'indirizzo della Centrale o quello della Sinistra (ben formulato in articoli e risoluzioni apparsi sull'organo del partito, Stato Operaio, durante l'anno 1925, sebbene per mia iniziativa fosse stato disciolto il famoso Comitato d'Intesa, formato con un gruppo di dirigenti ben noti della corrente di sinistra, e subito aspramente diffidato dalla Centrale con l'ingiusta accusa che era un tentativo di frazionare e dividere il partito) tutti costoro, dunque, che non avendo manifestata alcuna opinione o decisione, non andavano computati nel voto per il congresso, furono invece, per un'espressa delibera della Centrale, calcolati come votanti per la stessa, in approvazione della sua opera e del suo programma. Non è necessario nemmeno dire che, a Mosca, il ben fondato ricorso non fu preso in considerazione, sicché la vittoria fu attribuita ai centristi e stalinisti; quindi la dirigenza della sezione italiana fu, per volere di Stalin, confermata in pieno a Gramsci, Togliatti e loro amici. Non fu dato alcun valore alla legittima nostra eccezione che non ha senso la consultazione, in pretesa democrazia interna, di un'organizzazione di partito che vive e convoca le sue sezioni locali o i congressi federali sotto il peso soffocante della virulenta dittatura fascista.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il mio dissenso con Gramsci come ben risulta da varie considerazioni che già ho qui esposte, verteva infatti non tanto sulla valutazione della situazione italiana, quanto su quella dei suoi possibili sviluppi nel prossimo avvenire. Dissentivamo, infatti, dall'opinione dei gramsciani che un blocco di tutti i variopinti antifascisti, una volta caduto il fascismo o per una crisi interna, come poi avvenne, o per le complicazioni internazionali della guerra, avrebbe potuto costituire un governo a costituzione democratica per riprendere il controllo della disamministrata e debellata Italia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
21. Nei primi anni di vita del Partito Comunista, tra lei e Gramsci vi fu una notevole convergenza politica; ma in seguito, dopo il 1922, si aprì tra voi un dissidio generale culminato con la espulsione dal partito nel 1930. Quali furono i punti principali di questo dissidio? E quali i motivi della espulsione?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Vi fu una notevole convergenza tra Gramsci e me nel periodo che condusse alla organizzazione della Frazione Comunista all'interno del vecchio Partito Socialista Italiano e successivamente, applicando le direttive di principio e di azione stabilite nei primi congressi dell'Internazionale Comunista, alla scissione di Livorno del vecchio partito e alla fondazione del Partito Comunista d'Italia. La convergenza consisteva in una eguale opinione corso storico dei partiti della II Internazionale Socialista, nel seno dei quali si erano andate formando, come allora si diceva, due anime: quella rivoluzionaria e quella riformista o gradualista. Gramsci ed io, insieme, pensavamo che lo scioglimento di questa contraddizione potesse aversi solo con la separazione dei vecchi militanti in due distinti movimenti organizzati.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Nel 1922, io pensavo che alla divisione organizzativa dovesse seguire una fase di aperta lotta, anche di combattimento, tra quel partito che seguiva la prospettiva di una nostra catastrofe rivoluzionaria da cui sarebbe uscito il crollo degli ordinamenti sociali capitalistici, e l'altro, il quale invece riteneva che, usando i mezzi legali che il regime borghese concedeva ai suoi stessi avversari, fosse possibile correggerlo in una lunga evoluzione e per successive modifiche delle sue interne strutture, attuabili in modo non violento né cruento. Il pensiero di Gramsci, invece, cominciò a subire una evoluzione (o involuzione che fosse) circa la dinamica del nascere di nuovi partiti classisti dal disfacimento di quelli tradizionali. Poiché era evidente che ciascuno dei due partiti usciti dalla scissione poteva, quantitativamente, contare su una somma di effettivi e di forze minore rispetto a quella della situazione precedente, egli cominciò ad accettare la visione che fosse opportuno riavvicinare le due ali distaccate strutturalmente in un comune fronte o blocco di azione, contando sia su mezzi legali che illegali. Questa formula storica, che io sempre e dovunque respingo come insensata, fu formulata nella non molto elegante frase: "marciare divisi; colpire uniti". Gramsci quindi ritenne che avremmo avuto a disposizione un partito molto più forte, se avessimo accettato di stringere un patto di alleanza col Partito Socialista o anche con una sua forte ala sinistra, come ci veniva proposto da Mosca: questo, a mio credere, prova solo che Mosca fin d'allora deviava gravemente dalla retta via rivoluzionaria tracciata da Marx e Lenin. Nel succedersi storico degli episodi che formano il contesto di questa elaborazione di quesiti e di risposte, sono stati già ben lumeggiati molti punti circa i quali Gramsci ed io venimmo in contrasto. Desidero dire che, in realtà, essi prendono origine da un unico dissenso circa la impostazione della ideologia e, potrei dire, della filosofia da cui nasce l'incendio della rivoluzione di classe. Ciò dissi a Gramsci al Congresso di Lione nel mio lungo discorso di sette ore, che seguì il suo durato quasi altrettanto: entrambi avevamo esposto a fondo le soluzioni da dare, nei vari settori di attività, ai molti problemi che si ponevano ai comunisti italiani. A conclusione di questo scambio di programmi io dichiarai, rivolto ad Antonio, che non si è in diritto di dichiararsi marxisti, e nemmeno materialisti storici, solo perché si accettano come bagaglio di partito certe tesi di dettaglio, che possono riferirsi vuoi all'azione sindacale, economica, vuoi alla tattica parlamentare, vuoi a questioni di razza, di religione, di cultura; ma si è giustamente sotto la stessa bandiera politica solo quando si crede in una stessa concezione dell'universo, della storia e del compito dell'Uomo in essa. Sono passati molti anni, ma sono certo di ben ricordare che Antonio mi rispose dandomi ragione sulla fondamentale conclusione da me così enunciata, ed ammise anzi che aveva allora scorto per la prima volta quella importante verità. Non ho svolto questa cronaca obiettiva dei rapporti tra Gramsci e me perché vi ravvisi l'origine del fatto, riferito nel testo della domanda cui sto rispondendo, della mia esclusione dal partito, e quindi dall'Internazionale Comunista, che sarebbe avvenuta nel 1930. In tale epoca, io ero stato liberato anche dal confino di polizia cui il fascismo mi aveva assegnato, e la sola notizia che ebbi del provvedimento contro di me la dovetti rilevare dalla grande stampa d'informazione che affermò che il motivo era che io avevo respinto l'invito a recarmi ad un nuovo congresso di Mosca. Io non disponevo di mezzi di collegamento di cui potermi servire per difendermi dall'accusa; in ogni modo dichiarai e dichiaro ora che né la Centrale di Mosca, né quella del partito italiano, mi rivolsero alcun invito di tal genere. Se mi fosse pervenuto l'invito con i mezzi pratici per aderirvi io, come avevo a Lione, d'accordo con tutti i miei compagni della Sinistra, rifiutato di far parte della dirigenza del Partito italiano (come risulta da una dichiarazione finale molto aspra letta al Congresso), così avrei rifiutato l'invito per Mosca. Il VI Congresso mondiale comunista si tenne a Mosca nel 1928 ed io non vi partecipai. Seppi nel seguito che, per volere di Stalin, si era adottata una nuova tattica politica, che fu detta del social-fascismo, nella quale si proclamavano avversari di Mosca e del comunismo tanto i partiti fascisti che quelli socialdemocratici, e quindi si condannava l'opposta tattica di fare fronte unito con i socialisti contro il fascismo. Più tardi, nella stampa comunista ufficiale (e dopo la nota espulsione dei tre dissidenti italiani: Leonetti, Tresso e Ravazzoli) si è ammesso in polemiche retrospettive che quella tattica era stata da tempo anticipata dalla sinistra del comunismo italiano. Ed infatti, in un mio articolo del 1921 si trovano le parole: "Fascisti e socialdemocratici non sono che due aspetti dello stesso nemico di domani".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
22. Ingegner Bordiga, lei è stato accusato di essere poco duttile, incapace di adattare l'azione alle circostanze, incline a formare "sette rivoluzionarie". Come risponde a queste obiezioni che vennero da Lenin e da altri al Congresso di Mosca?</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Se fosse cosa attendibile che io dia, dopo tanto tempo, un giudizio storico sulle mie stesse qualità e qualificazioni, dichiarerei oggi che trovo gradita la definizione di settario, e veridica quella di non essere mai stato duttile e capace di lasciarmi suggerire evoluzioni elastiche dal mutevole avvicendarsi delle situazioni politiche e dei rapporti di forza tra le classi sociali. Le obiezioni di essere troppo settario e troppo poco duttile, sono state molto frequenti, ma non mi hanno mai deviato dal cammino, tenuto in tutta convinzione. Mai nei congressi di Mosca sono state formulate da Lenin; piuttosto da suoi frequenti e pedissequi imitatori, forse volenterosi, ma sempre ben lontani dall'aver afferrato il vero contenuto dell'alto pensiero di Lenin, come credo di aver messo in giusta e piena luce in un mio scritto sull'Estremismo di Lenin, e sulla speculazione falsaria che su di esso hanno fatto i posteriori autentici rinnegati (è stato pubblicato assieme al testo della commemorazione che pronunziai a Roma nel 1924, col titolo unico La sinistra comunista italiana sulla linea marxista di Lenin). Se è giusto pensare che la grande rivoluzione di classe non può essere avviata attraverso un banale complotto cospirativo come per le rivoluzioni che mirano soltanto a surrogare l'uno con l'altro capo o gruppo supremo, è anche doveroso riconoscere che è preferibile che il partito di classe si volga ad assumere la ferrea forma di setta, anziché tollerare che esso diluisca il rapporto di stretta disciplina della sua forte organizzazione centralizzata, come Lenin la volle, in un legame equivoco, che a volta a volta consenta che elementi o gruppi di base si diano liberamente a sperimentare o a proporre, per l'insieme del partito, azioni incontrollate e improvvisate, suggerite dalle opportunità fallaci che vengono ad offrire ai dotati di agilità politica i creduti o pretesi fatti nuovi sorgenti dal mutare delle situazioni, ossia a permettere, al posto della serietà inflessibile che deve avere l'impegno del militante rivoluzionario, una serie di evoluzioni acrobatiche ovvero, come sovente si disse, di "giri di valzer". Sarebbe soltanto una parodia ingiuriosa per la memoria del sommo Lenin confondere il rispetto della elasticità di manovra con una simile serie di circostanze deplorevoli, che soltanto allievi impotenti e ottusi hanno osato attribuire a quell'incomparabile maestro.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
23. Un'altra accusa che l'ha accompagnata per tutta la vita è quella di avere considerato la lotta politica nella sua astrattezza, adottando un metodo di pensiero che è stato definito "schematismo dottrinario". Questo l'avrebbe portato a compiere gravi errori. In quale misura oggi, riconosce legittima questa analisi? O la respinge totalmente?Respingo oggi totalmente la sedicente analisi sulla quale è stata costruita la domanda n. 23, le cui formulazioni non corrispondono alla costruzione del mio pensiero e dell'antico mio schieramento nella lotta politica e sociale; né sono obiettivamente esatte. Allorché si aderisce a un movimento di classe o alla teoria che ne ha fornito magnificamente Carlo Marx, le classi in lotta tra loro (come oggi la borghesia capitalista e il proletariato salariato) non si riducono o si rappresentano, per riprodurne la dinamica e il gioco antagonistico, come categorie concrete, ma piuttosto come concetti astratti, riferiti a fatti sociali sperimentali. L'avere abbandonato l'imperativo dell'astrattismo per surrogarvi quello facile e scorrevole del concretismo, configura il rovinoso errore di quelli che, pur divenendo in senso marxista i "traditori" della classe da cui erano usciti, ovvero, con la formula leninista, i "professionisti della battaglia rivoluzionaria", si offrirono di essere i capi dirigenti del movimento proletario nazionale e internazionale. Credo che l'essermi io, fin dai primi tempi, arroccato sulla solida posizione dell'astrattismo, necessaria per ragioni inerenti alla vita fisiologica del movimento e della propaganda ed agitazione che ne formano l'ossatura maestra, costituisca il mio vero merito, se uno me ne deve essere riconosciuto. Credo anche che quelli i quali si sono riempiti la bocca dell'insidioso termine del concretismo, abbiano scelta la via dell'opportunismo (che ci travolse nel 1914) riaprendo una nuova era di vita morbosa per questo autentico cancro della storia umana e delle energie rivoluzionarie. Stabilite queste chiare distinzioni, mi pare di poter sostenere, a giusta ragione, che uno schematismo dottrinario fermamente trasmesso e ritrasmesso tra i vertici e la base, costituisca un connotato insostituibile nella vita del partito comunista e si poneva quindi sulla vera via che andava abbracciata per lottare contro le degenerazioni del movimento rivoluzionario mondiale, scopo a cui sono fiero di aver voluto dedicare la mia non breve vita.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Da "Storia contemporanea" n. 3 del settembre 1973</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-80846949855059598382018-10-30T22:53:00.000+01:002018-10-30T22:53:55.872+01:00Dopo la forte manifestazione del 27 ottobre: guardare avanti e pensare in grande (SICOBAS)<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Fonte: Il Cuneo Rosso, <a href="http://www.sicobas.org/news/3264-dopo-la-forte-manifestazione-del-27-ottobre-guardare-avanti-e-pensare-in-grande" target="_blank">SICOBAS</a>, 30/10/2018</span></span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-cglKaqgU4xE/W9jSAShIWNI/AAAAAAAAY5M/Si_YgbtGM6obsYuWkqI4qJO7324Vhqj0gCLcBGAs/s1600/2018_10_30-roma-sfruttati-sfruttatori.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://2.bp.blogspot.com/-cglKaqgU4xE/W9jSAShIWNI/AAAAAAAAY5M/Si_YgbtGM6obsYuWkqI4qJO7324Vhqj0gCLcBGAs/s320/2018_10_30-roma-sfruttati-sfruttatori.jpg" /></a><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Benché oscurata dai media di regime e dalla quasi totalità di quelli di "opposizione" (con la sola eccezione di qualche radio), la manifestazione indetta dal SI Cobas a Roma il 27 ottobre è riuscita in pieno.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il suo nucleo trainante sono stati ancora una volta i coraggiosi instancabili facchini immigrati della logistica.<br /><br />Ma questa volta - a differenza del 24 febbraio - si è trattato di un corteo più "misto", con una presenza di lavoratori e lavoratrici italiani decisamente più consistente, anche se ancora troppo limitata, e con la partecipazione attiva di movimenti per la casa, di disoccupati e gruppi di studenti.</span></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Significativa la decisione di aprire con un cordone di donne un corteo che è stato in larga prevalenza di proletari maschi - un bel gesto simbolico a cui va data consequenzialità negli ulteriori passaggi della lotta.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">È stato un corteo fitto, teso, intenso, molto combattivo.<br /><br />Nel quale le svariate migliaia di dimostranti hanno espresso tutta la rabbia che il decreto-Salvini ha suscitato in loro e denunciato l'intera politica del governo Lega-Cinquestelle, attaccata dagli speaker del corteo per il suo globale carattere anti- proletario.<br /><br />Al centro, dall'inizio alla fine, c'è stato il tema dell'unità tra i lavoratori immigrati e i lavoratori italiani, la comunanza di interessi, di bisogni, di prospettive tra tutti gli sfruttati.<br /><br />"Solo due razze, sfruttati e sfruttatori", così uno striscione srotolato da un balcone a metà del percorso, ha sintetizzato il messaggio del corteo.<br /><br />Gli slogan gridati hanno aggiornato e arricchito quelli del 24 febbraio.<br /><br />Il classico "chi tocca uno, tocca tutti", è stato ritmato prima sul lavoratore immigrato, poi sul lavoratore italiano; e sono stati ricordati i licenziati FCA di Pomigliano, colpiti da fogli di via e però egualmente, in altro modo, presenti.<br /><br />Energica è stata anche, in alcuni interventi, la denuncia della dominazione imperialista sui paesi del Sud del mondo, delle guerre e del saccheggio neo- coloniale che hanno tra i loro effetti l'emigrazione forzata di massa.<br /><br />E non è mancata neppure la critica alla funzione anti-operaia dello stato e al sistema capitalistico in quanto tale, sia nei testi distribuiti dai collettivi politici e dalle organizzazioni internazionaliste presenti, che negli interventi dei compagni del SI Cobas.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La solidarietà arrivata alla manifestazione da organismi sindacali e politici operanti in Germania, nel Regno Unito, in Francia è un altro elemento significativo che rivela il maturare in tutta Europa della necessità di dare una risposta di classe coordinata, unitaria alle politiche razziste sempre più aggressive di tutti i governi europei.<br /><br />Ed è un altro aspetto della indiscutibile crescita quantitativa e qualitativa che la manifestazione di sabato segna rispetto a quella di febbraio.<br /><br />Il 26 ottobre, uno sciopero ben riuscito nella logistica e in alcuni settori dei trasporti e del pubblico impiego, con diversi cortei cittadini partecipati anche da studenti. Il 27 ottobre, l'ancor più riuscito corteo di Roma: il primo corteo nazionale contro il governo "fasciostellato senza se e senza ma", nel quale sono stati sempre appaiati nella denuncia Salvini e Di Maio, gratificati di sonori cori di "vaffanculo".</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />E ora?</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Ora - ripetiamo ciò che abbiamo detto in modo telegrafico al comizio finale - si tratta di guardare avanti e pensare in grande.<br /><br />Il SI Cobas può rivendicare con orgoglio il cammino percorso negli ultimi dieci anni, dalle prime lotte in singoli magazzini alla capacità di coinvolgere una importante minoranza attiva multinazionale dei proletari della logistica, trascinando dietro di sé anche altri organismi sindacali dai tratti non proprio coincidenti con quelli di un combattivo sindacalismo</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">classista.<br /><br />E può rivendicare in aggiunta il ruolo di supplenza politica svolto negli ultimissimi anni nel sollecitare una risposta politica militante alla guerra in atto contro gli emigranti e gli immigrati.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Una supplenza che è stata svolta in controtendenza rispetto alla decomposizione di una "estrema sinistra" capace solo di diffondere un sentimento di sconfitta e disarmo o, peggio, di prospettare un arruolamento nazionalistico rovinoso per gli sfruttati.<br /><br />E però né il SI Cobas, né noi che siamo stati politicamente solidali con tale cammino di lotta, possiamo attardarci a guardare indietro.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />L'aggressione dei grandi poteri transnazionali del capitale (il FMI, le multinazionali, le Borse, l'Unione europea, la BCE, la NATO), della classe capitalistica nazionale e del suo governo Lega-Cinquestelle è talmente sistematica e dura che non possiamo fermarci neppure un istante.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Bevuto in allegria un buon bicchiere di rosso alla nostra salute (chi non è astemio), dobbiamo guardare avanti.<br /><br />Prime contraddizioni si stanno aprendo tra la demagogia "populista" e "sovranista" dell'esecutivo e settori del suo elettorato "popolare" e specificamente proletario.<br /><br />Il TAP si deve fare, lo pretendono gli Stati Uniti di Trump per ridurre la dipendenza dell'Italia dalle forniture di gas russe, lo vogliono l'ENI, la BP, la Enagas, la Axpo, chi se ne frega degli abitanti di Melendugno anche se hanno votato 5S.<br /><br />Stessa storia per l'Ilva, i suoi dipendenti e la salute dei cittadini comuni di Taranto: cosa volete che contino, per Di Maio e i suoi soci di governo, davanti agli interessi di Arcelor-Mittal e alle "raccomandazioni" dell'UE?<br /><br />In precedenza a Ventimiglia e a Catania, in seguito a Riace e a Lodi, ci sono state proteste contro l'infame politica di Lega-Cinquestelle verso gli emigranti e gli immigrati.<br /><br />Mentre a Verona e in altre città cortei e assemblee di donne molto partecipati denunciavano il disegno di legge Pillon, l'ennesimo tentativo di vanificare la legge 194 e il ritorno in campo di una concezione della famiglia propria dell'epoca fascista.<br /><br />Insomma, il "governo del popolo" inizia a mostrare la sua vera funzione di governo del capitale, dei grandi, medi e piccoli padroni del nord e del sud, di vecchia e nuova formazione - qui stanno le sue maggiori difficoltà, nel riuscire a contemperare gli interessi conflittuali di questi ambiti -, assai ben collegato con i grandi interessi capitalistici transnazionali (quelli dei boss gringos per primi).</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Se si ha presente questo quadro, non si può considerare un caso l'oscuramento mediatico del corteo di Roma, che è stato la più rilevante delle proteste anti-governative fino ad oggi.<br /><br />Nello stesso giorno e nella stessa Roma, l'iniziativa di qualche decina di aderenti a Casa Pound è stata amplificata al massimo su tutti i giornali e tutte le tv, mentre svariate migliaia di rumorosi manifestanti sono stati totalmente oscurati dalla "libera informazione", dopo essere stati opportunamente fotografati e schedati, se immigrati uno per uno, dalla polizia, che è stata presente poi con ingenti forze lungo tutto il percorso del corteo.<br /><br />Per i poteri costituiti il potenziale magnetico di questo movimento di lotta è pericoloso, e va perciò occultato.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Anche questa circostanza ci suggerisce di rivolgerci con la massima determinazione all'insieme della classe lavoratrice, ai movimenti di lotta in campo (a cominciare da quello delle donne) e a quella larga parte degli studenti che non appartiene alle classi proprietarie e parassitarie, e il cui futuro è tutta un'incognita.<br /><br />Il disfacimento della vecchia sinistra, l'allineamento di Cgil-Cisl-Uil al primato degli interessi delle singole aziende e dell'azienda-Italia, il pressoché totale mantenimento da parte del nuovo governo del Jobs Act e delle altre misure anti-proletarie varate negli ultimi decenni (altro che "governo del cambiamento"), aprono un grande spazio a un intervento politico e sindacale incardinato su linee di classe.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />Pensare in grande significa, per noi:</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />1) non accontentarci di quanti già si riconoscono in quell'embrione di opposizione di classe che si è radunato sabato scorso per le vie di Roma e ha iniziato a serrare le proprie fila, puntare alla massa dei salariati, ai milioni di proletari e proletarie precari e non necessariamente precari, organizzati e non organizzati, giovani anzitutto ma anche meno giovani, al momento pieni di illusioni verso il governo o una "diversa Europa", o sfiduciati e resi passivi dalla politica del fu-riformismo.<br /><br />Puntare al massimo sviluppo della conflittualità sui luoghi di lavoro al di là della logistica contro il brutale sfruttamento del lavoro in corso in tutti i comparti della produzione e dei servizi, e fuori dai luoghi di lavoro contro la distruzione del welfare, la repressione, l'acutizzazione dell'oppressione sulle donne, l'ulteriore devastazione dei territori, etc.<br /><br />Lavorare affinché la conflittualità già in atto e quella a venire confluisca in un fronte unico proletario anti-capitalista di massa, con l'obiettivo di modificare i rapporti di forza sui luoghi di lavoro e nella società, e far cadere questo governo reazionario dalla piazza;</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />2) portare a questa forte ripresa della conflittualità sociale che immancabilmente ci sarà, il contributo di un programma unificante che rivendichi la totale parità di condizioni salariali, normative e di welfare tra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati e la piena regolarizzazione di tutti gli immigrati e le immigrate presenti sul territorio europeo attraverso il permesso di soggiorno unico europeo incondizionato (temi da portare con forza nella manifestazione del 10 novembre); che riproponga all'intera classe lavoratrice la prospettiva della lotta per la riduzione drastica, generalizzata, incondizionata della giornata lavorativa (a parità di salario) e per il lavoro socialmente necessario; che opponga alla realtà sempre più soffocante del debito che grava sugli sfruttati, la rivendicazione dell'annullamento del debito di classe, costituito dal debito di stato, da quello privato con le banche e gli usurai singoli, e da quello estero che strangola miliardi di sfruttati del Sud del mondo, ed è tra le cause primarie delle emigrazioni internazionali; un programma in cui sia pienamente inclusa la lotta contro la violenza di genere, per l'autodeterminazione riproduttiva, contro il supersfruttamento sui posti di lavoro e la mercificazione dei corpi, obiettivi rivendicati da milioni di donne nel mondo.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />3) puntare a moltiplicare i collegamenti internazionali con le molteplici resistenze a un corso della politica e dell'economia mondiale che non è certo soltanto italiano.<br /><br />L'avvento del governo Salvini-Di Maio è solo la concrezione italiana dell'avvento a scala mondiale di un nazionalismo sempre più aggressivo, a partire dagli Stati Uniti d'America.<br /><br />Un nazionalismo che veste i panni "populisti" e "anti-sistema" per cercare di trascinare dietro di sé la parte più ampia possibile delle masse lavoratrici in una corsa sfrenata alla ri-spartizione del mercato mondiale.<br /><br />L'ordine internazionale sancito dalla seconda guerra mondiale è morto e sepolto.<br /><br />Una nuova, devastante recessione globale si avvicina a passi sempre più veloci.<br /><br />E le borghesie dei singoli paesi imperialisti, tra esse quella italiana, si stanno attrezzando alle emergenze in arrivo cercando di spezzare preventivamente i legami tra lavoratori autoctoni e immigrati con l'arma del razzismo di stato, e i legami tra i lavoratori dei diversi paesi con l'intensificazione della concorrenza e dello sciovinismo.<br /><br />Potremo opporci in modo efficace a questo corso dell'economia e della politica mondiale solo lavorando con metodo per un fronte unico proletario anti-capitalista, internazionale e internazionalista.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br />La prima concreta occasione che si presenta è quella offerta dal prossimo incontro di Stoccolma sul coordinamento delle lotte nella logistica, nel quale i compagni del SI Cobas avranno molto da dare; ma anche i recenti scioperi europei in Amazon e Ryanair provano che l'internazionalizzazione e l'unificazione della contrattazione collettiva non è un sogno da idealisti fuori dal mondo, ma - giusto il contrario - una vitale necessità materiale che deriva dalla realtà di doversi battere contro aziende che sono globali.<br /><br />Un altro terreno da percorrere con convinzione sulla base dei contatti già avviati, è quello di una iniziativa contro il razzismo di stato alla scala europea che raccolga e si sforzi di centralizzare le molteplici proteste che si sono verificate negli ultimi mesi a scala continentale nei confronti della politica di Fortress Europe e delle discriminazioni razziali ai danni degli immigrati, ed esprima la solidarietà più incondizionata alle lotte operaie, contadine, sociali degli sfruttati del Sud del mondo, a cominciare da quelle in corso in Africa contro l'assalto neo-coloniale in atto.</span></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #686868; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<div>
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La manifestazione di Roma di sabato scorso, e l'attività politica e sociale che sta dietro ad essa, ci sollecitano a guardare avanti con fiducia e a pensare in grande, a nuovi e più alti traguardi - ma il più resta da fare.</span></span></div>
<div>
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Marghera, 29 ottobre</span></span></div>
<div>
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b style="font-weight: bold;">Il cuneo rosso</b></span></span></div>
<div>
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Piazza Radaelli 3, Marghera - <span id="cloakbbcd164b81405f45ff0bf1178683a1ee"><a href="mailto:com.internazionalista@gmail.com" style="color: #e10a30; text-decoration: none; transition: all 0.3s ease 0s;">com.internazionalista@gmail.com</a></span></span></span></div>
</div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-46832676798767063852018-10-28T23:19:00.000+01:002018-10-28T23:33:09.685+01:00Il 27 ottobre, manifestazione a Roma contro il governo Lega-Cinquestelle, senza se e senza ma (Il Pungolo Rosso)<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Fonte: <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/10/25/il-27-ottobre-manifestazione-a-roma-contro-il-governo-lega-cinquestelle-senza-se-e-senza-ma/" target="_blank">Il Pungolo Rosso</a>, 25/10/2018</span></span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Il Cuneo rosso – Gruppo comunista rivoluzionario – Pagine marxiste</b></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-UqOrjO3ip98/W9Y42PksMpI/AAAAAAAAY3M/ZCLOkVDsjpwn7Vp8-enVFF43hY3zJv3lQCLcBGAs/s1600/manifestazione%2BRoma%2B27%2Bottobre%2B2018.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="189" data-original-width="267" src="https://3.bp.blogspot.com/-UqOrjO3ip98/W9Y42PksMpI/AAAAAAAAY3M/ZCLOkVDsjpwn7Vp8-enVFF43hY3zJv3lQCLcBGAs/s1600/manifestazione%2BRoma%2B27%2Bottobre%2B2018.jpg" /></a></div>
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Alla prospettiva dei “sovranisti” di destra e di sinistra, </b><b>che è catastrofica per i lavoratori di tutto il mondo, contrapponiamo </b><b>il fronte unico proletario anti-capitalista, internazionale e internazionalista!</b></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Dalla sua nascita fino ad oggi, il governo Lega-Cinquestelle gode di
un largo consenso popolare. Ha saputo accreditarsi come un governo che
sa affrontare a muso duro i “poteri forti”, anzitutto l’UE. Un governo
che comincia finalmente a restituire ai lavoratori qualcosa di ciò che è
stato loro rapinato in trenta e più anni di “austerità neo-liberista”
targata centro-destra e centro-sinistra. La decisione di “tirare dritto”
dopo che Bruxelles ha bocciato la finanziaria per il 2019 rafforza
questa immagine. La rafforza anche tra le organizzazioni politiche e
sindacali della sinistra non (ancora) parlamentare, per le quali il
governo Salvini-Di Maio sarebbe addirittura un governo “progressista” da
sostenere nel suo conflitto con i suddetti “poteri forti”, o rispetto
al quale restare neutrali.</span></span></div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Si tratta di un <i>colossale abbaglio</i>, se ci riferiamo ai lavoratori comuni, di una <i>canagliata</i>, se ci si riferisce a ex-militanti di sinistra. <span id="more-5352"></span>Il “sovranismo”, il <i>nazionalismo “populista”</i>,
in nome del quale il governo in carica conduce la sua politica sul
modello-Trump, è una prospettiva catastrofica per i lavoratori. Perché
si basa su una ricetta – “Prima gli italiani”, “America First”, “Prima i
francesi”, etc. – che spinge gli sfruttati gli uni contro gli altri in <i>una concorrenza al ribasso da cui hanno tutto da perdere</i>. Incluse la libertà di lottare per sé, la dignità e, a tempo debito, la vita.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Del resto, se si hanno gli occhi per vedere, il primo importante provvedimento di questo governo, il <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/10/05/decreto-salvini-regali-a-padroni-e-mafiosi-bastonate-per-chi-lotta-rispondiamo-in-massa-il-27-ottobre-a-roma/" rel="noopener" target="_blank"><i>decreto-Salvini</i></a>, parla chiaro. Anzi, chiarissimo. Perché:</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<ol style="text-align: justify;">
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Costringe centinaia di migliaia di richiedenti asilo e di lavoratori
immigrati a restare senza permesso di soggiorno, condannandoli al
super-sfruttamento e alla povertà;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Colpisce le lotte per la casa e le lotte operaie, in particolare
quelle dei facchini della logistica, introducendo pene durissime contro
gli occupanti di case e gli autori di blocchi stradali, e con ciò cerca
di intimidire ogni futuro movimento;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Regala alle organizzazioni mafiose la possibilità di riacquistare i
beni loro sequestrati e mette nelle loro mani un altro po’ di immigrati
privi di tutto da usare e buttare all’occorrenza.</span></span></li>
</ol>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Noi saremo in piazza il 27 ottobre a Roma anzitutto <i>contro questo decreto e la politica razzista del governo Lega-Cinquestelle</i>
che con i mezzi più infami cerca di scagliare i proletari italiani
contro i proletari immigrati, per favorire, con la loro divisione, il
massimo sfruttamento degli uni e degli altri da parte delle imprese,
legali e “illegali”, di ogni tacca. “Prima gli italiani”? (sottinteso: i
più bisognosi tra gli italiani). Macchè. Prima i capitalisti, i
palazzinari, le false cooperative, i “poteri forti” (a proposito…) della
logistica e della malavita organizzata! E poco importa se sono italiani
o stranieri, dal momento che proprio sotto questo governo, il
capitalismo <i>made in the USA</i> sta facendo man bassa di imprese –
ultime il Milan, la Versace e la Magneti Marelli. E, si badi bene sempre
a proposito di “poteri forti”, l’UE non ha fatto alcuna obiezione al
decreto-Salvini perché condivide in pieno la guerra senza tregua agli
emigranti e agli immigrati di cui si vanta il governo fasciostellato,
che è una guerra a <i>tutti </i>gli sfruttati – prima lo comprendiamo, meglio è.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ma il 27 ottobre saremo in piazza a Roma anche <i>contro la “politica sociale” della banda Salvini-Di Maio</i>.
Perché, nonostante l’assordante battage propagandistico su altri temi,
gli elementi centrali di tale politica sono: la sostanziale conferma
delle infinite agevolazioni fiscali al grande capitale varate dai
governi precedenti; il largo condono a padroncini, commercianti e
professionisti evasori (del resto, la Lombardia, terra di insediamento
storico della Lega, “è la<a href="https://milano.repubblica.it/cronaca/2018/10/23/news/lombardia_evasione_fiscale_allarme_procuratore_greco-209772293/" rel="noopener" target="_blank"> terra degli evasori</a>“,
lo ha certificato il procuratore di Milano, Greco); l’abbassamento
dell’aliquota fiscale per le nuove imprese fino al 5% per 5 anni, mentre
la tassazione minima dei salari operai resta al 23%, quindi aumenta il<i> fiscal drag</i>. E per il biennio 2020-2021 sono previsti l’aumento dell’Iva e altri capitoli della <i>flat tax</i>, di cui curiosamente nessuno parla. Questa politica fiscale ha un inequivocabile segno <i>di classe pro-capitalista</i>.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il reddito di cittadinanza e l’uscita pensionistica anticipata hanno forse un segno opposto? No.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il “reddito di cittadinanza”, giustamente ridenominato da più parti<i> reddito di sudditanza</i>,
è un amo avvelenato. Come in Germania le misure dell’Hartz IV su cui è
modellato (al ribasso), darà qualcosa (si vedrà quanto, probabilmente un
obolo), a tempo (si vedrà per quanto tempo), a un po’ di persone in
difficoltà (si vedrà a quante); ma lo fa con lo scopo di rendere i
precari, specie i giovani, sempre più ricattabili costringendoli ad
accettare qualsiasi tipo di lavoro e in qualsiasi luogo, perché se non
l’accettano, perdono anche il sussidio. Con 780 euro come tetto massimo,
<i>si istituzionalizza la povertà</i>, altro che abolizione della
povertà! Servirà semmai a normalizzare il lavoro al nero e il lavoro
gratuito obbligatorio, cioè proprio quei rapporti di lavoro che
mantengono le persone nella povertà o a rischio di povertà. E in
sovrappiù creerà <i>un controllo statale soffocante sui più poveri</i>,
minacciati dal giustiziere Di Maio di beccarsi fino a 6 anni di carcere
se faranno spese “immorali” (gli indigenti, si sa, sono sempre inclini
all’immoralità, a differenza dei benestanti, morali per definizione).
Evidentemente, non gli bastava avere reintrodotto i voucher tanto cari a
Renzi&Co., altra efficacissima misura anti-povertà…</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La stessa “quota 100” per andare in pensione <i>servirà più alle imprese che ai lavoratori</i>:
perché mentre la pensione dei lavoratori sarà tagliata, da un minimo
dell’8% fino al 21%, le imprese potranno sostituire i pensionati, se li
sostituiranno, con stagisti e precari che a loro costeranno molto di
meno. Tria ha confessato che molti imprenditori gli hanno raccomandato
questo provvedimento per ridurre i costi del personale e aumentarne la
produttività. Per non parlare del fatto che, molto probabilmente,
l’esodo maggiore sarà dal pubblico impiego (i medici anziani in prima
fila), e poiché non sono previste nuove assunzioni (salvo che nella
polizia), si produrrà un peggioramento dei servizi, specie nella sanità
pubblica.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">C’è poi una questione fondamentale: una volta di più, a pagare le
spese per le mancate entrate del condono agli evasori, per gli incentivi
alle imprese, per il reddito di sudditanza e le pensioni anticipate
sarà <i>l’insieme dei lavoratori</i>. Come? Con l’aumento del debito di stato – che è un <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2015/07/01/il-debito-di-stato-e-un-debito-di-classe-per-questo-va-disconosciuto-e-annullato/" rel="noopener" target="_blank">debito di classe</a> fatto dai capitalisti e dallo stato per proteggere gli interessi del capitale, ma <i>pagato dagli operai e dai salariati</i>.
Solo nel 2017, lo stato ha pagato ai suoi creditori, che non sono di
sicuro dei nullatenenti, 65 miliardi di euro di interessi! – una valanga
di euro che ha riempito le casseforti delle banche e svuotato le tasche
dei lavoratori.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">L’UE, il FMI, la Confindustria fanno delle critiche al governo perché
pretenderebbero misure anti-operaie ancora più drastiche. L’UE in
particolare fa pressione su Roma anche perché teme che il piano
nascosto del governo italiano sia quello di far saltare in aria l’euro.
Salvini&Di Maio resistono in parte a questa pressione – meno di
quanto le loro roboanti dichiarazioni fanno credere – perché sanno che
tra i lavoratori a cui hanno promesso mari e monti, c’è un enorme
malcontento che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Per questo
preferiscono <i>rinviare la stangata violenta</i> a maggio-giugno
2019. La nuova manovra lacrime e sangue è pronta nei loro cassetti. Il
più fesso della compagnia, Conte, l’ha ammesso in tv la sera del 22
ottobre: nel caso ci siano difficoltà di bilancio, ha assicurato, faremo
una manovra correttiva che comporterà <i>sacrifici</i>. Ha detto proprio così: <a href="https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwiKkp78kaHeAhWQmbQKHUjGCVgQFjAAegQIAhAB&url=http%3A%2F%2Fwww.ilgiornale.it%2Fnews%2Fpolitica%2Fmanovra-conte-se-arriva-bocciatura-valuteremo-insieme-allue-1591256.html&usg=AOvVaw1zavNghq-g8OErFNdG5CNu" rel="noopener" target="_blank"><i>sacrifici</i></a>.
Facendo ricomparire il tema-chiave, la lugubre parola-chiave degli
ultimi trent’anni. Più abile, Salvini, ha detto la stessa cosa in modo
accorto: nel caso ci siano difficoltà, “<i>non faremo alcuna patrimoniale</i>“,
cioè non toccheremo i miliardari e i milionari. Ma se non saranno
toccati i capitalisti e i superparassiti, chi pagherà il conto ai
creditori-avvoltoi dello stato? Lo stesso Bannon, il consigliori yankee
del governo, ha avvertito i suoi assistiti: dovete tener conto dei
“mercati”, a cominciare dai tre colossi finanziari statunitensi che
hanno nelle loro mani la Borsa di Milano (e 3/4 del governo). Il
ragionier Tria garantisce che se ne terrà conto: nel caso, promette,
taglieremo le spese. Le spese <i>sociali</i>, si capisce (per intanto
già sono stati tagliati 100 milioni alla scuola, il resto verrà). A
nessuno di costoro può venire in mente la soluzione proletaria: <i>disconoscere il debito di stato</i>!</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Insomma: se il FMI, l’Unione europea, le Borse sono <i>nemici giurati dei lavoratori</i>,
lo è altrettanto questo governo di razzisti, repressori, truffatori e
bari che ha con loro qualche attrito, ma non certo nell’interesse dei
lavoratori. Saremo in piazza a Roma il 27 ottobre contro FMI, UE e
Borse, ma anche contro la demagogia e il “populismo” di questi
travestiti da Robin Hood che operano per scagliare lavoratori italiani
contro altri lavoratori italiani, lavoratori italiani contro lavoratori
immigrati e contro lavoratori degli altri paesi europei, della Cina e
degli altri continenti, in una spirale di competizione e di scontro che
preannuncia, oltre le guerre commerciali, guerre vere e proprie di
inimmaginabile distruttività.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">A proposito di “poteri forti”, vi dice qualcosa la parola NATO?
Ebbene, noi che ne ricordiamo la potenza e il suo storico ruolo
criminale, saremo in piazza contro questo governo <i>che chiude i suoi porti agli emigranti e li spalanca alla NATO</i>,
facendo propri i progetti statunitensi di guerra nel Mediterraneo.
Contro questo governo che aumenta la spesa militare e intensifica
l’aggressione ai popoli dell’Africa e del Medio Oriente. E fa del
militarismo, della repressione delle lotte sociali, e dell’autoritarismo
nelle scuole, nelle città, nei luoghi di lavoro, la sua bandiera.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Saremo in piazza contro questo governo fascioleghista che un passo dopo l’altro ha aperto <i>una guerra reazionaria contro le donne</i>,
il loro diritto al lavoro extra-domestico, il loro diritto
all’autodeterminazione e all’aborto assistito; che avalla la violenza
domestica, riproponendo una concezione della famiglia ripresa dalla
tradizione fascista così cara al ministro “competente” in materia. Un
governo che è spietato con le donne che emigrano dall’Africa,
consegnandole nelle mani degli aguzzini dei campi di concentramento in
Libia, Niger, etc.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><i>Saremo in piazza il 27 a Roma contro questo governo anti-ecologico </i>che,
fregandosene del tutto della messa in sicurezza dei tanti territori
fragili di cui è costellata la penisola, rilancia le “grandi opere”
utili solo alla grande corruzione di stato e ai profitti delle grandi
imprese; che è il governo del sì-Tap, sì Ilva (senza nessuna seria
protezione degli operai e dei cittadini di Taranto), e anche,
probabilmente, del sì-Tav; il governo sotto il quale sta crescendo – nel
silenzio generale – la massa degli infortuni e dei morti sui luoghi di
lavoro.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Mentre alcune componenti della sinistra “estrema” e del sindacalismo
di base, chi più chi meno, ricercano con questo governo un dialogo da
collaboratori subalterni, il SI Cobas ha osato chiamare alla<i> lotta contro di esso senza se e senza ma</i>.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Le giornate del 26 e del 27 ottobre danno un nuovo significato, una
nuova efficacia agli stessi scioperi generali autunnali del sindacalismo
di base, che fino a qualche anno fa erano quasi sempre relegati a una
sterile, autoreferenziale testimonianza dei cicli di lotta passati ed
esauriti. Questo avviene anzitutto grazie alle lotte e alle
mobilitazioni di nuove generazioni di operai, in larga parte immigrati.
Il fatto che la quasi totalità del sindacalismo di base (CUB, SI Cobas,
Adl Cobas, Slai, USI, Sgb) abbia indetto uno sciopero generale per il 26
ottobre, mentre Cgil-Cisl-Uil restano ferme a guardare le manovre del
governo, è indicativo di <i>una chiara scelta di campo</i>: da un lato
chi non intende piegarsi allo stato di cose esistente e che, come ieri
chiamava alla mobilitazione contro i governi a guida PD, oggi fa
altrettanto contro le politiche reazionarie di Lega e 5 stelle;
dall’altro chi, come i vertici di Cgil-Cisl-Uil-Ugl, si piega in maniera
servile davanti alle esigenze padronali (vedi il cosiddetto “patto
della fabbrica” siglato nel marzo 2018), e concede anche al governo
Lega-Cinquestelle una tregua a tempo indeterminato. Anche i vertici
dell’Usb si guardano bene dal proclamare una sola ora di sciopero contro
il governo, pur di lasciare aperta la porta alla possibilità (tanto
inquietante quanto delirante) di proporsi come sponda politico-sindacale
al governo Conte – gli esiti disastrosi di tale decisione sono stati
già visibili nella vertenza-Ilva a Taranto, suggellata da un referendum
in cui, senza una sola ora di sciopero, padroni e sindacati firmatari
hanno estorto alla maggioranza degli operai un “SI” con la pistola
puntata alla tempia.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">A fronte di questa chiara divisione dei campi le realtà politiche che
si richiamano all’anticapitalismo e all’internazionalismo sono
chiamate, tutte, a <i>schierarsi in maniera altrettanto chiara</i>.
Laddove, come oggi, è in gioco l’agibilità delle lotte e lo stesso
diritto di sciopero, richiamarsi a un’astratta unità “di tutti” facendo
finta di non vedere la profonda divaricazione di contenuti, di percorsi,
di pratiche e di prospettiva che oggi attraversa tanto il movimento
sindacale quanto il campo degli attivisti politici, significa assumere
una condotta opportunista che non aiuta lo sviluppo di un fronte di
lotta più ampio. Il <i>necessario ampliamento del fronte di lotta</i>
non può passare attraverso gli appelli a mini-burocrati sindacali e
mini-capi politici che non ne vogliono assolutamente sapere di lottare
contro il governo e contro il padronato, ma attraverso il coinvolgimento
e l’attivizzazione di contingenti sempre più vasti di proletari e di
giovani oggi disorientati e passivi. Benvenute dunque le giornate di
lotta del 26 e del 27 ottobre che non saranno affatto, come scrive
qualche mascalzone, delle entità invisibili.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Anzi, è proprio grazie alla spinta che viene dalle mobilitazioni
operaie di questi anni con in prima fila i proletari immigrati, e alla
spinta che viene dai primi scioperi internazionali, dalle lotte operaie,
contadine e popolari del Sud del mondo (dalle indomite masse
palestinesi per prime), da imponenti manifestazioni antirazziste come
quella del 13 ottobre a Berlino e da non meno imponenti cortei di donne
in lotta, è giunto il momento di iniziare a lavorare con determinazione,
in modo sistematico, per la rinascita di un’organizzazione
internazionalista rivoluzionaria degli sfruttati che sia all’altezza dei
tempi, e precorra e accompagni la nascita di un nuovo movimento
proletario.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Siamo oggi in un <i>passaggio-chiave della situazione economica e politica internazionale</i>.
Con l’avvento di Trump e dei suoi alla Casa Bianca la competizione
inter-capitalistica e inter-imperialista si è violentemente acutizzata. E
si acutizzerà ancora di più se gli Usa attueranno per davvero la
denuncia dei trattati militari con la Russia. È evidente, poi, che
Washington, mentre lavora a indebolire e disgregare l’Unione europea, si
prepara a urti sempre più frontali con la Cina.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La grande crisi del 2008 è stata parzialmente “superata” solo con
mezzi che hanno gettato le basi per una crisi di proporzioni ancora più
devastanti che appare ormai all’orizzonte, e darà il colpo definitivo al
vecchio ordine politico internazionale. In questo contesto, le
politiche “populiste” e “sovraniste”, cioè <i>nazionaliste</i>, di
destra e di sinistra, che promettono l’uscita dalla crisi dei singoli
paesi attraverso politiche “espansive” costituiscono una <i>grande, tragica truffa</i>
che serve solo a tentare di compattare i lavoratori di ogni nazione
dietro i propri sfruttatori nell’illusione di salvare la pelle.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Viceversa è questo il modo più sicuro per perderla. La storia dice
che il percorso su cui è avviato il capitalismo globale è un percorso
obbligato, dettato dalle sue ferree leggi interne che a nessun
governante è dato di rovesciare. E la posta in gioco nel caos attuale <i>non è </i>il destino dell’Italia o dell’euro (come i sovranista di destra e di sinistra vorrebbero far credere); <i>è il destino delle masse sfruttate e oppresse di tutto il mondo</i>. Che si trovano sempre più davanti a <i>un’alternativa radicale che esclude terze vie</i>:
o lasciarsi triturare dalla violenta dinamica di decomposizione, dai
crescenti conflitti del sistema capitalistico, fungendo da carne da
macello dei rispettivi capitalismi nazionali; o regolare i conti
definitivamente con questo sistema oramai marcio, e aprirsi la strada
con la lotta rivoluzionaria, verso una nuova formazione sociale fondata
sul possesso e l’uso collettivo dei mezzi di produzione comuni, senza
padroni né sfruttati, senza concorrenza tra lavoratori, libera da ogni
tipo di discriminazione fondata sulla nazionalità, sulla “razza”, sul
genere.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La battaglia senza se e senza ma contro il governo Salvini&Di
Maio e contro ogni forma di servile collaborazione con esso, o di
altrettanto colpevole neutralità, <i>sta tutta dentro questo quadro di scontro di classe globale</i>.
E a deciderne l’esito non saranno certo le elezioni: né quelle locali,
né quelle europee. Sarà solo ed esclusivamente il massimo sviluppo della
lotta di classe degli sfruttati, italiani e immigrati, giovani e meno
giovani.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">I tempi e i modi dello scoppio su grande scala del conflitto di
classe sono imprevedibili. Non lo sono, invece, i punti caratterizzanti
di un programma politico adeguato alle contraddizioni esplosive dei
nostri giorni e necessario per dar vita al fronte unico proletario
anticapitalista e internazionalista:</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<ul style="text-align: justify;">
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La battaglia contro le politiche e le ideologie razziste promosse
dal governo Lega-Cinquestelle e dall’UE, per l’unità nella lotta tra
proletari autoctoni e immigrati sulla base di una piena ed effettiva
parità di trattamento, per la regolarizzazione immediata di tutti gli
immigrati costretti alla irregolarità, per il permesso di soggiorno
unico europeo incondizionato a tutti gli immigrati residenti in
territorio europeo e a chiunque sbarca sulle coste italiane ed europee
in fuga dalle <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/" rel="noopener" target="_blank">guerre e dalla miseria provocate dai poteri neo-coloniali</a>;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La lotta per forti aumenti salariali egualitari, sganciati dalla
produttività e dalla redditività delle imprese, che consentano di
recuperare il potere d’acquisto perduto nell’ultimo ventennio, e per il
salario pieno (il salario medio operaio) garantito a precari e
disoccupati finanziato con un prelievo fiscale sulla classe
capitalistica;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La lotta per la riduzione drastica, generalizzata, incondizionata
dell’orario di lavoro (a parità di salario), e per il lavoro socialmente
necessario, che è l’unica soluzione alla triplice dissipazione di
energia vitale degli uomini e della natura, nel super-sfruttamento del
lavoro, nella disoccupazione e precarietà di massa, nel saccheggio delle
risorse naturali – e come mezzo di contrasto alla crescita delle morti
sul lavoro;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La lotta per spezzare l’<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/07/09/la-spina-nel-fianco-generi-e-capitalismo-una-contraddizione-non-risolvibile-dal-capitale/" target="_blank">oppressione di genere</a>,
base fondante del sistema capitalistico, con la sua sistematica
violenza, discriminazione, supersfruttamento e svalorizzazione della
forza-lavoro e del corpo delle donne, e per opporsi alla demolizione del
welfare e all’ideologia familista e reazionaria tipica del governo
Lega-Cinquestelle (e non solo);</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La lotta contro il sistema bancario per l’annullamento del debito di
stato in quanto debito di classe, un vero e proprio cappio al collo
degli operai, dei precari, dei disoccupati, come si è visto pure in
questo frangente. Una lotta che va collegata e coordinata a livello
internazionale alla denuncia dell’indebitamento privato e del debito
estero che sta strangolando i lavoratori dei paesi del Sud del mondo, ed
è tra le cause primarie delle migrazioni internazionali;</span></span></li>
<li><span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La lotta contro il montante militarismo, a cominciare dalla denuncia
della riconfermata fedeltà dell’esecutivo Salvini&Di Maio alla NATO
e ai suoi obiettivi di guerra nel Mediterraneo, in Africa, nel Medio
Oriente e sul fronte russo, per il ritiro immediato di tutte le truppe
di stato italiane e dei contingenti privati militari italiani dislocati
all’estero, per la drastica riduzione delle spese belliche.</span></span></li>
</ul>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>24 ottobre 2018</b></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Il Cuneo rosso – Gruppo comunista rivoluzionario – Pagine marxiste</b></span></span></div>
Attilio Follierohttp://www.blogger.com/profile/14161459019965243695noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-30141105957384628552018-08-07T17:58:00.002+02:002018-12-04T09:31:21.056+01:00Il nuovo assalto all’Africa e la “crisi migratoria” in Europa (Pungolo Rosso)<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal Pungolo Rosso</b></span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/" style="font-family: Verdana, sans-serif;" target="_blank"><b>https://pungolorosso.wordpress.com/</b></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">
<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"></em></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-KZpXmqAGQ9M/W4BSnWVoX8I/AAAAAAAAXzs/czMXkCLFYB0qxIak8o5RR1h9cG_5Wx3AQCLcBGAs/s1600/pungolo%2Brosso.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="182" data-original-width="336" height="108" src="https://4.bp.blogspot.com/-KZpXmqAGQ9M/W4BSnWVoX8I/AAAAAAAAXzs/czMXkCLFYB0qxIak8o5RR1h9cG_5Wx3AQCLcBGAs/s200/pungolo%2Brosso.jpg" width="200" /></a></em></span></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nei giorni in cui in Puglia perdono la vita sul lavoro quindici braccianti africani, torniamo a denunciare il nuovo brutale assalto neo-coloniale all’Africa che è la causa prima di queste sventure, e la macchina di super-sfruttamento del lavoro dei proletari immigrati che funziona qui notte e giorno protetta da tutte le istituzioni dello stato, e per primo dall’infame governo Lega-Cinquestelle.</em></div>
</em><div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><div style="text-align: justify;">
<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’Italia è in prima fila in questo nuovo assalto all’Africa, in feroce competizione con gli altri banditi europei, e sta utilizzando una “crisi migratoria” in larga parte montata ad arte (per quello che riguarda l’Europa), per penetrare il più in profondità possibile con i propri capitali e i propri soldati e servizi segreti in Africa, e per schiacciare e spremere qui ancor più di prima quanti sono stati costretti ad emigrare dall’Africa e da tutto il Sud del mondo.</em></div>
<a name='more'></a></em></span><br />
<div class="content-wrapper clear" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px auto; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline; width: 1110px;">
<div class="content-area" id="primary" style="border: 0px; box-sizing: border-box; float: left; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px 0px 0px 90px; outline: 0px; padding: 60px 0px 0px; vertical-align: baseline; width: 540px;">
<br />
<br />
<article class="post-5293 post type-post status-publish format-standard hentry category-africa category-europa category-immigrazione category-italia category-razzismo tag-governo-lega-5-stelle tag-imperialismo tag-neocolonialismo" id="post-5293" style="box-sizing: border-box; margin: 0px 0px 36px;"><div class="entry-content" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">C’è un silenzio impressionante nella sinistra che si vuole antagonista o addirittura comunista su questi processi. Si ha paura di contrastare il “senso comune” dei proletari sempre più fortemente influenzato dal razzismo di stato, o di creare problemi a un governo che si presume amico o contenente degli amici (!!!). Noi questa paura non l’abbiamo, sicuri come siamo che il governo Salvini-Di Maio è un <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/06/29/lega-5s-un-governo-trumpista-piccolo-ma-pericoloso-contro-cui-lottare-senza-se-e-senza-ma/" rel="noopener" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;" target="_blank">governo anti-operaio al 1000%</a>, sicuri come siamo che i colpi inferti ai proletari immigrati sono inferti all’intera classe lavoratrice (che questo sia compreso oppure no dai singoli lavoratori, e anche dalla loro maggioranza), sicuri come siamo che i bisogni, gli interessi, le necessità, le speranze dei proletari autoctoni e immigrati sono fondamentalmente comuni. Divisi restiamo schiavi, solo uniti possiamo liberarci dal giogo sempre più insopportabile del capitale (nazionale e globale).</span></em></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il testo che pubblichiamo è stato scritto da un compagno del Cuneo rosso per il sito svizzero <a href="http://alencontre.org/" rel="noopener" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;" target="_blank">www.alencontre.org</a></span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">***</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Negli ultimi mesi in Europa è esplosa la “crisi migratoria” sull’emigrazione dall’Africa proprio nel momento in cui questa è ai suoi minimi storici. Per cercare di spiegare questo paradosso, guarderò prima in Africa, poi in Europa e infine all’interazione tra l’una situazione e l’altra.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "verdana" , sans-serif; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">In Africa</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Per quanto riguarda l’Africa, il dato da cui partire è questo: è in corso un nuovo “scramble for Africa”, uno scatenato assalto neo-coloniale alle risorse di minerali, energia, terra, acqua, sole, vento e di esseri umani dell’Africa sia araba che nera. Un <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">nuovo saccheggio </em>in grandissimo stile. <span id="more-5293" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"></span>Con alcune importanti differenze rispetto a quello che fu sancito dalla conferenza di Berlino del 1884-1885:</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">1) Questa volta l’assalto è <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">globale</em> perché l’Africa è il continente che dà più speranze, al capitale globale, di poter realizzare quel supplemento di energico sviluppo dell’accumulazione che appare altrove sempre più difficile da attuare – dopotutto, l’Africa è il solo continente in cui la popolazione, e la potenziale forza-lavoro da sfruttare, continua a crescere a ritmo molto rapido<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn1" name="_ftnref1" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[1]</a>. All’opera, quindi, non sono solo i tradizionali briganti europei, che restano comunque in prima fila. Accanto a loro, le multinazionali statunitensi (gli Stati Uniti sono i primi investitori in Africa per stock di capitale<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn2" name="_ftnref2" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[2]</a>) e le grandi banche e le grandi imprese cinesi, saudite, degli Emirati, indiane, turche. Non a caso gli investissements direct étrangers (IDE) verso l’Africa sono esplosi dai 10 miliardi di dollari circa del 2000 agli oltre 55 miliardi del 2015, facendo di questo continente la seconda destinazione mondiale degli IDE subito dopo la regione Asia-Pacifico.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">2) Ai tavoli della nuova spartizione delle risorse africane sono ammesse stavolta pure le borghesie arabe e nere, allora pressoché inesistenti, che stanno capitalizzando (in parte) a proprio vantaggio il ciclo delle rivoluzioni e delle lotte anti-coloniali, espropriandone il frutto alle classi lavoratrici che le hanno combattute in prima persona.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">3) Data la crisi dell’ordine internazionale uscito dalla seconda guerra mondiale e modificato, poi, dalla catastrofe del “socialismo reale”, dato quindi il grande disordine internazionale del momento, non è prevista né è prevedibile una nuova spartizione formale dell’Africa, alcun “pacifico” accordo tra gli assalitori. Ciò rende l’assalto dei grandi poteri “civilizzatori” ancor più brutale, se fosse possibile, di quello di fine ottocento.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">4) I mezzi dell’assalto neo-coloniale all’Africa sono diventati più sofisticati e diversificati. Certo, sta crescendo in Africa e alle soglie dell’Africa, la presenza militare dei neo-colonizzatori sotto forma di truppe statali e private, basi militari, “consiglieri” dei servizi segreti di mezzo mondo. Ma non si tratta solo di questo, delle guerre scatenate direttamente dall’Occidente e delle guerre civili o di secessione in cui c’è la longa manus delle potenze imperialiste, tra cui l’Italia. Si tratta anche, e direi soprattutto, dello strangolatorio debito estero, che per i paesi dell’Africa sub-sahariana è passato dai 13 miliardi di dollari del 1973 ai 450 miliardi di oggi. Si tratta del <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">land grabbing</em> – oltre il 50% delle terre rapinate con questo metodo nei continenti di colore si trova in Africa, per un ammontare di oltre 30 milioni di ettari (pagati dai 2 ai 10 dollari l’uno…), con una progressione del fenomeno del 1000% in venti anni. Si tratta della trasformazione dell’agricoltura africana, sotto il dominio dell’agribusiness, in un’agricoltura che vive per l’esportazione, non per accrescere la autosufficienza alimentare delle popolazioni locali; delle monoculture intensive imposte a molti paesi africani per la produzione di bio-carburanti, legno, etc.; della vendita sottocosto dei prodotti agricoli statunitensi ed europei sovvenzionati, che mette fuori mercato la produzione agricola locale; della sistematica rapina del pescato africano. Si tratta, poi, dell’organizzazione della tratta di donne da inabissare nella prostituzione (anche in questo caso le catene di comando e i consumatori finali sono qui in Europa e nei paesi più ricchi). E, ancora, del cosiddetto <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">brain drain</em> di laureati africani, medici anzitutto, denunciato vent’anni fa da Coutrot e Husson<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn3" name="_ftnref3" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[3]</a>. Per non parlare del più tradizionale ma non meno devastante saccheggio delle materie prime, nel quale contano oggi più della gomma e dell’oro il petrolio, il gas, il coltan, i metalli rari di cui l’Africa è ricchissima, in certi casi quasi-monopolista per volontà di madre natura. E a tutto ciò si debbono aggiungere gli effetti indiretti sul continente africano dell’iper-sviluppo capitalistico globale, la desertificazione, la siccità, le carestie prodotte dai cambiamenti climatici – di cui l’Africa ha sofferto finora più di ogni altro continente.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Quest’insieme di processi interconnessi sta producendo <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">un movimento migratorio interno all’Africa di proporzioni rapidamente crescenti</em>. È in atto lo svuotamento progressivo delle campagne – con la rovina dell’agricoltura di sussistenza, che tuttora dà da mangiare a un terzo degli abitanti dell’Africa -, e la nascita di enormi megalopoli (la sola Lagos ha 23 milioni di abitanti) e di un gran numero di centri urbani<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn4" name="_ftnref4" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[4]</a>. Appena dieci anni la stragrande maggioranza degli spostamenti migratori dell’Africa avveniva dentro il continente; quelli verso l’Europa erano in aumento, ma restavano abbastanza ridotti se paragonati ai movimenti infracontinentali (vedi la Mappa 7.1)<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn5" name="_ftnref5" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[5]</a>. L’emigrazione africana di massa verso l’Europa era ancora largamente confinata all’emigrazione dai paesi arabi del Nord, mentre l’emigrazione dall’Africa sub-sahariana era molto limitata e composta per lo più da persone con livello di scolarizzazione medio-alto<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn6" name="_ftnref6" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[6]</a>. Nell’ultimo decennio la situazione è fortemente cambiata. Si è intensificato il processo di urbanizzazione legato a forme di modernizzazione e di sviluppo capitalistico dipendente delle economie e delle società sub-sahariane; contemporaneamente si sono molto irrigiditi i confini tra gli stati africani, un tempo assai labili, e si sono diffuse politiche a sfondo nazionalistico, se non proprio razzista, contro gli immigrati provenienti da altri paesi africani (caso-limite il Sud Africa degli ultimi anni, con diversi sanguinosi pogrom). All’oggi si tratta di decine di milioni di emigranti, che trovano pochi sbocchi lavorativi stabili nelle città perché finora non si è dato in Africa un vero e proprio processo di industrializzazione<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn7" name="_ftnref7" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[7]</a>, e tanto meno di industrializzazione forte e diffusa come nella Cina costiera delle zone speciali, che è stato in grado di assorbire in trenta anni quasi 200 milioni di emigranti interni.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La spinta a lasciare le campagne, allargandosi, ha coinvolto strati sociali poco scolarizzati o perfino analfabeti – non si deve dimenticare che i piani di ristrutturazione del debito imposti da FMI e BM hanno demolito in molti paesi l’istruzione superiore e colpito ovunque i livelli di scolarizzazione più elementari. Essendo sempre più ostacolata e complicata l’emigrazione intra-africana, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">il movimento migratorio si è rivolto in modo più pressante verso l’estero</em>: l’Europa, il Nord America, il Golfo Persico (dove si è imbattuta nella concorrenza degli emigranti dall’Asia), l’Asia stessa, con crescenti difficoltà, però, a raggiungere il continente europeo a causa delle rigide politiche restrittive, repressive, selettive adottate dall’Unione europea, inclusi i paesi di antica colonizzazione, Francia e Regno Unito<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn8" name="_ftnref8" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[8]</a>. Come innumerevoli documenti testimoniano, ci sono masse di giovani donne e uomini africani disposti a tutto pur di riuscire ad approdare in un qualche punto del suolo europeo attraverso percorsi che possono durare anni, perché non hanno un’alternativa preferibile<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn9" name="_ftnref9" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[9]</a>. Percorsi drammatici, spesso tragici, se si considera che negli ultimi 15 anni il Mediterraneo è diventato la tomba di almeno trentamila emigranti africani, la “via migratoria” più pericolosa del mondo.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "verdana" , sans-serif; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">In Europa (nelle alte sfere)</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Mentre in Africa la spinta migratoria verso l’estero è all’apice, in Europa siamo invece all’acme della ostilità pubblica/statale e privata verso i rifugiati, gli emigranti e gli immigrati dall’Africa. All’acme dell’allarme: <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">è in corso un’invasione di africani!</em> <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dobbiamo fermarli in Africa!</em> Lo slogan del capo della Lega Salvini, diventato ministro di polizia del governo italiano, ha una larghissima eco nell’Est Europa, in Austria, ma anche nei paesi i cui governi apparentemente si smarcano dalla sua violenza verbale.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Alla fine, si è materializzato l’effetto-valanga.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In Europa l’ascesa del discorso pubblico contro gli immigrati dura infatti da decenni. Già nei primi anni ’70 il FN lepenista aveva messo in circolazione l’abile slogan “alt à l’immigration sauvage”. Negli anni ’80 e ’90 le viscide tematiche del razzismo differenzialista avevano preso piede in modo lento ma inesorabile prima nelle università, poi un po’ dovunque, ad anticipare e legittimare le pratiche stigmatizzanti e discriminatorie attualmente in voga. All’alba del nuovo secolo, lo scoppio della “guerra infinita al terrorismo” dopo gli attentati dell’11 settembre a New York si era tradotto in un’ossessiva crociata contro le popolazioni di origini “islamiche” presenti in Europa, da cui è nato, tra l’altro, il massacro di Oslo del luglio 2011, opera del fondamentalista ariano-cristiano Breivik. Da allora, al di là delle dichiarazioni di facciata, il razzismo<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> istituzionale </em>contro gli immigrati, fatto di leggi, circolari, prassi discriminatorie e di controllo, si è inasprito. E le forze della nuova destra che se ne sono fatte promotrici sono uscite da una dimensione residuale o minoritaria, riuscendo ad andare al governo in Norvegia, Ungheria, Polonia, Austria e da ultimo in Italia, sfiorando questo obiettivo in Francia, e ponendo comunque all’ordine del giorno, al centro della scena pubblica (nel Regno Unito, in Germania e in Olanda) la necessità di una politica aggressivamente restrittiva contro gli immigrati.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Come ha notato Liz Fekete nel suo <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Europe’s Fault Lines: Racism and the Rise of the Right </em>(Verso, 2018), questa marcia trionfale delle destre xenofobe e razziste europee è stata favorita in vari modi dagli apparati di repressione statali e privati, e dal sistema dei mass media che è nelle mani del grande capitale. Ma la complicità tra le forze che si professano demagogicamente “anti-sistema” e i circoli capitalistici più potenti non ha nulla di sorprendente, se si fa mente locale alle forze che promossero e facilitarono l’ascesa del nazi-fascismo negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. Anche il richiamo all’effetto-valanga che ho fatto prima, sebbene utile, non mi sembra risolutivo, in quanto rimane da sciogliere l’interrogativo: quali sono le ragioni di fondo dell’inarrestabile inasprimento delle misure dell’Italia e dell’intera UE contro gli emigranti dal continente africano, ad appena tre anni dalla apertura delle frontiere tedesche a un milione di profughi e richiedenti asilo (per lo più) siriani?</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">A me sembrano le seguenti. La prima è che si è già formato in Europa <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">un esercito di riserva ampio a sufficienza per non aver bisogno di nuove massicce immissioni di immigrati</em> paragonabili a quelle degli anni ’90 e dei primi dieci anni del secolo. Infatti da un decennio l’UE procede a un tasso di accumulazione molto ridotto rispetto ai suoi principali concorrenti (Cina e Stati Uniti) e, a colpi di contro-riforme del mercato del lavoro, ha ormai creato un vastissimo contingente di lavoratori e lavoratrici ultra-precari e sotto-remunerati, immigrati e autoctoni, da cui le imprese possono attingere a volontà per i loro fabbisogni. La seconda è che l’attuale emigrazione dall’Africa nera, a differenza di quella dei passati decenni, è composta in larga prevalenza da forza-lavoro scarsamente scolarizzata – l’ha esplicitato il capogruppo a Strasburgo del Partito popolare europeo, Manfred Weber: “i migranti africani non hanno le competenze lavorative che servono a paesi come Germania e Olanda. E la loro formazione sarebbe troppo costosa per l’Europa”. Per paesi come l’Italia o la Spagna, invece, possono servire nelle campagne e nelle attività di manovalanza (a 2-3 euro l’ora), ma anche qui in misura inferiore rispetto al passato. La terza e fondamentalissima ragione è che la <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">presunta</em>invasione di africani in atto è un <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">eccellente pretesto </em>per militarizzare il Mediterraneo (fuori dai piedi le ONG, restino esclusivamente le navi militari), con il segretario della NATO Stoltenberg pronto a rafforzare il pattugliamento e inviare truppe in Libia e altrove, e creare in Libia, Niger, Mali un sistema di campi di concentramento finalizzato a fermare e filtrare i “veri” richiedenti asilo, e riempire l’Africa del Nord (e poi via via a scendere…) di contingenti militari italiani, europei, NATO, per <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">rimettere sempre più “gli stivali sul terreno” africano</em> da contendere al concorrente cinese e a tutti gli altri.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ma sono convinto che nelle alte sfere dell’UE si ragioni da anni, in luoghi riservati, anche su un altro aspetto della questione. Prima in Egitto e in Tunisia negli anni 2011-’12, successivamente in Sud Africa, Ciad, Liberia, Mozambico, Marocco, Lesotho, Etiopia, Tanzania, Algeria, Burundi, Zimbabwe<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn10" name="_ftnref10" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[10]</a>, si è verificata in Africa da Nord a Sud, da Est a Ovest, un’intensa serie di lotte economiche e politiche della classe operaia e degli sfruttati. E i capitalisti e i governanti europei che godono da un po’ di una sostanziale pace sociale, non sentono il minimo bisogno di importare qui soggetti pericolosi – in Italia sono stati proprio i proletari arabi e africani ad animare con forza le lotte nella logistica. Che restino laggiù a sbollire i loro spiriti con l’effetto deprimente della disoccupazione e delle pene dell’economia informale, così faranno scendere anche il valore della forza-lavoro africana, che gli usurai globali giudicano eccessivamente alto, dal momento che deve compensare le inefficienze delle strutture e delle infrastrutture statali<a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftn11" name="_ftnref11" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[11]</a>.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "verdana" , sans-serif; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">In Europa (tra i lavoratori)</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In Italia e in Europa questo virulento razzismo delle istituzioni capitalistiche, in specie le tematiche agitate dalle destre più aggressive (in Italia la Lega e Casa Pound), hanno avuto negli ultimi anni crescente presa nelle classi lavoratrici. Il che consente al governo Lega-Cinquestelle e ai governi di questo stampo di mettere in atto un <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">rovesciamento del rapporto causa-effetto</em>: le politiche di stato contro gli immigrati africani che sono dettate, lo si è visto, da interessi totalmente capitalistici e neo-coloniali, e sono il propellente primo della diffusione del razzismo a livello popolare, possono essere camuffate da politiche di difesa degli autoctoni, di <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tutti</em> gli autoctoni (“prima gli italiani!”, “prima gli austriaci”), soprattutto dei più deprivati tra loro, e presentate come volute essenzialmente da loro.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La crescente presa delle tematiche razziste si spiega con il vasto, spesso acuto, malcontento sociale generato da quaranta anni di politiche di stato anti-operaie e di offensiva capitalistica nei luoghi di produzione, che hanno fatto aumentare in modo esponenziale precarietà e disoccupazione, prodotto un’illimitata intensificazione delle prestazioni lavorative, la corrosione del tessuto connettivo sociale con processi estesi di atomizzazione, emarginazione, diffusione delle droghe, etc. E si spiega anche con l’abbattimento della conflittualità operaia e proletaria e la progressiva decomposizione fisica e ideologica delle strutture del vecchio movimento operaio. Incunearsi in una situazione del genere e catalizzare, oltre pezzi rilevanti di ceti medi, anche settori operai e proletari intorno alla propaganda anti-immigrati è stato – <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">in assenza di lotte</em>, lo ripeto – relativamente agevole. Volta a volta gli emigrati dai paesi dell’Est (rumeni, albanesi e i celebri idraulici polacchi), poi gli emigrati dai paesi arabi e di cultura islamica candidati in massa al “terrorismo jihadista”, i rom, i cinesi, i richiedenti asilo “scrocconi” per definizione, gli africani dei paesi sub-sahariani che “ci” minacciano di invasione come gli antichi barbari, etc., sono diventati <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">il caprio espiatorio del momento</em> fino a trasformarsi nella sola, o nella principale, causa generatrice del malessere sociale. Sulla base di clamorose falsificazioni dello stato dei fatti, certo; ma anche di reali dati di fatto, come l’oggettiva funzione di compressione dei salari e dei diritti che ha <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">per</em> <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">stato di necessità</em> la forza-lavoro di immigrazione (<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">in assenza di lotte</em>), oppure – specie in Italia – il coinvolgimento di una (piccolissima) frangia di immigrati per lo più irregolari nelle attività della criminalità organizzata, anzitutto nello spaccio al dettaglio delle droghe.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Le forze più accorte della destra aggressivamente razzista combinano questa propaganda con la denuncia dei vertici dell’UE e dei potentati “globalisti”, accusati di usare gli immigrati contro gli autoctoni per uccidere le identità nazionali e peggiorare le loro condizioni di esistenza, e di preferire le attività speculative a quelle produttive. Il nemico è, in entrambi i casi, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">lo straniero</em>, quello interno e quello esterno, secondo una metodica consolidata che risale al <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Mein Kampf </em>hitleriano, nel quale il nemico-ebreo ha due volti: il proletario internazionalista e marxista, e il finanziere “mondialista”, figure sociali <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">del tutto antitetiche</em>, ma “unificate” nella velenosa propaganda nazista dalla comune appartenenza “razziale”. Il successo che sta ottenendo in Italia la Lega è legato anche all’uso spregiudicato di questa retorica diffusa su larghissima scala con gli ultimi mezzi di comunicazione di massa – la pagina facebook di Salvini ha oggi oltre due milioni e ottocentomila seguaci…</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La progressiva ascesa del discorso pubblico anti-immigrati, delle politiche di stato che lo hanno tradotto in pratica tanto ad opera della vecchia destra che dei governi di centro-sinistra, e delle forze che hanno avviato/promosso il nuovo corso politico europeo sempre più esplicitamente razzista, ha messo capo a un messaggio martellante che unisce oggi tutti gli stati e i governi europei:<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> basta immigrati! </em>Da qui la rigida chiusura delle frontiere europee contro la temuta invasione dall’Africa, respingimenti in mare delle imbarcazioni, rafforzamento della polizia europea di frontiera Frontex, costruzione nel nord dell’Africa di una catena di kampi (oltre quelli macabri già esistenti) e di muri per sbarrare il passo alle “orde” di emigranti – dopo avere bloccato l’accesso dalla Turchia d’intesa con Erdogan. Su queste basi il nuovo governo italiano Lega-Cinquestelle ha scatenato una querelle sulla assoluta necessità di ripartire gli emigranti che riusciranno comunque a raggiungere il sacro suolo europeo. A seguire, il ministro dell’interno tedesco Seehofer si è a sua volta esibito in una denuncia dai toni apocalittici: economia, società, identità, storia nazionale della Germania coleranno a picco se l’Italia e la Grecia non si riprenderanno i 63.691 rifugiati oggi presenti nel suo paese, ma entrati nell’UE altrove. Per non menzionare gli Orban, Morawiecki, Kurz e gli altri campioni delle nuove pulizie etniche. La situazione in Europa è diventata così <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">grave</em> che il nuovo premier spagnolo Sanchez rischia di sembrare un eroe dell’umanitarismo per avere permesso alla nave Aquarius vergognosamente respinta dall’Italia di approdare a Siviglia, naturalmente solo dopo aver ottenuto adeguate garanzie sulla ripartizione (in 9 paesi!) dei suoi 629 richiedenti asilo…</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "verdana" , sans-serif; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Concludendo (oltre l’oggi)</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Allargando lo sguardo al mondo intero, l’attuale crisi migratoria in Africa e in Europa appare solo un aspetto della<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> catena di contraddizioni/convulsioni che scuotono un sistema economico e sociale sempre meno sostenibile per la natura e l’umanità lavoratrice</em>. I poteri forti globali e i loro governi non hanno a disposizione nessuna reale soluzione per queste “singole” crisi. Basta vedere quello che accade in questi giorni in Europa dove partiti fratelli, se non gemelli, nella loro infame ideologia, come quelli di Orban, Kurz e Salvini, si collocano su posizioni opposte quando si tratta della possibile revisione dell’accordo di Dublino o della suddivisione dei costi della militarizzazione delle frontiere.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il governo trumpista Salvini&Di Maio che oggi guida l’Italia si candida ad essere l’avamposto della UE nella guerra contro gli emigranti dall’Africa, e gli immigrati già presenti sul suolo italiano ed europeo. La sua politica d’attacco è a più strati (o anelli) tra loro collegati in un <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">unitario disegno</em> <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">anti-proletario</em>: contro gli emigranti dall’Africa moltiplicando muri, divieti, pericoli, costi, setacci per selezionarli e farli arrivare qui terrorizzati, piegati, pronti a essere supersfruttati; contro i reclusi nei centri di detenzione, educandoli ad accettare una condizione servile attraverso l’abitudine al lavoro gratuito; contro i sans papiers, con la minaccia di espellerli dall’Italia, per costringerli a spezzarsi la schiena e astenersi da ogni forma di protesta; contro gli immigrati regolari, colpiti da nuove discriminazioni (i loro figli non potranno avere accesso gratuito agli asili nido, gli immigrati disoccupati sono esclusi dal “reddito di cittadinanza”, se mai ci sarà) e da una propaganda di stato che li presenta come un peso per le casse pubbliche e la principale fonte del malessere sociale. Infine, contro i proletari autoctoni per creare un fossato incolmabile di diffidenza, sospetto, ostilità, odio tra le due sezioni del proletariato, che indebolisce entrambe davanti all’aggressione dei “mercati globali”, dei padroni, degli organi dello stato.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Al momento questo governo ha il vento in poppa, con il 63% del gradimento “popolare”, e nessuna opposizione in parlamento e nella società. La sua forza, però, è quasi esclusivamente nella debolezza del movimento proletario, nella stasi delle lotte, nell’assenza di una piattaforma e di una azione politica di classe capaci di unire autoctoni e immigrati in uno stesso fronte di lotta. Se riprenderanno le lotte; se i lavoratori immigrati saranno parte integrante e militante di queste lotte, come già più volte è avvenuto; se forze di classe anche limitate metteranno in campo una politica sull’immigrazione e su tutto il resto capace di contrapporsi da cima a fondo all’azione del governo, dello stato e dell’UE; la scena cambierà, bruscamente. Il malcontento sociale che oggi è utilizzato in modo demagogico da Lega e Cinquestelle gli si potrà rovesciare contro. Dopotutto, ciò che unisce gli sfruttati, emigranti, immigrati o autoctoni che siano, è immensamente più profondo e forte di ciò che li divide.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ma la risposta di lotta ai governi tipo quello Lega&Cinquestelle in Italia non dovrà assolutamente disertare le tematiche che, a partire dalle attuali “crisi migratorie”, mettono in discussione il sistema sociale capitalistico in quanto tale, e la sua macchina di dominazione neo-coloniale. Oltre a battersi contro le politiche migratorie restrittive e repressive degli stati e ogni forma di discriminazione ai danni delle popolazioni immigrate, i rivoluzionari internazionalisti debbono dire chiaro e forte che sono contro le migrazioni forzate, quali sono la pressocché totalità delle migrazioni contemporanee. E sanno bene cosa va fatto per <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">rimuoverne le</em> <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">cause</em>. Certo, il processo è complicato, data la loro profondità storica e il loro carattere strutturale. E per avanzare in questa direzione saranno necessari grandi scontri e giganteschi sconvolgimenti sociali. Ma tanto per cominciare, si dovrebbe: 1)azzerare il debito estero dei paesi africani; 2)ritirare immediatamente dall’Africa le truppe di stato e private italiane ed europee, i consiglieri militari, gli addestratori di truppe e di polizie; 3)restituire le terre razziate con il <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">land grabbing</em>; 4)cessare di inondare l’Africa con i prodotti agricoli sovvenzionati europei che distruggono l’agricoltura locale; 5)finirla di appropriarsi del pescato dei loro mari; 6) ridiscutere su basi paritarie e di effettiva reciproca utilità i commerci in atto; 7)avviare un processo di restituzione del plurisecolare maltolto, e così via. E, prima di tutto, spezzare il silenzio sulle lotte operaie e popolari, sulle resistenze al neo-colonialismo in corso in Africa, e sostenerle con ogni mezzo.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref1" name="_ftn1" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[1]</a> Akinwumi A. Adesina, presidente della Banque africaine de développement, afferma: “Aujourd’hui, l’Afrique est, sans conteste, le lieu privilégié pour faire affaires. Nous avons une jeune population en plein essor et une demande grandissante des biens de consommation, de produits alimentaires et de services financiers. Tous ces facteurs conjugués font de l’Afrique une destination commerciale et industrielle attrayante pour le secteur privé” – Groupe de la Banque Africaine de développement, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Industrialiser l’Afrique</em>, 2018, p. 4. Su questi stessi temi insiste anche il direttore generale dell’UNIDO Li Yong in “Africa, un’industrializzazione non più rinviabile”, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">il sole 24 ore</em>, 2 febbraio 2017, che oltre a parlare del “profilo demografico favorevole”, vanta gli elevati tassi di urbanizzazione del continente e “una diaspora altamente istruita”.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref2" name="_ftn2" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[2]</a> Cfr. UNCTAD, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">World Investment Report 2018</em>, Geneva, 2018. p. 38, figure A. Il 66% dei capitali statunitensi è investito nella estrazione di minerali. Tra i paesi europei primeggiano il Regno Unito e la Francia, ma l’Italia è in forte recupero – nel 2016 è stata il primo investitore europeo, anzitutto con l’ente petrolifero di stato ENI.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref3" name="_ftn3" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[3]</a> T. Coutrot – M. Husson, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Les destins du tiers monde</em>, Nathan, 1993. Ai medici e agli infermieri africani vengono offerti negli Stati Uniti (e nei paesi europei) salari fino a venti volte superiori ai loro salari nei paesi di nascita.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref4" name="_ftn4" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[4]</a> In Africa il processo di urbanizzazione non è limitato alla formazione di megalopoli; altrettanto significativa è la rete sempre più fitta di piccole e medie città: UN-Habitat, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">State of African Cities 2014. </em><em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Re-imagining sustainable urban transitions</em>, Nairobi, 2014.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref5" name="_ftn5" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[5]</a> S. Castles – M.J. Miller, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">The Age of Migration. International Population Movements in the Modern World</em>, Palgrave McMillian, 2009, cap. 7.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref6" name="_ftn6" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[6]</a> O. Bakewell – H. de Haas, “African Migration: Continuities, Discontinuities and Recent Transformation”, in <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">African Alternatives</em> a cura di P. Chabal, U. Engel e L. de Haan, Brill, 2007, pp. 95-117.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref7" name="_ftn7" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[7]</a> Negli ultimi tre decenni, anzi, “l’Africa sub-sahariana ha subìto una de-industrializzazione di proporzioni epocali. Milioni di posti di lavoro sono spariti senza che nulla li sostituisse”: “Perché l’Africa non decolla”, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’Internazionale</em>, 13 luglio 2018, p. 49 (è la traduzione di un articolo tratto da <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Die Zeit</em>).</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref8" name="_ftn8" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[8]</a> M.-L. Flahaux – H. de Haas, “African migration: trends, patterns, drivers”, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Comparative Migration Studies </em>(2016) 4:1, pp. 1-25</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref9" name="_ftn9" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[9]</a> Mi limito a citare la testimonianza del cittadino della Repubblica democratica del Congo Emmanuel Mbobela (<em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Rifugiato. Un’odissea africana</em>, Agenzia X, 2018) che, pur disponendo di buoni mezzi materiali e altrettanti sostegni, ha impiegato 6 anni per mettere piede in Olanda.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref10" name="_ftn10" style="border-bottom: 1px solid rgb(197, 197, 197); border-left-width: 0px; border-right-width: 0px; border-top-width: 0px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[10]</a> Patrick Bond, in “Obsolete Economic Ideas and Personnel Corruption Are Closely Linked in Africa”, intervista data a Mohsen Abdelmoumen, pubblicata in <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">American Herald Tribune</em>, 10 giugno 2017, osserva che “in the top 30 countries in terms of labour militancy” ci sono ben dodici paesi africani.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/#_ftnref11" name="_ftn11" style="border-bottom-color: rgb(197, 197, 197); border-bottom-style: solid; border-width: 0px 0px 1px; box-sizing: border-box; color: #1279be; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[11]</a> Può sembrare incredibile, ma questa tesi, la tesi di salari medi africani eccessivamente alti, è chiaramente espressa in J. Cilliers, <em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Made in Africa. </em><em style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Manufacturing and the fourth industrial revolution</em>, Institute for Security Studies, aprile 2018, p. 11.</span></div>
</div>
</div>
</article><br />
<div style="font-family: inherit;">
</div>
</div>
</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-6655802922418680282018-06-30T01:17:00.001+02:002018-10-29T05:34:18.872+01:00Lega-5S: Un governo trumpista, piccolo ma pericoloso. Contro cui lottare, senza se e senza ma<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://lh5.googleusercontent.com/-PIpvT7YWxww/UEVK_FvLkQI/AAAAAAAABSw/gGz_8DdL9Pk/s1600/card+goblin.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://lh5.googleusercontent.com/-PIpvT7YWxww/UEVK_FvLkQI/AAAAAAAABSw/gGz_8DdL9Pk/s320/card+goblin.jpg" width="320" /></a><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><i>Ha ragione Bannon, lo stratega dell’elezione di Trump alla Casa Bianca: la formazione del governo Lega-Cinquestelle non è solo un fatto italiano, è anche, e forse soprattutto, un evento della politica mondiale perché preannuncia un terremoto in Europa. L’euforia per quello che considera un suo successo personale, lo ha portato a dire: “Avete dato un colpo al cuore della bestia dell’Europa” (si riferisce alla Germania) e ai “fascisti di Bruxelles” (la Commissione Juncker). Fatta la tara, rimane un dato di fatto che è sfuggito a tanti: intorno alla formazione del nuovo governo italiano Lega-Cinquestelle si è combattuto un <span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">furioso scontro internazionale</span>, che dice molto sul nostro futuro.</i></span><br />
<a name='more'></a></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il furioso scontro tra Stati Uniti e Germania/UE</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><span style="color: #303030;">Del resto, nei giorni convulsi della crisi politico-istituzionale, Mattarella l’ha ammesso apertamente quando ha dichiarato: “io sono tenuto a tutelare gli interessi degli investitori italiani e stranieri, degli operatori economici e finanziari che hanno in mano i titoli del debito di stato e le azioni delle aziende”. Ovvero: il potere politico nazionale, e quindi la formazione del governo, è </span><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">subordinato</i><span style="color: #303030;"> al potere dei mercati finanziari e dei capitali globali, che mi (a me-Mattarella) hanno imposto il veto a Savona come ministro dell’economia. Attenzione: i capitali </span><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">globali</i><span style="color: #303030;">, e non soltanto europei. La borsa di Milano è in mano a 4 potenze finanziarie, tre delle quali non sono né tedesche né francesi, bensì </span><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">statunitensi</i><span style="color: #303030;"> – il fondo Elliot, la Berkshire Hathaway di Buffet e Blackrock, la più grande società di investimenti del mondo, che gestisce 6.000 miliardi di dollari -, mentre la quarta è il fondo sovrano della Norvegia, uno stato che non fa parte dell’UE, né ha l’euro come moneta.</span><span style="color: #303030; font-style: inherit; font-weight: inherit;"><span id="more-5259" style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"></span></span><span style="color: #303030;"> E del 33% del debito di stato in mano estera, una buona quota è detenuta da avvoltoi non europei. È logico supporre che siano stati la BCE e il governo tedesco a porre il veto su Savona come ministro dell’economia, per le sue dure critiche all'euro e alla politica tedesca. Anche il FMI e gli “investitori internazionali” basati a New York, però, non vedono con favore l’ipotesi di un immediato sconquasso dell’area euro. Per ragioni differenti da quelle franco-tedesche, il veto di Mattarella è andato bene anche a loro in quanto è stato un secco avvertimento ai nuovi governanti di Roma: sia chiaro, il club dei creditori </span><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">globali</i><span style="color: #303030;"> è sovrano sulla politica italiana. Punto. Questo è il capitalismo </span><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">reale. </i><span style="color: #303030;">Tenetelo bene a mente, voi di Lega/Cinquestelle e voi elettori italiani.</span></span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Grazie a Mattarella, dunque, per la sua mezza confessione. L’altra metà della verità, che ha taciuto, è questa: il furioso scontro internazionale che si è svolto intorno alla nascita del nuovo governo è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">del tutto</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">interno all’Occidente</i>. Naturalmente la Russia di Putin ha salutato con favore la nascita del nuovo governo, e sono noti i buoni rapporti tra la Lega (e le destre europee anti-UE) e Mosca, che sembra sia generosa con loro in fatto di finanziamenti. Tuttavia è evidente che nel processo di formazione del governo Lega-Cinquestelle l’intervento più pesante è avvenuto da parte dei circoli dominanti occidentali, e il conflitto più acuto è stato ed è tra la Washington di Trump e l’Europa di Merkel e Macron. Del resto Salvini, assai più lucido dei suoi replicanti “sovranisti” di sinistra, così invasati dalla guerra all’euro e ai tedeschi da dimenticare l’esistenza di quisquiglie come Wall Street e la NATO, l’ha detto chiaro e tondo: “Trump argina la prepotenza tedesca”.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Proprio di questo si tratta: della nuova contesa in Europa tra Stati Uniti e Germania.</span></b></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Con la presidenza Trump e il suo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">America First</i>, il grande capitale finanziario <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">yankee</i>, insediato fisicamente a Washington con uomini-chiave della Goldman Sachs, ha scatenato un’offensiva che non è solo contro l’asse in formazione Cina/Russia/Iran, è anche contro UE e Germania. All’ascesa vertiginosa della Cina come potenza globale in campo economico e politico, alla sua capacità di costruire intorno a sé una rete di alleanze sempre più ampia e solida intorno al progetto strategico della nuova via della seta, Washington può rispondere in modo vincente <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">solo</i> destrutturando l’UE attuale a guida germanica, bloccando con metodi brutali il pencolamento della Germania verso Est, e imponendo la ricontrattazione bilaterale dei rapporti dei singoli paesi europei con gli Stati Uniti. Dopo la Brexit e il sistematico sabotaggio svolto nella UE da alcuni paesi ex-membri del patto di Varsavia che sono la quinta colonna degli Stati Uniti all’interno dell’UE, ecco il turno dell’Italia. Ancora Bannon: “Roma è ora il centro della politica mondiale”. Un modo enfatico per dire: Roma è ora<i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> il centro dell’attacco di Washington alla</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tenuta unitaria dell’UE</i>. Quanto è accaduto al vertice del G-7 di Charlevoix, con la lode sperticata di Trump a Conte, lo ha confermato in pieno. Del resto l’ambasciatore Usa Eisenberg, anche lui un pescecane umano proveniente dalla Goldman Sachs, ha tenuto a rapporto prima delle elezioni sia Di Maio che Salvini (che in quella ambasciata è ritornato anche da ministro, a confermare gli strettissimi rapporti con l’amministrazione Trump), mentre nei giorni seguenti il fondo newyorkese Elliot sferrava un uppercut al finanziere francese Bollorè e ai suoi sogni di diventare il reuccio d’Italia.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Per i poteri forti statunitensi un governo italiano che per la prima volta ventila la possibilità della uscita dell’Italia dall’euro è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">oro che cola</i>. Mattarella e i super-poteri europei dietro di lui hanno impedito uno smacco troppo duro per il duo Berlino/Parigi, ma Bannon ha buoni motivi per essere su di giri. La Spagna è minata dalla questione catalana e ha un debolissimo governo di minoranza; i paesi di Visegrad fanno blocco contro Bruxelles e la Merkel sulla politica migratoria; in attrito con Berlino, Macron scalpita per imporre una politica estera dell’UE del tutto favorevole alla Francia; la BCE sta per chiudere il QE; i più fanatici supporter italiani dell’euro, il Partito democratico e Forza Italia, sono stati disarcionati, e al loro posto si è insediato un governo che vuol dare filo da torcere a Bruxelles e Berlino… c’è sufficiente caos in Europa, e specificamente in Italia, perché la strategia anti-UE di Trump e dei suoi proceda senza grossi intoppi.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">È l’inizio di un ciclo neo-protezionista?</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Il punto-chiave è questo: l’avvento di Trump alla Casa Bianca e la sua politica, non solo declamata, <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">America First</i> segna una <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">svolta</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">nell’economia e nella politica internazionale</i> perché prelude alla intensificazione dei conflitti tra i grandi attori dell’economia mondiale. È la fine dell’era neo-liberista e l’avvio di un ciclo neo-protezionista? La decisione di Washington di imporre dazi in più direzioni, anzitutto contro la Cina, è un importante indizio in questo senso. Vedremo se produrrà una valanga inarrestabile di risposte e contro-risposte oppure no. In ogni caso una cosa è certa: gli Stati Uniti sono stati <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">obbligati</i> a muoversi in questa direzione dalla loro progressiva perdita di peso negli affari internazionali a favore della Cina, e dalla pericolosa, estrema polarizzazione sociale in atto oltre Atlantico. A questi due processi l’amministrazione Trump intende reagire attraverso misure aggressive contro i paesi e le economie concorrenti che tutelino gli interessi di “tutti” gli statunitensi con un occhio speciale – questa è la sua demagogica promessa – ai più colpiti.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Perché <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">obbligati</i>? Perché davanti a noi non c’è alcuna prospettiva di grande rilancio del processo di accumulazione del capitale, bensì il crescente rischio di una nuova ricaduta nella recessione. La grande crisi esplosa nel 2008 è stata tamponata, drogata, soprattutto in Occidente, dall’iperbolico indebitamento statale e privato che non è riuscito, però, a far decollare gli indici della produzione. E questo, nonostante il quasi azzeramento del conflitto nei luoghi di produzione del valore. Benché sia ancora dinamico sul terreno dell’innovazione tecnica, il capitalismo non può variare le sue leggi di funzionamento. E in presenza di una situazione del genere, non conosce altre vie oltre quella (solita) che ha già imboccato: la competizione scatenata di tutti contro tutti, e il rilancio del militarismo, da Washington a Tokio, passando per Roma, Berlino, Riad e Pechino, in vista di nuovi scontri bellici a più ampia scala. Le guerre “locali” non hanno risolto il problema globale dell’insufficienza di profitti. Per far ripartire alla grande l’accumulazione serve una distruzione di valore (impianti, macchinari, città, uomini) di proporzioni inimmaginabili.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">La nascita del governo Lega-Cinquestelle è parte di questo contesto internazionale da cui <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">è e sarà</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">largamente determinato</i>. Ecco perché è grottesca la assicurazione di Bagnai, il guru dei sovranisti di sinistra (oggi senatore leghista, ed è giusto così, è quello il suo posto), secondo cui “la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa”. Oh che tu dici, grullo d’un Bagnai! In che mondo vivi? Assai più concreto il suo capo Salvini, che propone il ritorno alla leva obbligatoria, e con maggiore serietà della sua recluta, sa nominare i reali termini del dilemma: Washington, Berlino, Mosca. Per l’Italia, l’alternativa euro sì, euro no, sta dentro una <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">scelta strategica</i> che sarà nei prossimi anni obbligata e lacerante: o con il polo raccolto intorno a Washington, o con il polo contrapposto a Washington. E la scelta non avrà per oggetto il benessere di cui cianciano gli imbonitori alla Bagnai bensì – se non saremo in grado di fermarla – una impressionante catena di scontri, distruzioni e lutti, e forme di governo ultra-repressive.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">In questo che appare come l’inizio di un nuovo ciclo, le lacerazioni e gli scontri inter-capitalistici sono e saranno la norma. A cominciare dagli Stati Uniti, dove, oltre il conflitto senza esclusione di colpi tra il partito dei Clinton/Obama e quello di Trump, tra la Casa Bianca e alcuni potentati non allineati ad essa, sembrano convivere e competere nella stessa amministrazione Trump più linee, tutte volte a ristabilire il durevole primato statunitense nel mondo – cosa <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">del tutto impossibile</i>. E tale impossibilità oggettiva ha l’effetto di accrescere le tensioni e il caos dentro e fuori gli Stati Uniti. Figurarsi a Roma! Dove, non a caso, si è determinata la più lunga e complicata crisi politico-istituzionale degli ultimi 70 anni con la contemporanea esistenza per qualche giorno di tre governi (Gentiloni, Conte, Cottarelli). La soluzione faticosamente trovata, un piccolo governo imbottito di principianti, è solo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">provvisoria</i> – benché non ci sia al momento una vera opposizione in parlamento e tanto meno un’alternativa di governo, né alcuna forma di opposizione da parte di Cgil-Cisl-Uil. Inizia una fase di grandissima instabilità, internazionale e nazionale, che metterà a dura prova il neonato governo e il suo premier.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il “patriottismo laburista” (con un doppio inganno)</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Tuttavia, attenzione a liquidare troppo in fretta l’asse Lega-Cinquestelle. A <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">non</i>credere che tutto sia cambiato perché nulla cambi, perché, dopotutto, saremmo di fronte a un governo simil-Cottarelli teleguidato dal FMI. Ancora una volta coglie bene il punto Bannon quando sottolinea il carattere <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">internazionale </i>dei movimenti e dei governi “populisti”, e vede nel governo italiano la concrezione romana di una tendenza <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">internazionale</i> esplosa per effetto della crisi del 2008 che ha “massacrato la classe media e l’uomo comune” (ossia il proletario, che per noi, ovviamente, è stato massacrato ben più della classe media). Dopo una crisi di quella portata, nulla può restare esattamente come prima. Neppure a Roma. Anche perché la classe media e “l’uomo comune” si sono fatti sentire in Italia, sia pure finora quasi solo nelle urne; e purtroppo con “l’uomo comune” proletario completamente <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">alla coda</i>delle mezze classi accumulative e salariate.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">I “mercati finanziari”, ovvero la BCE e la ventina di banche e fondi di investimento che trattano all’ingrosso i titoli del debito di stato e i pacchetti azionari, ricatteranno con lo spread il nuovo governo affinché rientri totalmente nei ranghi: questo è sicuro. E già gli effetti di questi ricatti sono tangibili. Sarebbe ingenuo, però, immaginare che i vincitori del 4 marzo si ritirino precipitosamente su tutto il fronte e continuino in modo supìno le politiche di “austerità” dei passati decenni. La forza politica che guida il governo, indiscutibilmente la Lega, appare decisa ad alzare la voce in Europa, profittando dell’indebolimento tedesco, per recuperare margini di spesa statale, e usarli a favore della piccola-media industria del Nord ed eventualmente, con quello che resta, ridurre le tasse a “tutti”, limare la Fornero e introdurre una qualche misura di contrasto alla povertà, purché riguardi solo gli italiani d.o.c. La terza repubblica nasce appunto con la promessa di non essere la repubblica dei sacrifici per i tanti a favore delle élite (qual’è stata indubbiamente la seconda), e di essere, invece, la repubblica del “popolo”, dei “cittadini”, della restituzione al “popolo” dei “cittadini” di qualcosa del maltolto.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Va subito notato, però, ed è questo un primo terreno di attacco al governo Lega-Cinquestelle, che un aspetto essenziale della politica economica del nuovo governo, la politica fiscale, è perfettamente in linea con le <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">politiche neo-liberiste</i> dei governi precedenti. Anzi le radicalizza con l’abbinata pace fiscale-flat tax. Pace fiscale <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">eterna </i>perché nel contratto, oltre il maxi-condono ideato dal leghista Siri, bancarottiere, delocalizzatore di imprese, indebitato con il fisco per 150.000 euro (“onestà, onestà”…); oltre la flat tax, giustamente definita “parola chiave” della politica fiscale; c’è l’impegno solenne a “rifondare il rapporto tra stato e contribuenti”, ossia le piccole e medie imprese tentate dall’evasione, o specialiste nell’evasione. Da ora in poi, ha ribadito Di Maio alla Confcommercio e alla Confartigianato, via lo spesometro, via il redditometro, via gli studi di settore e ogni altro strumento che possa mettere in difficoltà le imprese. L’onere della prova va posto totalmente a carico dello stato, che deve agire con le imprese in modo bonario (“fisco amico”) e dovrà pagare loro i “danni cagionati da attività illegittima (in fase di accertamento e riscossione)”. Gli ultimi decenni di politica fiscale hanno beneficato in misura spettacolare le grandi imprese transnazionali, a cui sono stati lasciati amplissimi margini di elusione fiscale e accordati, anche con il programma industria 4.0, maxi-regali fiscali (le potenze del web come Amazon, Google, etc. sono state per anni addirittura esentasse). Lega e Cinquestelle intendono estendere alle piccole e medie imprese i favori fiscali assicurati alle grandi imprese dai Monti, Renzi, Gentiloni. Hanno voglia i capi del Pd a rivendicare a sé la riduzione dell’Ires dal 27,5% al 24%, il taglio del cuneo fiscale e altri regali a padroni e padroncini: il nuovo governo promette di andare molto oltre, abbattendo l’imposizione fiscale sulle imprese al 15%. L’Italia, quindi, come <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">paradiso</i><i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">fiscale</i>, con una precisa <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">finalità socio-politica</i>: saldare al governo la massa dei piccoli e medi accumulatori, specie quelli che arrancano perché non sono in grado di puntare sul rinnovamento degli impianti, e farne la forza d’urto per premere da un lato sull’UE, e dall’altro lato per schiacciare ancor più di oggi i lavoratori immigrati, di cui già succhiano quotidianamente il sangue. I <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">poteri stranieri</i> (europei) e gli <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">stranieri interni</i> come nemici dell’Italia e degli italiani.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Sapelli, l’uomo che fu premier Lega-Cinquestelle per una sera, ha definito questa prospettiva “patriottismo laburista”. Ci può stare, sapendo però che entrambi i termini nascondono una truffa. Infatti il patriottismo anti-UE del duo Salvini/Di Maio nasconde ogni sorta di maneggio con la super-potenza statunitense che è in crescente attrito con l’UE. È una vecchia storia: la borghesia italiana gioca abitualmente su più tavoli, poi al momento opportuno offre in esclusiva i propri servigi, la propria <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">subordinazione</i>, al più forte, senza farsi problema di stracciare i precedenti patti. È successo nel 1915 (dopo 33 anni di Triplice Alleanza) e di nuovo nel 1943 (dopo 7 anni di asse con la Germania nazista), ed in entrambi i casi fu tradito l’alleato tedesco. Per simili patrioti la patria non è altro che il loro conto in banca e il loro potere da mettere al sicuro, nei momenti tempestosi, attraverso l'”amicizia” con il più forte dei protettori, il probabile o certo vincente. E pazienza se fino al giorno prima era proprio il nemico…</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Quanto poi al “laburismo” di Lega-Cinquestelle, non si tratta certo del ritorno al welfare degli anni ’70, che il duo Salvini/Di Maio continuerà invece a privatizzare e aziendalizzare, quindi a smontare. Si tratta di <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">piccole concessioni</i>mirate a settori di proletari anziani (da sostituire con forza-lavoro giovane che alle imprese costerà molto meno) e ad una fascia di precari e disoccupati per obbligarli a cercare in modo attivo il lavoro a qualsiasi condizione <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">– </i>e inquadrare anche loro nella guerra ai <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">poteri stranieri</i> che ci pongono limiti di spesa, e agli <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">stranieri interni</i> che, a detta di Salvini&Co., fanno la “pacchia” a nostre spese. Dopo trent’anni e più di sacrifici a senso unico e di progressivo azzeramento delle lotte (con poche eccezioni), anche queste piccole concessioni appaiono oggi a non pochi proletari come l’inizio di una svolta, di un cambio di direzione operato da un governo, in qualche misura, amico. E la contropartita richiesta – la complicità nell’aggressione agli emigranti e agli immigrati – sembra qualcosa di secondario, o perfino di giusto: in tempi di magra, “prima gli italiani”.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’Italia, avanguardia della guerra europea agli emigranti/immigrati</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">È invece un errore capitale.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Perché, come si è visto nelle prime settimane di azione del governo, questa aggressione è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">al centro</i> dell’azione del nuovo governo, il suo impegno <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">prioritario </i>e <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">caratterizzante</i>; e perché oltre i richiedenti asilo sulle navi, i cosiddetti “clandestini” e i lavoratori immigrati, l’aggressione ha come bersaglio <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">l’intera</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">classe lavoratrice</i>. Guai a non vederlo!</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Chiudere i porti, rafforzare in Africa la cintura di campi di concentramento per emigranti promossa da Minniti, tagliare i fondi per i richiedenti asilo, espellere in massa gli immigrati senza permesso di soggiorno, pretendere dall’UE il rafforzamento dei respingimenti in mare e della polizia di frontiera, tutto ciò fa dell’Italia l’avamposto della guerra dell’Unione europea agli emigranti dall’Africa e dal Medio Oriente, della guerra infinita ai popoli arabi e “islamici”. Escludere i bambini degli immigrati residenti in Italia dall’accesso gratuito agli asili nido e gli immigrati disoccupati dal reddito di cittadinanza, radere al suolo i campi rom, è l’altra faccia di una politica razzista che intende colpire e discriminare <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">sistematicamente</i>, oltre gli emigranti, anche gli immigrati.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Questo attacco che il nuovo governo attua in piena sintonia con le autorità della UE e con la politica di Trump, riguarda <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tutti i proletari.</i> Il razzismo istituzionale, di stato, è un’arma che i padroni e i loro inservienti politici alla Salvini usano per seminare diffidenza, odio, rancore tra i proletari autoctoni e gli immigrati <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">indebolendo gli uni e gli altri </i>davanti a quei “mercati finanziari”, di cui il governo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">finge</i> di essere nemico. Non ci stancheremo di ripeterlo: <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">la sorte dei proletari è indivisibile</i>. Se una parte dei proletari viene massacrata impunemente e il valore della loro forza-lavoro viene abbattuto (i 2,5 euro l’ora dei braccianti di Rosarno o i 3-4 euro l’ora dei facchini del mercato ortofrutticolo di Torino), il colpo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">è all’insieme della forza-lavoro,</i> anche a quella parte che al momento non è colpita direttamente. Due banali controprove: con l’introduzione della Bossi-Fini e la subordinazione del permesso di soggiorno al contratto di lavoro, la condizione media dei lavoratori e delle lavoratrici immigrati è peggiorata – salvo là dove ci sono state strenue lotte, come nella logistica; quella dei lavoratori italiani è forse migliorata? dopo l’esperimento del lavoro gratuito fatto sui rifugiati e i richiedenti asilo “stranieri” in attuazione di una circolare di Alfano, la “buona scuola” di Renzi non ha forse esteso questo stesso obbligo agli studenti delle superiori, in grandissima parte italiani d.o.c.?</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">C’è un altro aspetto altrettanto rilevante da tenere presente: la politica di guerra agli emigranti e agli immigrati esalta il ruolo della polizia di stato, delle polizie private, delle forze armate di stato e degli eserciti privati, di cui la nuova ministra cinquestelle della difesa Trento è esperta promotrice e <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">businesswoman</i>. Da questa politica del manganello e dell’incremento della spesa per la repressione (10.000 poliziotti, nuove carceri, etc.) e per le guerre (qualcuno parla più di tagliare gli F-35?), dalla libertà di uccidere i ladri di appartamento, cosa può venirne di buono a chi vive del proprio lavoro? Saranno curiose coincidenze, ma nei primi sette giorni di vita del governo Conte è stato assassinato in Calabria il bracciante maliano Soumayla Sacko, militante dell’USB, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi a Piacenza il facchino del SI Cobas Moustafa Elshennawi per aver reagito alla violenza di un carabiniere (con lui sono imputati anche tre solidali dei centri sociali), la Cassazione ha provveduto a licenziare definitivamente i 5 operai FCA di Pomigliano che si sono macchiati del delitto di avere irriso il mammasantissima Marchionne, la polizia ha denunciato a Milano due dimostranti per avere bruciato la bandiera della Lega, è stata licenziata la compagna Lavinia Cassaro, rea di avere inveito contro la polizia… non bastano questi episodi per capire in che direzione evolve la situazione sotto l’impulso del governo? e per realizzare che non saranno fatti sconti a nessuno, quale che sia la sua nazionalità?</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Stiamo parlando del governo Lega-Cinquestelle <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">in quanto tale</i>, non del solo Salvini perché costui al ministero dell’interno e come vice-premier si è insediato per accordo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">comune</i> delle due forze di governo (anche del guardiano della Costituzione e dei mercati globali Mattarella – la cosa non l’ha turbato affatto). Chi sa se lo terranno presente i vecchi amanti di sinistra del M5S, che fino a pochissimo tempo fa gli facevano da galoppini elettorali sognando assessorati nelle giunte comunali grilline o gli davano consigli sulla politica sindacale perché consideravano il M5S un’utile sponda per la sinistra “di classe”.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">… A proposito, uno degli spettacolini più grotteschi della lunga crisi istituzionale da cui è nato il governo Conte è stata proprio la chiassosissima scalmana dei filo-grillini e/o sovranisti di sinistra, insorti come tarantolati contro Mattarella per il suo no a Savona ministro dell’economia. Forse hanno dimenticato il CV da autentico “uomo del popolo” di costui: Banca d’Italia, Confindustria, Banca nazionale del lavoro, Credito industriale sardo, Fondo interbancario di tutela dei depositi, Impregilo, RCS-Corriere della sera, Consorzio Venezia Nuova (quello della mega-speculazione sul Mose), Gemina, Capitalia, Banca di Roma, Unicredit, e quasi sempre con ruoli di vertice. Dimenticare questo “particolare”, per dei compagni, è imperdonabile. Hanno dimenticato, poi, che Savona è stato legato a triplo filo per decenni all’ultra-atlantista Cossiga (<i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">do</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">you remember</i> Gladio?) su incarico del quale si è occupato anche di servizi segreti. Critico verso la <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">governance</i> dell’UE e dell’euro, mai però verso i super-boss di Washington e New York – dimenticare questo, l’affiliazione al partito amerikano, per dei sovranisti coerenti, è imperdonabile. Hanno dimenticato, infine, l’avversione radicale di Savona al welfare e l’ossessiva insistenza con cui costui, nel suo libro <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Come un incubo e come un sogno</i>, martella contro “la costante ricerca e difesa delle rendite” da parte dei lavoratori. E questo per dei keynesiani fanatici è altrettanto imperdonabile. Squalificati. Come compagni, come sovranisti, come keynesiani.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il vero nodo da tagliare è il debito di stato!</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Prima di venire al tema dell’opposizione a questo governo, vogliamo segnalare l’altra importante mezza verità venuta fuori in questa crisi istituzionale: quella relativa al debito di stato. L’hanno confessata i due azionisti del governo Conte, e in seguito anche Cottarelli. I primi, quando è venuto allo scoperto tramite l’Huffington Post che avevano in mente di chiedere alla BCE di abbonare all’Italia 250 miliardi del suo debito di stato – perché senza un taglio di quelle proporzioni (poco più del 10% del totale), non si può attuare nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale “alla classe media e all’uomo comune”. L’ha confessato poi anche Cottarelli quando ha sintetizzato la situazione italiana in questo modo: “non siamo schiavi dello spread, <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">siamo schiavi del debito pubblico</i>“, ovvero dei <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">padroni</i> del debito di stato, che sono peraltro gli stessi che decidono se lo spread deve salire oppure no.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Anche in questo caso, è solo una mezza verità. A sentire loro, infatti, sembrerebbe una vicenda solo italiana, dovuta per giunta, specie per Cottarelli, alla pretesa di “tutti” di vivere “al di sopra dei propri mezzi” – la pensa così anche il super-campione degli anti-euro Savona. Doppiamente falso. Perché l’esplosione del debito di stato riguarda <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">il mondo intero</i>, e i primatisti mondiali, in termini di crescita percentuale, sono gli Stati Uniti del binomio Obama/Trump, dove nell’ultimo decennio il debito di stato è quasi triplicato, crescendo ad una velocità enormemente superiore a quella del pil (nel 2017 del 6% contro il 2,5% del pil). E perché tale esplosione non è dovuta all’inflazione da welfare, che negli ultimi decenni è stato tagliato a più non posso; è stata provocata dall’intensificato sostegno degli stati alle banche e alle imprese, dalla detassazione del grande capitale e degli strati sociali più ricchi (in Italia l’aliquota massima era nel ’74 al 72%, ora è al 43%, Lega-Cinquestelle vorrebbero dimezzarla portandola al 20%), dall’espansione generalizzata della produzione in nero che si sottrae al fisco, dall’espansione incontrollata del sistema bancario ombra. In breve: dalla <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">socializzazione delle perdite e dei costi crescenti di riproduzione del capitale e dei suoi ipertrofici apparati di controllo, di repressione e di guerra</i>. E questo capolavoro si deve tanto ai keynesiani quanto ai neo-liberisti, perfino più ai primi che ai secondi – in Italia due nomi su tutti: Andreatta e Ciampi.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Non c’è assolutamente nulla di naturale, di destinato, di inevitabile in un tale processo, che non a caso è iniziato con il default del Messico nel 1982 e, a seguire, di parecchi altri paesi dominati e controllati dell’America latina e del Sud del mondo (ci limitiamo ai soli tempi recentissimi, la sua storia completa è secolare). È il risultato di politiche anti-operaie che mettono gli stati sempre più nelle mani dei loro creditori nazionali e internazionali (banche, fondi di investimento, imprese, strati parassitari vari) e impongono alle classi lavoratrici di sfiancarsi per ripagarlo senza averlo causato. Il debito di stato è un <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">debito</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">di classe</i>, un’arma affilata della lotta di classe che i poteri forti creditori dello stato puntano alla gola degli operai, dei precari, dei disoccupati, minacciando sempre più spesso di affondarla. Con l’intesa di tutti i governi e apparati statali nazionali interessati, la UE ha sacralizzato l’obbligo di ripagare il debito di stato, comandando di metterlo in Costituzione con il <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Fiscal Compact</i>. E questa “necessità”, unita all’esplosione del debito privato (anche qui i primatisti sono gli Stati Uniti), ci <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">rende schiavi</i>, ci incatena a doppia mandata alla schiavitù salariata. Perché comporta un supplemento di spremitura del lavoro – si deve lavorare sodo sia per il padrone, sia per lo stato dei padroni indebitato -; e perché lo stato gravato dai debiti si blinda sempre di più allo scopo di prevenire il conflitto di classe e quando il conflitto si manifesta, per reprimerlo sul nascere. Il progressivo svuotamento dell’esercizio dei diritti politici e sindacali dei proletari, anzitutto della loro libertà-possibilità di organizzarsi e di lottare (vedi lo sviluppo mondiale della legislazione anti-sciopero), deriva proprio dalla radicale “<i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">alienazione dello stato</i>” <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">indebitato</i>, che è sempre più nelle mani degli insaziabili usurai interni ed esterni che lo detengono (per il debito di stato italiano è 50-50%) .</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Sul cappio del debito di stato debbono aver ragionato nelle scorse settimane anche gli esponenti di Lega e Cinquestelle impegnati nella scrittura del contratto. Ma non appena è diventata di pubblico dominio l’ipotesi di una richiesta del suo congelamento, benché molto limitato, e si sono scatenati i guardiani armati dei “mercati finanziari”, ecco la rapida retromarcia dei “nazional-populisti”. Cosa volete fare?, gli hanno gridato con aria minacciosa i bucanieri di <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Libero</i>: un <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">esproprio proletario</i>? Ed eccoli di nuovo allineati e coperti i presunti “anti-sistema”, anche se non rinunceranno a chiedere a BCE e UE dei margini di manovra maggiori di quelli ottenuti dai precedenti governi.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Ciò che stupisce non è tanto la retromarcia della premiata ditta Salvini&Di Maio. Ciò che stupisce è la scomparsa della denuncia del cappio-debito di stato dalla propaganda, dall’agitazione e perfino dall’analisi delle forze che si dicono comuniste o antagoniste, quasi tutte catalizzate ormai dal tema-euro. Benché dovrebbe essergli noto che l’esplosione del debito di stato italiano <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">precede</i> l’ingresso nell’euro e l’uscita dall’euro l’ingigantirebbe ulteriormente. Per noi, invece, la denuncia del debito di stato, del suo processo di formazione, della sua funzione di espropriazione e soffocamento degli sfruttati, e la proposta del suo disconoscimento-annullamento devono avere <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">un posto centrale</i> nella denuncia dell’azione del nuovo governo e dei suoi soprastanti internazionali di Bruxelles e di Wall Street. Ben sapendo che si tratta anzitutto di cominciare a radicare questa tematica tra i compagni e i lavoratori più coscienti; inutile sognare, al momento, di più.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quale opposizione al governo Salvini/Di Maio? S</span><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">enza se e senza ma</span>.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><b>Andiamo a concludere.</b></span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Questo governo è un governo trumpista piccolo piccolo, se si vuole. Piccolo lo è anche in certi concettuzzi da retroguardia capitalista sulla centralità della piccola impresa e della piccola banca. Ed è pieno di contraddizioni. Lega e Cinquestelle non hanno contraddizioni ideologiche di fondo, sono entrambi per la difesa e l’eternizzazione del capitalismo, ed entrambi danno della ideologia del capitalismo una versione ultra-individualista. Rispondono però a basi territoriali e sociali differenti, i cui interessi in parte convergono, in parte divergono. È perciò realistico prevedere una navigazione complicata, sebbene la sua partenza sia indicativa: al timone del governo c’è la Lega (Nord), né potrebbe essere diversamente, dato che il Sud non ha mai guidato la politica nazionale. La Lega (Nord) del resto, è partito assai più sperimentato e radicato dei 5S. La navigazione sarà complicata anche in ragione della politica di attrito con le istituzioni europee che il governo deve perseguire, e per il caotico evolvere dell’economia e della politica mondiale che tirerà l’Italia da una parte e dall’altra (è sintomatica la compresenza in Italia di due squali globali agenti del capitale statunitense quali Bannon e Soros, facenti capo a due schieramenti in feroce lotta tra loro). Nonostante ciò, è un governo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">pericoloso </i>in quanto nasce sulla spinta di una investitura di voti che è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">anche</i> di operai, di precari, di disoccupati, e ne dovrà in qualche modo tener conto; e perché sta capitalizzando decenni di politiche razziste di stato fatte tanto dalla destra quanto dal centro-sinistra per presentare all’opinione pubblica come fonte unica di tutto il malessere sociale, o quasi, i richiedenti asilo e gli immigrati.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">C’è chi suggerisce perciò di “<i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">modulare </i>l’atteggiamento nei confronti del governo giallo-verde. Ossia criticarlo sui punti inaccettabili, incalzarlo sugli obiettivi di redistribuzione, <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">sostenerlo</i> nel caso di duri attacchi europeisti (…), proporre, se ne siamo capaci, un più efficace modo di conflitto con l’Unione europea” – il solito trio Boghetta-Porcaro-Formenti. È una prospettiva <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">sciagurata</i> perché il programma di questo governo è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">un</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tutt’uno</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">reazionario e anti-proletario</i>. Si inscrive nella tendenza internazionale, ben espressa da Trump, a tentare di ricompattare in senso nazionalista aggressivo i rispettivi paesi polarizzati da 40 anni di politiche neo-liberiste, attraverso la narrativa “populista” e modeste misure di redistribuzione del reddito o di incremento del reddito dei salariati, per scagliarli il più compatti che si può nello scontro di tutti contro tutti. Una sorta di “nazionalismo popolare” che accoglie <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">parzialmente</i> temi che riguardano i lavoratori, ma li stravolge <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">completamente</i>per la prospettiva anti-proletaria in cui li inserisce.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">L’opposizione al governo Lega-Cinquestelle non può che essere un’opposizione <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">senza se e senza ma</i>. Questo non è un governo amico dei lavoratori, né è un governo in cui abbiamo degli amici. Non c’è alcuna differenza sostanziale tra Lega e Cinquestelle. Sulla politica migratoria “io e Salvini siamo d’accordo”, dichiara Conte. Ed è così. Fico che va a San Ferdinando dove è stato assassinato Soumayla Sacko, e Di Maio che visita in ospedale Mimmo Mignano, sono solo sketch di politica-spettacolo, fumo negli occhi. Se davvero lo stato “ci fosse” contro il supersfruttamento dei braccianti neri, non ci sarebbero tendopoli come quella di san Ferdinando (in Italia, invece, ce ne sono decine) e assassinii come quello di Sacko. Se davvero lo stato “ci fosse” per tutelare il lavoro, non ci sarebbero licenziamenti politici e non sarebbe diventato una norma, come di fatto è diventato, “l’obbligo di fedeltà” all’azienda, che serve a chiudere la bocca agli operai che contestano i padroni.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Naturalmente, questo governo va lottato non come se fosse una fotocopia di Monti o di Renzi, ma per ciò che esso è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">realmente.</i></span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Il che significa, contestargli che:</span></div>
</div>
<ol style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; list-style-position: inside; margin: 0px 0px 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Si pone come il governo del cambiamento (e di tutti) ma il centro della sua politica economica, la <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">politica fiscale,</i> prosegue fedelmente, addirittura <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">radicalizza</i>, con la flat tax e la pace fiscale tombale con gli evasori, la politica neo-liberista della seconda repubblica, <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">che è stata tutta a favore del capitale e contro il lavoro salariato</i>. La radicalizza nel senso che l’allarga ulteriormente alla piccola e media impresa che vive proprio della precarietà dei rapporti di lavoro, del super-sfruttamento degli immigrati e dei bassi salari per italiani e immigrati – per questo non può in alcun modo essere considerata parte del nostro “blocco sociale”, come avviene nei programmi dei “sovranisti” di sinistra. E, inutile dire, la detassazione radicale dei capitali di tutte le taglie e degli strati sociali più ricchi porterà ad un taglio ancora più pesante del welfare nel corso degli anni.</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">In campagna elettorale Lega e Cinquestelle hanno promesso solennemente di cancellare il Jobs Act, la legge Fornero, la Buona scuola, etc., ma già è evidente che <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">non potranno mantenere le promesse</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">fatte</i> – anche per la decisione della BCE, non criticata dal governo italiano, di chiudere il QE alla fine del 2018. Bisognerà fare questa contestazione entrando dettagliatamente nel merito dei provvedimenti che saranno presi, quando saranno presi, per mostrarne l’effettivo contenuto, che <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">non potrà andare oltre piccole concessioni</i>, se ci saranno, e per indicare da quale fonte saranno presi i relativi fondi. Dal momento che il governo è deciso ad abbattere il prelievo fiscale sulle imprese, sui ricchi e sui benestanti, la sola fonte che rimane è la fiscalità generale, che sarà sempre più a carico dei salariati. Quanto allo sbandierato taglio dei vitalizi ai deputati, porterà in cassa al massimo 40 milioni; se sarà destinato, come sembra, al contrasto della povertà, frutterà ai circa 2 milioni di famiglie in povertà assoluta la stratosferica somma di 20 euro annui…</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Per questa stessa ragione, il reddito di cittadinanza, se e quando dovesse essere istituito, sarebbe sostanzialmente <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">una partita di giro</i>, in quanto pagato dalla fiscalità generale. E non servirà a creare nuovi posti di lavoro stabili e retribuiti in modo dignitoso, bensì a <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">tagliarli</i>, a moltiplicare i lavori-tampone facendo <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">dumping salariale</i> – come è stato per i provvedimenti dell’Hartz-IV in Germania, che il governo ha preso a riferimento. Dalla nebbia in cui il reddito di cittadinanza è avvolto, Di Maio ha fatto trapelare, per ora, una sola cosa: chi lo riceverà dovrà dare un certo numero di ore di lavoro gratuito al proprio comune…</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">La <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">contropartita</i> richiesta per le eventuali piccole concessioni in salsa “populista” è <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">pesantissima</i>: l’intensificazione della produttività del lavoro e della competizione con i lavoratori degli altri paesi europei, della Cina, etc.; il sostegno al militarismo e alle aggressioni neo-coloniali in programma – nei giorni in cui Salvini chiudeva i porti agli emigranti della Aquarius, infatti, il ministro degli esteri Moavero li spalancava, a iniziare da quello di Napoli, al segretario della NATO Stoltenberg, e questi a sua volta rilanciava la stretta collaborazione con il governo “del cambiamento” offrendo le truppe NATO per la gestione dei kampi profughi in Libia, e magari – l’appetito vien mangiando – in Ciad, in Niger, etc.</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Il massacro materiale e mediatico degli emigranti e dei rifugiati e le discriminazioni nei confronti degli immigrati non servono certo a proteggere i lavoratori italiani dalla loro “concorrenza sleale”. Servono, al contrario, ad abbattere ulteriormente il valore della loro forza-lavoro e i loro diritti, ad <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">accrescere la loro forzata concorrenza al ribasso</i>. Per i proletari italiani approvare tale massacro sarebbe, è, farsi harakiri. “Prima gli italiani” è uno slogan truffa. Il suo vero significato è: <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">prima i</i> <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">profitti dei padroni italiani </i>(e non), tutto il resto – cioè il lavoro vivo – vada a morire ammazzato.</span></li>
</ol>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Alcune prime risposte al governo fasciogrillista sono già venute dai lavoratori immigrati, dal SI Cobas, dall’USB, dal movimento Non una di meno, da Potere al popolo. Una parte di esse è rimasta però sul terreno molto fragile dell’anti-razzismo democratico e umanitario, o rimanda alla prospettiva deviante di un’Europa del Sud contrapposta in blocco all’Europa del Nord, o di un’Italia contrapposta in blocco, “da sinistra” (???), alla Germania.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Noi crediamo, invece, che nessuna risposta di lotta efficace a questo governo trumpista, alla sua politica e alla sua abile demagogia “nazional-populista”, può essere data in nome di altre e diverse forme di <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">nazionalismo</i>, fossero pure connotate in senso “popolare”, “proletario”, o perfino “socialista”. Né può essere data in nome di una impossibile riforma social-democratica dell’Europa, <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">à</i> la Varoufakis-De Magistris. Nè europeismo, comunque connotato, né accodamento ai malumori anti-europei e anti-tedeschi di una parte dei piccoli e medi padroni (lunga la linea dei “rosso”-bruni). Le forze di classe vive, per piccole che siano, non debbono farsi imprigionare in simili alternative, entrambe contrapposte agli interessi degli sfruttati.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">L’avvento del trumpismo negli Stati Uniti preannuncia, dicevamo, un cataclisma nella politica e nell’economia internazionale. E questo governo esprime in Italia proprio la tendenza <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">internazionale</i>, forte in primo luogo in tutto l’Occidente, al <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">neo-protezionismo</i> e a un <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">rafforzato militarismo</i>. Va combattuto perciò in una prospettiva <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">internazionale</i> e <i style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">internazionalista</i> che si contrapponga all’ulteriore scatenamento della competizione tra i proletari dei diversi paesi e alla preparazione di nuove guerre tessendo la trama della loro unità di bisogni, interessi, prospettiva, organizzazione.</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Partiamo da dietro, dalle poche lotte di resistenza che sono in piedi, con l’impegno di allargarne lo sguardo e il cammino in direzione della ricomposizione del campo degli sfruttati, oggi disorganizzato e disperso, in un fronte unico proletario anticapitalista. Ci sarà modo di discutere più a fondo dei punti caratterizzanti di un programma politico di classe adeguato alle contraddizioni esplosive dei nostri giorni. Anticipiamo soltanto che vi dovranno avere un posto particolare (in relazione al percorso di ripresa delle lotte):</span></div>
</div>
<ul style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; list-style-position: inside; margin: 0px 0px 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">la lotta per forti aumenti salariali egualitari e sganciati dalla produttività e dalla redditività delle imprese, che consentano di recuperare il potere d’acquisto perduto nell’ultimo ventennio, e per il salario pieno (il salario medio operaio) garantito a precari e disoccupati finanziato con un prelievo fiscale sulla classe capitalistica;</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">la lotta per la riduzione drastica e generalizzata dell’orario di lavoro (a parità di salario) e per il lavoro socialmente necessario, come unica soluzione alla triplice dissipazione di energia vitale degli uomini e della natura, nel super-sfruttamento del lavoro, nella disoccupazione e precarietà di massa, nel saccheggio delle risorse naturali;</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">la lotta contro l’oppressione di genere, base fondante del sistema capitalistico, con la sua sistematica violenza, discriminazione, supersfruttamento e svalorizzazione del lavoro e del corpo delle donne, la cui condizione è destinata a peggiorare grazie all’intensificazione della concorrenza tra lavoratori e lavoratrici, alla demolizione del welfare, al militarismo e al rafforzarsi dell’ideologia familista e reazionaria già manifesta nella scelta del ministro “per la famiglia”;</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">la lotta contro il sistema bancario per l’annullamento del debito di stato in quanto debito di classe, un vero e proprio cappio al collo degli operai, dei precari, dei disoccupati, come abbiamo visto pure in questa crisi di governo. Una lotta che va collegata alla denuncia dell’indebitamento privato e del debito estero che sta strangolando i paesi del Sud del mondo, ed è tra le cause primarie delle migrazioni internazionali;</span></li>
<li style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: inherit; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;"><span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">la lotta contro il montante militarismo, a cominciare dalla denuncia della riconfermata fedeltà dell’esecutivo Salvini&Di Maio alla NATO e ai suoi obiettivi di guerra nel Mediterraneo, in Africa, nel Medio Oriente e sul fronte russo, e da una rinnovata iniziativa per il ritiro immediato di tutte le truppe di stato italiane e dei contingenti privati militari italiani dislocati all’estero.</span></li>
</ul>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; border: 0px; box-sizing: border-box; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">27 giugno 2018</span></div>
</div>
<div style="border: 0px; box-sizing: border-box; color: #303030; margin-bottom: 24px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: #fff2cc; font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il cuneo rosso – Gcr (Gruppo comunista rivoluzionario) – Pagine marxiste – </span><span style="border: 0px; box-sizing: border-box; font-style: inherit; font-weight: 700; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Compagni e compagne per una tendenza internazionalista rivoluzionaria</span></span></div>
</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-75985403537891480352018-06-04T18:58:00.000+02:002018-06-26T19:09:25.439+02:00FACCIAMO BASTA DI CONDANNARE LA SCHIAVITÙ … PER POI OSANNARE IL LAVORO SALARIATO! (Newsletter Nr. 60)<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Dante Lepore, 04/06/2018</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Auto recensione al saggio di Dante Lepore, Schiavitù del terzo millennio, PonSinMor, Torino, 2107, pp. 400, € 15. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-REdGD_GvScM/WzJrbZM-IzI/AAAAAAAAJwA/0uH9o33jlk0ZtSjsp5b5gNlxf6zgX5I8gCLcBGAs/s1600/Schiavitu.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><img border="0" data-original-height="463" data-original-width="331" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-REdGD_GvScM/WzJrbZM-IzI/AAAAAAAAJwA/0uH9o33jlk0ZtSjsp5b5gNlxf6zgX5I8gCLcBGAs/s200/Schiavitu.jpg" width="141" /></span></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">«Le società primitive a suo parere [di Karl Marx] non generavano sfruttamento poiché i soggetti economici scambiavano prodotti che incorporavano all’incirca quantità equivalenti di lavoro. Nella schiavitù lo sfruttamento era in realtà minore di quanto non sembrasse perché, anche se il lavoro non era pagato, l’autoconsumo degli schiavi permetteva loro di recuperare una parte del proprio lavoro. Il feudalesimo era apertamente un sistema di sfruttamento, perché la quantità di lavoro svolto dai lavoratori per sé stessi e per i loro padroni feudali era chiaramente stipulata e visibile; mentre nel capitalismo sembrava che lo sfruttamento non ci fosse affatto, dal momento che tutto il lavoro era pagato con un salario, ma in realtà i lavoratori eseguivano più lavoro di quanto non fosse incorporato nei loro mezzi di consumo, e così c’era un surplus di lavoro non pagato che veniva appropriato dai capitalisti». [<b><span style="color: red;">1</span></b>]</span></div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">1. Una misconosciuta relazione tra schiavitù e sfruttamento</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Chi afferma, in modo così (apparentemente) paradossale, quanto su riportato in epigrafe (in cui il corsivo è nostro), nell’ambiguo intento di tessere un elogio, ormai rituale, di Karl Marx in occasione del bicentenario della nascita, è Domenico (Mario) Nuti, professore Emerito di Sistemi Economici Comparati alla Facoltà di Economia, Sapienza, dell’Università di Roma. L’affermazione di Nuti, fatto salvo il dettaglio della pressoché impossibile compararabilità quantitativa di una condizione storicamente generalizzata fondata sul lavoro astratto alienabile e di economia del valore di scambio con una come quella schiavile ancora a prevalente autoconsumo e in cui le merci erano richieste esclusivamente per il loro valore d’uso, mostra un dato di fatto che si adatta, almeno in parte, come possibile sintesi più concisa del filo conduttore della mia ricerca sulle modalità di sfruttamento nelle varie forme di lavoro relative ai sistemi economici che si sono sviluppati nel corso della storia dell’umanità divisa in inconciliabili antagonismi di classi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Nelle formazioni economico-sociali non ancora capitalistiche, in cui erano prevalentemente gli schiavi a svolgere le attività produttive agricole, manifatturiere sia private che pubbliche e dei servizi (persino di ordine pubblico), gli schiavi erano semplicemente merci acquistate o provenienti da popolazioni sottomesse militarmente e vendute come strumenti di lavoro per il rispettivo «valore d’uso» riferito alla qualità di fornire un lavoro «utile», dalla coltivazione dei campi al lavoro nelle miniere alla costruzione di strade alla navigazione ecc.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Con la comparsa e il predominio del capitalismo sulla base di un’economia mercantile, non importano più tanto i differenti lavori utili come valori d’uso fra loro qualitativamente diversi (fabbri, carpentieri, muratori, tessitori, ecc.) quanto il lavoro astrattamente generale puro e semplice, quello «uguale» in tutti i lavori indistintamente e che, come una gelatina condensata (espressione di Marx), è incorporato, in quantità diverse, nelle diverse merci e fornisce loro valore, il valore di scambio puramente quantitativo, calcolabile nell’unica misura quantitativa del lavoro, che è il tempo. Non importa più come lavori o cosa fai ma per quanto tempo lavori. Se si fabbricano vestiti o armi di distruzione poco importa a chi paga la forza lavoro con salario con l’unico scopo di valorizzarne il capitale impiegato. Ed essendo il profitto il movente del valore di scambio, questo tende a soverchiare il valore d’uso: una merce la si produce solo se rende in termini di plusprodotto da trasformare in profitto, altrimenti non la si produce per quanto utile e persino necessaria possa essere.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Lo schiavo non serve più, perché diventa antieconomico. Non è per generosità e senso di umanità che chi possiede i mezzi di produzione e di lavoro sceglie il lavoro a corvée feudale o decisamente mercificato: non serve più possedere lo schiavo, costa meno comprare la sua forza lavoro vendendogli la libertà di disporre della capacità di lavorare come merce che possiede il valore d’uso di erogare, lavorando, un prezioso valore di scambio. Il lavoro diventa così più produttivo e meno caro dello schiavo divenuto sempre più costoso, di difficile manutenzione e più raro, più docile e persino coinvolto in quanto più responsabile e migliore dello schiavo per l’illusione che il lavoratore riceve di essere «libero» anche se espropriato rispetto al soggetto, pubblico o privato, che compra a tempo la sua capacità di lavorare. Schiavo e salariato come in parte il servo della gleba, sono identici nella funzione di cedere il loro tempo di vita ad un altro, nella forma di costrizione proprietaria extra economica per lo schiavo, e di ricatto economico per il salariato: se non lavori non mangi! Il ricatto della morte (per fame o per decreto) è sostanzialmente presente sia allo schiavo che al lavoratore salariato. Come per il sorcio di Trilussa, «la tinta [del gatto cui finirà in bocca] cambia ma la fine è quella». E, peraltro, se agli schiavi capitava di morire sul lavoro, oggi capita sempre più di morire di lavoro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Al punto in cui si sono evolute le relazioni di lavoro come rapporto tra l’uomo e la natura nel nostro mondo capitalistico affetto dalla cosiddetta globalizzazione, diventa sempre più nauseante e insopportabile l’ipocrisia di coloro che prospettano la schiavitù come limite e male assoluto confinato ad un passato miticamente evocato come finalmente superato, senza accorgersi di star facendo l’apologia di un sistema sociale ed economico che ha largamente soverchiato la schiavitù antica in fatto di nocività per la specie umana tutta e per la natura. L’apologia di questo sistema ricattatorio e mortifero porta a difendere e invocare il lavoro (anche il più odioso e schifoso) come «diritto», anche quando occorrerebbe abolire certi lavori nocivi per l’uomo e l’ambiente come all’ILVA di Taranto, ai cantieri del mesotelioma, ecc. Un lavoro peraltro senza futuro e possibilità di emancipazione; e anche da questo lato è illegittimo il confronto con la schiavitù antica dove poteva capitare che lo schiavo arrivasse ad «emanciparsi» in varie forme comprando, sia pure a caro prezzo, la libertà col risparmio dell’obolo, col «peculio», un gruzzolo che poteva persino prestare al padrone. E si davano casi di schiavi arricchiti più ricchi dei padroni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Il libro La schiavitù del terzo millennio documenta l’infondatezza di questo paradossale confronto con la schiavitù intesa come male assoluto e denuncia proprio questa caratteristica della corrente schiavitù come asservimento generalizzato ad un sistema mortifero e autodistruttivo come mai prima. Perché, si badi bene, a morire non sono solo i lavoratori, ma tutto il resto della natura: dai pesci ai volatili ad un’infinità di altre specie viventi. Il limite dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura è stato largamente superato dal capitalismo divenuto, nell’epoca delle megalopoli, largamente anti ecologico.[2] Di lavoro, sia esso contrattualizzato che non, sia esso tipico che a-tipico, regolare o non, grigio o nero, oggi si muore perché gli omicidi sul lavoro non si contano più e le statistiche s’impennano come impazzite: si muore sia per troppo lavoro che per mancanza di lavoro, per disperazione da suicidio, per spossatezza, per stress, per fatica e banale distrazione, per condizioni ambientali definite “indecenti”, per usura, gasati, affogati, bruciati, schiacciati, maciullati, per aver contratto tumori, per polveri sottili, uranio impoverito in guerra, amianto, ed una miriade di malattie cosi dette professionali, per assenza o elusione di elementari norme di sicurezza, senza contare i cosiddetti incidenti in itinere. E si muore per gioco, persino i bambini si divertono ad ammazzarsi. Si muore indifferentemente dall’età, di fame, di consunzione, di freddo e di caldo, di inadeguatezza dei salari a coprire i costi del mantenimento in vita, si riduce il tempo di vita e con ciò stesso la vita per trasformarla in lavoro, si sfruttano bambini per lavoro nelle miniere, nelle tessiture, nelle fornaci o nei bordelli e come soldati in guerra, si usa il corpo umano, che ormai vale più a pezzi che intero, per la compravendita degli organi. Eppure…si continua a chiamare questo lavoro «libero» e a contrapporlo ad una sempre evocativa, mitizzata e mistificata schiavitù. Nell’epoca della schiavitù antica, quanto meno in Grecia, la legge, difendeva gli schiavi contro l’uccisione arbitraria da parte di padroni un po’ troppo pretensiosi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Un’importante acquisizione di questa indagine costituisce altresì una verifica del carattere dialettico della concezione della storia in Marx, centrata, contro ogni visione superficialmente gradualistica, sulla comparsa del «nuovo» nella storia, in special modo nelle transizioni. Ne emerge infatti la proposta di osservare le varie forme di rapporti di produzione e di lavoro e i loro cambiamenti non come un susseguirsi lineare di astrazioni predeterminate, come fossero niente altro che «cose» pietrificate, ma come «processi» non necessariamente cumulativi ascendenti e progressivi. Soprattutto non bisogna mai dimenticare che tali transizioni non sono automatiche ma sono opera degli uomini. Non esistono transizioni o mutamenti o passaggi come gradualistici «progressi» disposti come gradini in successione o come accumuli di elementi, ma transizioni attraverso le quali, nel sistema giuridico di schiavitù considerato in quello che viene comunemente additato come modo di produzione schiavistico o anche sistema schiavista, oltre al convivere della schiavitù con altre forme spesso ibride e rapporti di lavoro differenti, esistono ragioni di pura convenienza economica e non d’altra natura, etica o religiosa, che motivano la scelta per la schiavitù rispetto ad altre forme di sfruttamento a fini individuali (e non sociali) come il lavoro salariato (che del resto era compresente già nell’antichità anche se non in forma dominante).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Come afferma il professor Nuti, può accadere che «lo sfruttamento era in realtà minore di quanto non sembrasse», e tale affermazione (fatti i relativi distinguo sulla incomparabilità in termini di valore quantitativo) appare qui persino estremizzata rispetto all’assunto, più complesso, di Marx e di quanto vengo sostenendo nel mio lavoro, al punto da risultare di fatto un vero e proprio, raro, elogio della schiavitù, se solo si introduce un inevitabile raffronto rispetto allo sfruttamento capitalistico, al cospetto del corale dispregio della schiavitù come del male assoluto, così come viene comunemente e superficialmente inteso nell’opinione corrente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">2. Tanto erano preziosi gli schiavi antichi, quanto sono «usa e getta» quelli di oggi</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-oJnwyNGog4c/WzJsSb8C7bI/AAAAAAAAJwI/gINNq2-vqUoUQHrdlZ1bgfH5eiT0TlyngCLcBGAs/s1600/8%2Beuro.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><img border="0" data-original-height="616" data-original-width="347" height="640" src="https://3.bp.blogspot.com/-oJnwyNGog4c/WzJsSb8C7bI/AAAAAAAAJwI/gINNq2-vqUoUQHrdlZ1bgfH5eiT0TlyngCLcBGAs/s640/8%2Beuro.jpg" width="360" /></span></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Ho cominciato a scrivere questo libro sulla schiavitù antica al confronto con quella corrente alcuni anni fa, raccogliendo materiale e fonti su come essa è nata a seguito della dissoluzione delle comunità primitive e al contempo registrando casi attuali di sfruttamento al di fuori di ogni immaginazione, definizione giuridica o classificazione convenzionale. Ho scoperto che nell’antichità era assente la consapevolezza che la figura dello schiavo corrispondeva al male assoluto, ma esso era percepito solo come una specie diversa di umanità, non destinata a comandare, ma a eseguire, e per converso spesso l’essere schiavi costituiva una condizione privilegiata rispetto ai liberi…ma poveri! Lo stesso termine latino «servus» rinviava alla condizione, per lo più di prigionieri di guerra, stranieri, non appartenenti alla comunità, «salvati» (da servari, donde «servi»), quando non di schiavi per debito, condizione che oggi permane come asservimento all’usura e strozzinaggio anche delle banche e del banco dei pegni. Le classi dominanti consideravano, peraltro, assai prezioso il lavoro dello schiavo, al punto che nel Trecento e poi nelle tratte verso le Americhe e i Caraibi, l’assicurazione sulla vita nacque proprio per garantirsi dalla perdita dello schiavo nei trasporti per mare o delle schiave per morte di parto o altro. Essendo acquistato come strumento, i padroni compravano lo schiavo tutto in una volta, non potendolo fare a rate e, a tal fine, raccomandavano che questo «strumento di lavoro parlante» fosse mantenuto degnamente e persino rispettato. Colpisce l’attualità sia della diagnosi che delle raccomandazioni di Platone:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Tutti notoriamente diciamo che gli schiavi devono essere quanto più è possibile affezionati e pieni di buone qualità; difatti certuni hanno già avuto molti schiavi che si sono mostrati migliori sotto tutti gli aspetti dei fratelli e dei figli, ed hanno salvato i padroni, i loro beni e tutta la loro casa. Sappiamo bene che si fanno di questi discorsi agli schiavi […] Ma non si dice forse anche il contrario, che, cioè, nulla di sano vi è nell’anima di uno schiavo, e che l’uomo sennato non deve mai fidarsi in nulla di questa classe? Il più saggio dei nostri poeti [Omero] parlando di Giove dice che «l’ampio veggente Giove metà della mente sottrae agli uomini sui quali il dì del servaggio è piombato». Orbene , diversamente giudicando di queste opposte opinioni, gli uni non si fidano affatto degli schiavi, e trattandoli come fossero bestie, col pungolo e con lo staffile, ne rendono le anime non tre, ma 100 volte serve; gli altri invece fanno tutto il contrario di questo […] È chiaro che l’uomo, siccome è un animale difficile a trattare, non vuole affatto prestarsi a quella distinzione , per cui di fatto si riconosce lo schiavo, il libero, il padrone. […] e per questo è un possesso imbarazzante. Difatti l’esperienza lo ha più volte dimostrato con le frequenti abituali rivolte degli Esseni, con tutti i mali che sogliono capitare agli stati, dove si trovano persone che possiedono molti schiavi d’una medesima lingua, e ancora con le rapine e le violenze d’ogni genere che i cosiddetti vagabondi commettono in Italia. Riflettendo a tutto questo, si diviene incerti su quel che convenga fare relativamente a tutta questa faccenda. Non rimangono che due espedienti: l’uno, di tenere schiavi che non siano connazionali, ma quanto più è possibile di diversa lingua; così si presteranno più facilmente a servire; l’altro di trattarli bene, non soltanto per loro, ma ancor più per il nostro interesse; e il buon trattamento consiste nel non trascendere ad alcuna insolenza verso gli schiavi e nell’essere, se possibile, meno ingiusti con essi che con i propri pari. In verità, se uno ama sinceramente e non per finzione la giustizia e odia realmente l’ingiustizia, chiaramente si vede dal suo modo di comportarsi verso coloro sui quali può facilmente commettere ingiustizie. […] D’altra parte bisogna certamente punir gli schiavi come si deve, non già ammonirli semplicemente, come se fossero liberi, e renderli così molli e fiacchi. La parola rivolta allo schiavo deve essere su per giù sempre un comando, e non bisogna scherzare mai per nulla con essi, siano maschi o femmine ; ché molti , prendendosi inconsideratamente di tali divertimenti cogli schiavi, finiscono col rendere più penosa ad essi la vita nel servire e a sé nel comandare. [3]</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">D’altra parte gli antichi padroni non avevano ancora l’esigenza di magnificare il lavoro salariato specie dei lavoratori manuali o di contrapporlo come il migliore dei mondi possibile rispetto alla schiavitù, come dimostra Cicerone:</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">«Indegno dell’uomo libero e di infima bassezza va considerato il guadagno di tutti i lavoratori salariati, per i quali è pagata la fatica fisica, e non l’ingegno: in questi casi il salario è la ricompensa per l’acquisizione di uno stato di schiavitù» [4]</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">3. Lavoro salariato e schiavitù: due forme di sfruttamento del lavoro umano.</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Nei rapporti capitalistici, attraverso la mediazione del salario e del contratto, lo sfruttamento, sia pur mascherato dalle apparenze di “libertà”, avviene nella forma di tempo di lavoro che erode il tempo di vita spremendolo fino a farlo diventare integralmente tempo di lavoro. Nella formazione economico-sociale in cui prevale la schiavitù rispetto ad altre forme, anche miste di lavoro autonomo e schiavile, tutto il lavoro degli schiavi è lavoro per il padrone, il quale tuttavia garantisce il soddisfacimento dei bisogni essenziali dei suoi schiavi. Quando non ne ha bisogno, li cede in affitto ad altri padroni. Da alcuni anni, come accennavo, è dato di rilevare anche nella letteratura sociologica accademica, sempre più frequentemente, un accostamento o, per meglio dire, una contrapposizione tra schiavitù e lavoro salariato, anche se con sfumature e intenti diversi, ma che alla fine cospirano tutti ad una, a volte palese a volte nascosta, affermazione del lavoro salariato come la forma più «dignitosa», «libera», «civile», esente da sfruttamento, quanto meno da «sfruttamento eccessivo» o appunto «schiavistico». Una visione del lavoro «contrattualizzato» come del migliore in assoluto dei mondi possibile per quanto concerne il lavoro umano. Un esempio tra i più recenti è il, peraltro, bel saggio, dal punto di vista della denuncia appassionata delle condizioni di lavoro per ciò che riguarda l’Ita-lia, della ricercatrice Marta Fana, la quale, pur consapevole di stare descrivendolo non nella metafisica dell’iperuranio ma nel mondo capitalistico alle soglie del terzo millennio, titola un suo libro, guarda caso, Non è lavoro, è sfruttamento[5], come se fosse possibile, qui ed ora, in tali condizioni, che il lavoro fosse, non come è, reale (e ineludibile), ma opzionale, sfruttamento: «È un sistema che tuttavia si ripercuote sulle condizioni di lavoro dove, nella migliore delle ipotesi, vengono negati solo i contratti collettivi nazionali, mentre sempre più di frequente l’intera organizzazione del lavoro rasenta la schiavitù»[6], espressione frequentissima non solo nei sociologhi (tipica quella di Carchedi, che parla di «para schiavismo» e «schiavitù di ritorno»[7]), ma anche nelle rivendicazioni sindacali. Altra frequente espressione è quella di «nuovi schiavi».[8] È chiaro che in questa ottica, al di la dell’ipocrisia che tenta da decenni di eludere o di occultare l’esistenza di lavoro schiavista anche di vecchio stampo, traspare la mentalità giuridica del capitalismo per cui «è a rischio di essere considerato in sostanza schiavitù più o meno qualsiasi rapporto di lavoro esuli dallo schema del contratto di impiego in un’azienda capitalistica a fronte di un salario». [9]</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">4. L’ideologia dominante accetta lo sfruttamento e l’ineguaglianza… ma non la schiavitù</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Il guaio è che, con tali premesse, come si vede, non si può approdare ad altro che alla già nota ideologia sociale della schiavitù come misura quantitativa, peraltro a-storica e universale, dello sfruttamento, e del salario come, anch’esso, misura della «giusta mercede», che, come è noto ai più, risale alla enciclica ottocentesca Rerum Novarum di papa Leone XIII (15 maggio 1891), ed è la più diffusa e radicata nei cervelli di tutti i sindacalisti, cattolici e sedicenti marxisti. Il moralmente «giusto salario» del papa è ora altresì il contenuto della laica «dignità». Ma quanto meno Leone XIII non nascondeva la «necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso» e che «togliere dal mondo le disparità sociali è cosa impossibile».</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Ci ammonisce infatti ancora Marta Fana: «La retribuzione e il diritto a un salario dignitoso non sono un regalo, una concessione da elargire ai lavoratori se si comportano come chiede il padrone, ma il sacrosanto diritto materiale al processo di vendita della forza produttiva da parte dei lavoratori stessi»[10], e invece si eccede sempre più rispetto quella misura «sacrosanta» o condizione accettabile di salario dignitoso, e «si scava a fondo, raschiando fino all’annientamento della dignità umana».[11] Dunque, per Marta Fana, a rigor di logica, un salario «dignitoso» è «sacrosanto» e non è sfruttamento.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">La tesi che illustro nel libro Schiavitù del terzo millennio è che il capitalismo, la cui genesi, il presupposto originario e al tempo stesso la condizione, sta nell’accumulazione, nell’espropriazione, nella rapina e saccheggio territoriale coloniale e umano, con conseguente sviluppo di diseguaglianze nei rapporti umani e sociali. Di conseguenza il capitalismo è organico e strutturale con la diseguaglianza e con lo sfruttamento, ma nel rapporto capitalistico si camuffa poi lo sfruttamento come fosse una sorta di accidenti opzionale, casuale e transitorio, una superfetazione anomala o un’escrescenza puramente solo quantitativa da un minimo (accettabile) ad un limite massimo indefinito e invalicabile (prossimo alla schiavitù). Marta Fana non riesce a indicare, come è ovvio, un solo lavoro nell’ambito del modo capitalistico di produzione che non sia sfruttamento, ma non ne deduce che il lavoro esercitato in condizioni di rapporto capitalistico è per definizione sfruttamento, bensì che il lavoro nelle condizioni attuali sempre meno contrattualizzate,…«non è lavoro ma sfruttamento». E siccome non c’è lavoro che non sia subordinato alla produzione di profitto sia in fase di crescita che in fase di crisi, non possiamo fare nessuna ipotesi che il lavoro possa non essere sfruttamento, altrimenti, senza vantaggi, senza prospettive di profitto, nessuno troverebbe incentivo a impiegare lavoro salariato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/--BYs4TV-Yjc/WzJspzGtQxI/AAAAAAAAJwU/OAl5_yulvtYk_RUkw2IGcuN2wgxIEeRYACLcBGAs/s1600/SchiaviMai.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><img border="0" data-original-height="217" data-original-width="458" src="https://2.bp.blogspot.com/--BYs4TV-Yjc/WzJspzGtQxI/AAAAAAAAJwU/OAl5_yulvtYk_RUkw2IGcuN2wgxIEeRYACLcBGAs/s1600/SchiaviMai.jpg" /></span></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><i>Sfruttamento</i>, dunque, sì, ma guai a chiamarlo sempre e comunque con l’eterno nome di schiavitù, o schiavitù salariata come in Marx. Sfruttamento ci sarebbe solo nel lavoro fuori regolamento, non contrattualizzato e occasionale, rispetto ad un lavoro cosiddetto regolare non condannato come quello restante che da qualche decennio, è variamente assimilato alla schiavitù, ma generosamente tollerato, anche se con avversione, dosando il termine (quasi schiavo, pressoché schiavo, che rasenta la schiavitù, neo-schiavo, schiavo di ritorno…et similia), e limitato di volta in volta a certi settori più chiacchierati come la logistica o a certe forme di lavoro gratuito, rispetto alla regola dello scambio tra lavoro salariato e capitale, che sarebbe l’emblema della norma mercantile per eccellenza dello «scambio» tra (presunti e millantati) equivalenti, nell’etica del (presunto e millantato) libero e alla pari «do ut des».</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">In realtà nessuno dei zelanti sociologhi avrebbe mai scoperto il bestiale sfruttamento nella logistica se non fossero stati i facchini degli hub a sciorinare, con forti lotte, le condizioni schiavili che ne fanno «carne da macello»[12]. Se c’è lavoro gratuito, minorile, mal pagato e non pagato, nero o grigio, con segregazione e tratta di prostitute e commercio di organi umani e settori o situazioni ricattatorie e fuori norma, la soluzione proposta da coloro che ipocritamente pretendono che i lavoratori salariati non vengano trattati «da schiavi» non è una battaglia storica e strategica per uscire dal capitalismo, dalla sua logica di accumulazione, espropriazione e privatizzazione dei mezzi e delle condizioni di lavoro, bensì quella di ottenere, anche con lotte dure, con la contrattazione, un aggiustamento, margini di contrattazione sempre più erosi dall’immenso esercito di riserva della forza lavoro immigrata e dalle condizioni stesse di quella che chiamano globalizzazione. Si tratta di una condizione ricattatoria in cui non c’è parità di poteri ma stato di bisogno e di necessità tutta dal lato del lavoratore, che oggettivamente non costituisce stato di libertà ma di coercizione, sostanzialmente anche se non giuridicamente identica alla condizione di non libertà dello schiavo non-persona e strumento di lavoro. In tale condizione, e finché tali margini sussistono, può prosperare pertanto, quando non il variegato mondo del caporalato, quando va bene, il mestiere del sindacalista istituzionale e del politicante riformista, consistente nel ruolo sociale del mediatore, nel contrattare e quantificare il «sacrosanto» e accettabile sfruttamento, nella salvaguardia di una condizione di diseguaglianza vista a sua volta come naturale, che non abolisce affatto il potere assoluto sulle condizioni di lavoro come appannaggio di una classe contro un’altra eternamente ricattata dalla necessità di sopravvivenza e sempre costretta a difendersi dall’erosione del tempo di vita contro chi vuole estorcerlo trasformandolo tutto cinicamente in tempo di lavoro e pluslavoro. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">5. Ed ecco Confindustria a suggerire la re-introduzione dell’istituto della schiavitù</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">La questione oggetto di indagine di questo libro, quella delle differenze e relazioni obnubilate e stravolte tra «schiavitù» e lavoro salariato per così dire «libero», non è di poco conto se ora, nella forma piuttosto provocatoria di quesito, proprio sul sito del Sole 24 ore, compare inopinatamente, come fosse uno scherzo, un testo intitolato: Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?, vergato (mi si perdoni il bisticcio) da Enrico Verga, «consulente strategico e istituzionale» all’Università Cattolica del Sacro Cuore[13] e corredato da un video molto popolare ed esplicito[14] che indulge ai luoghi comuni, evocativi e mitizzati, sulla schiavitù antica. Costui parte da un dato incontestabile: anche se sulla carta la («vecchia») schiavitù (nel senso giuridico di strumento di lavoro di proprietà del «padrone») è stata bandita, in realtà essa, «con nomi differenti esiste e prolifera ancora in buona parte del mondo». Questa realtà, aggiungo, è confermata e documentata da numerose pubblicazioni e con tanto di statistiche di organismi internazionali, che ne calcolano (variamente) l’ammontare come raffrontabile alla popolazione di uno stato di oltre 50 milioni di abitanti, come segnalo nel mio lavoro.[15] </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">E così, anche un trombone mediatico di Confindustria, facendo eco a quanti vanno precisando, come il prof. emerito Nuti, circa la reale condizione dello schiavo, ricorda che: «La schiavitù è spesso vista con un’accezione negativa. Tuttavia si può notare come una larga parte della storia dell’umanità abbia visto regni, imperi e persino nazioni democratiche (con un sistema di elezioni popolari come gli stati americani) utilizzare gli schiavi per differenti mansioni e ruoli. L’abolizione dell’istituto della schiavitù è un fenomeno piuttosto recente. Poco più di due secoli [anche molto meno in alcuni stati dell’Africa e dell’America Latina, nostra nota]. Tuttavia se sulla carta la schiavitù, nella sua accezione più brutale, è stata bandita, così non si può dire nei fatti. Con nomi differenti esiste e prolifera ancora in una buona parte del mondo»[16]. Perciò Verga si domanda: «se non sarebbe opportuno rivalutare la schiavitù (nella sua interezza, non parlo solo di frustate) e considerare l’opportunità economica di reintrodurre tale soluzione contrattuale nell’economia moderna»[17].</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">«Consideriamo alcuni vantaggi prendendo, ad esempio, come matrice di partenza l’impero romano. Uno schiavo aveva diritto a un alloggio, cure mediche, vitto. Molti schiavi ricevevano forma-zione. Anche oggi i costi della formazione coperti dal padrone sono sicuramente un asset per il dipendente-schiavo»[18]. Nel mio libro documento come i flussi migratori abbassano anche i costi di formazione della forza lavoro che viene così offerta alle aziende a costo zero, pronta da spremere.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Con riferimento alle «partite Iva» e a tutti coloro che lavorano per le imprese senza «un contratto normato e ben strutturato», questa condizione (che qui è solo la punta di un iceberg che, come documento nel libro, riguarda non solo particolari settori e nemmeno solo l’Italia o certe zone di essa, ma tutto il mondo capitalistico) costituisce, secondo Verga, un «potenziale scenario di schiavitù», perché le cosiddette ‘partite Iva’ non hanno giorni di vacanza pagati, non hanno malattie pagate, i costi degli strumenti elettronici (cellulare, computer) sono a loro carico. Non vi sono certezze per il futuro, e il costo/ora tende, a volte, a decrescere (rispetto alla precedente posizione di impiegato assunto). Non si dimentichi inoltre il costo della tassazione, che viene ad aumentare. Sulle spalle del fortunato possessore della partita IVA pesano inoltre un eventuale mutuo o affitto, cibo, costi sanitari etc.»[19], ed è noto che migliaia di esse non sono neppure «partite IVA». Diagnosi perfetta, pertanto, anche se impietosa e cinica.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Infatti, mentre tutti i politici ed (ex) antipolitici ed ex «vaffa…» convertiti al più becero cretinismo parlamentare, in occasione della cuccagna elettorale, si profondevano in promesse demagogiche (ora si dice «populiste» di destra sinistra e centro) a base di chiacchiere vuote su reddito di cittadinanza e simili, il consulente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (che in fatto di salario come «giusta mercede» la sa certamente lunga) propone, mica tanto per provocazione o per una sorta di scherzo di cattivo gusto, ma realisticamente, udite udite !, di formulare «una proposta di legge per re-instaurare l’istituto della schiavitù», dal momento che «fatti due conti veloci, alcuni milioni di neo-schiavi potrebbero essere interessati ad un programma che possa migliorare le loro condizioni». Altro che spauracchio della schiavitù! Ben venga dunque. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Questo è davvero un parlar chiaro! E non è più nemmeno un paradosso che a denunciare lo sfruttamento “eccessivo”, la violenza e il cinismo aziendali e delle istituzioni nei rapporti di lavoro correnti, spesso esasperati dal crumiraggio fomentato e dell’uso privatistico della forza pubblica nei conflitti di lavoro, intervenga ora, accanto a un certo numero di giovani sociologhi del lavoro, anche il giornale della Confindustria che, mediante un Enrico Verga, mette al corrente di quanto già da tempo si viene da più parti documentando e scrivendo che la «società moderna», l’Italia del 2018, è piena di «neo-schiavi» i quali, benché siano formalmente liberi, stanno «peggio» degli schiavi dell’impero romano. Perché, ci viene ricordato ora da questo tirapiedi della Confindustria, a differenza degli schiavi dell’Impero romano, loro, i neo-schiavi, non hanno alcun diritto garantito ad alloggio, cure mediche, vitto, etc., concludendo col paradossale osanna della panacea di ogni male, la «contrattualizzazione» di tutto, anche della schiavitù: «per molti cittadini (…) sarebbe opportuno diventare schiavi [per contratto]», «Fatti due conti veloci, alcuni milioni di neo-schiavi potrebbero essere interessati ad un programma che possa migliorare le loro condizioni».</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">E c’è pure la parte allettante: «Bene inteso non si propone certo un regime di frustate, violenza, o pasto per i leoni. Consideriamo alcune società straniere che già oggi danno una serie di benefici: casa pagata, ticket pranzo, copertura sanitaria, servizio di lavanderia etc.. sono tutti benefit che permettono al padrone (pardon, all’azienda) di tenere vicini a se gli impiegati. Di recente un nuovo percorso di esternalizzazione (spesso descritto come benefit) ha preso piede, nelle aziende: si invitano i propri dipendenti a lavorare dal rispettivo domicilio. Indubbiamente vi sono vantaggi per chi ha una famiglia, ci si potrebbe domandare se tali scelte non hanno vantaggi anche per le aziende».</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Note</span></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">_________________________________</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[1] Domenico Mario Nuti, Buon bi-centenario, Karl Marx!... Una versione inglese di questo scritto è stata pubblicata sul Blog dell’autore il 5/05/2018. Il testo è tratto da un saggio molto più ampio su «Ascesa e Caduta del Socialismo», scaricabile da <a href="https://1drv.ms/w/s!AvJLj9Zdu3xmhHlwCfduoiGz790c" target="_blank">https://1drv.ms/w/s!AvJLj9Zdu3xmhHlwCfduoiGz790c</a></span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"> a cui si rinvia per i riferimenti bibliografici. In <a href="https://www.sinistrainrete.info/marxismo/12358-domenico-mario-nuti-buon-bi-centenario-karl-marx.html?utm_source=newsletter_621&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-sinistrainrete" target="_blank">Sinistra in Rete</a> </span><span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">In realtà definisco “ambiguo” l’approccio di Nuti perché, dopo aver elogiato Marx per avere a sua volta tessuto il miglior elogio nel noto brano del Manifesto, poi lo critica accogliendo tutte le tradizionali detrazioni del suo pensiero: per aver trascurato quella che lui chiama «l’imprenditorialità e il rischio», nonché «le capacità di aggiustamento automatico dei mercati», perché sarebbe «errato il suo determinismo economico». In realtà Marx ha fatto di più, oltre a demolire la teoria dell’autoregolazione in Adam Smith, quella della divina provvidenza il cosiddetto libero mercato, ha dimostrato il carattere ciclico e catastrofico delle crisi del capitalismo e della caduta tendenziale del saggio di profitto, dell’accumulazione e delle controtendenze. Nuti non manca tuttavia, alla fine della fiera, di ammettere che la previsione di Marx del progressivo immiserimento relativo del proletariato si è invece rivelata corretta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[2] Cfr. Dante Lepore, Il nodo ecologico nel marxismo del XXI secolo, in <a href="https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/11177-dante-lepore-il-nodo-ecologico-nel-marxismo-del-xxi-secolo.html" target="_blank">https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/11177-dante-lepore-il-nodo-ecologico-nel-marxismo-del-xxi-secolo.html</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[3] Platone, Leggi, VI, XIX, in Tutte le opere, a cura di G. Pugliese Carratelli, Sansoni Firenze, 19894 , pp.1273-1274.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[4] Cit da M. T. Cicerone, in Dante Lepore, Schiavitù del terzo millennio, cit. p. 11</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[5] Marta Fana, Non è lavoro, è sfruttamento, Laterza, Bari-Roma, 217.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[6] Marta Fana, Ivi, p.45 (corsivo nostro)</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[7] Cfr. Carchedi F-Mottura G.-Pugliese E. (a cura di), Il lavoro servile e le nuove schiavitù, F. Angeli, Milano, 2013; Carchedi F.-Quadri V. (a cura di), Schiavitù di ritorno, Maggioli (RSM), 2010.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[8] Kevin Bales, I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano, 20001998.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[9] Stefano Sutti, managing parter dello studio legale Sutti di Milano, uno tra i cinque studi legali più importanti del panorama italiano commerciale, cit. da E. Verga, vedi nota 11. Il corsivo è nostro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[10] Marta Fana, op. cit., pp. 106-107.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[11] Ivi, p. 46</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[12] Titolo di una loro pubblicazione : Si Cobas, Carne da macello, «Tutte le strade», Red Star Press, Roma, mg. 2017.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[13] Enrico Verga, Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?, Il Sole 24 Ore, 26 Gennaio 2018</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><a href="http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/01/26/reintrodurre-schiavitu-societa-moderna/?refresh_ce=1" target="_blank">http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/01/26/reintrodurre-schiavitu-societa-moderna/?refresh_ce=1</a>; Questa mia segnalazione è stata raccolta dal “Pungolo Rosso”, qui <a href="https://pungolorosso.wordpress.com/2018/03/03/ultimissime-da-confindustria-perche-non-introdurre-il-contratto-di-schiavitu/" target="_blank">https://pungolorosso.wordpress.com/2018/03/03/ultimissime-da-confindustria-perche-non-introdurre-il-contratto-di-schiavitu/</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[14] <a href="http://stream24.ilsole24ore.com/video/impresa-e-territori/sul-serio-puo-tornare-schiavitu/AEEGEZnD" target="_blank">http://stream24.ilsole24ore.com/video/impresa-e-territori/sul-serio-puo-tornare-schiavitu/AEEGEZnD</a></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[15] Cfr. questi dati e bibliografia in Dante Lepore, Schiavitù del terzo millennio, cit.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[16] Enrico Verga, loc. cit.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[17] Ivi</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[18] Ivi</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">[19] Ivi</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "georgia" , "times new roman" , serif;">(Dante Lepore per PonSinMor, 4 giugno 2018)</span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-52665835274353453042018-03-01T11:12:00.000+01:002018-06-27T11:13:19.460+02:00IL «DIRITTO DI EMIGRARE»: COME LA FORZA DEL DIRITTO È IL DIRITTO DELLA FORZA (Newsletter Nr. 58)<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b>Dante Lepore, 01/03/2018</b></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-H5aio7ej5qs/WzNU8woVX0I/AAAAAAAAJxw/d3fzDZOkWEETB7yb3NdsrIqsLO3OfG1MgCLcBGAs/s1600/emigrare.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="268" data-original-width="300" src="https://3.bp.blogspot.com/-H5aio7ej5qs/WzNU8woVX0I/AAAAAAAAJxw/d3fzDZOkWEETB7yb3NdsrIqsLO3OfG1MgCLcBGAs/s1600/emigrare.jpg" /></a></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quando si entra nel campo dell’onnipotente sacralità inviolabile della legge, della sua natura e del fondamento del diritto, sembra quasi che i principi più elementari della legislazione, del costituzionalismo e delle istituzioni giuridiche in genere, sbandierati come eterni, sacri e immutabili, siano appannaggio universale, se non esclusivo, della tradizione liberale (termine immemore della sua ascendenza autoritaria e ghigliottinarda), nonché della democrazia moderna, a sua volta erede compiaciuta della tradizione liberale come di quella della polis greca più antica da Pisistrato a Pericle ateniese (a dispetto della schiavitù, componente integrante delle sue istituzioni). <a name='more'></a></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Modi e forme, questi, atti a magnificare la civiltà occidentale in quanto retta dalle leggi che, nella loro apparente universalità, sarebbero uguali per tutti, più delicate e paciose della restanti forme dispotiche, violente, brutali nella sottomissione dell’altrui volontà, o in preda alla legge della giungla, alla barbarie, ossia a quella condizione in cui ciò che si conquista o si ottiene lo si ottiene appunto con la forza bruta esercitata sulla comunità o semplicemente a detrimento di altri. Ma gli orpelli della civiltà, con i suoi codici civili e le sue leggi, non possono più oggi celare il lato diabolico di questa ostentata sacralità, il fatto che quelli che persino i lavoratori più sindacalizzati invocano come diritti costanti o come rispetto della dignità sono solo il risultato di lotte dure, senza esclusione di colpi, di uso della forza. Viceversa la forza della legge (ius, da </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">iubeo</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">= comando) non è che il risultato di un potere conseguito con coercizione, ricatto o con una violenza fisica originaria, spesso cinica, prepotente e cieca.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’essenza del potere in effetti resta ciò che è sempre stato in una comunità non più organica ma in una società frammentata in classi, consistente etimologicamente nell’essere a preferenza, ossia essere noi piuttosto che altri, e quindi l’imporre la nostra sulla volontà di altri constatati o supposti più deboli. Il riferimento per eccellenza, divenuto luogo comune, è in particolar modo alla teorizzazione hobbesiana del diritto alla vita e di quella lockiana dei diritti di «libertà». A questa tradizione si imparenta addirittura quella delle origini della civiltà giuridica moderna, quando il commercio crea e organizza il così detto libero mercato e, nella fattispecie la genesi del diritto di emigrare, che in questi ultimi tempi ci tocca sempre più drammaticamente, ma che venne a configurarsi storicamente come il più antico dei «diritti naturali», connesso certamente ad una prerogativa degli umani, quella di essere una specie che cammina, fin dalle prime civiltà litiche e prima del relativo sedentarismo conseguente alla scoperta dell’agricoltura e della domesticazione degli animali, ma più specificamente posto dagli inizi delle conquiste europee dopo la «scoperta» del Nuovo Mondo. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Per comprendere i mutamenti e le innovazioni nel comportamento umano non è meno importante il modo in cui si configurano due rapporti essenziali, in primo luogo quello tra gli uomini e la natura, ossia il lavoro, oggi divenuto anch’esso nodo ecologico cruciale in termini di sorti del pianeta(1), e in secondo luogo quello tra gli uomini fra loro nell’ambito della società, ai quali manca ancora la consapevolezza piena che il capitalismo è giunto su scala globale ad unificare il pianeta, ma conurbandone la popolazione in un mondo in cui tale sistema diventa esso stesso autofago e autodistruttivo. In tale rapporto tra uomini sempre più di differenti provenienze anche etniche e geografiche è significativo il fatto che lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius migrandi </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">che ne è scaturito ebbe non a caso una configurazione pionieristica già in età moderna ad opera del teologo domenicano spagnolo Francisco de Vitoria, nelle sue </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Relectiones de Indis </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(all’Università di Salamanca, 1539) (2) delineato come un «diritto naturale», come si diceva e, in quanto tale, universale e insieme come fondamento del nascente diritto internazionale moderno. L’autore vi sostiene che esistono una serie di diritti validi «</span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ex iure gentium, quod vel est ius naturale vel derivatur ex iure naturali</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">»: lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius peregrinandi et degendi </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(3), lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius commercii</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius communicationis</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, il diritto a diventare cittadini, il diritto a predicare ed annunciare il Vangelo. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Se questi desideri o volontà o diritti vengono negati, possono venire difesi con la guerra; e se non sono disponibili altri mezzi, sono legittime l’occupazione delle città, la deposizione dei sovrani, la riduzione in cattività delle popolazioni. Certo, l’argomento del sottile domenicano De Vitoria è molto raffinato e molto subdolo perché, da un lato taglia corto con le argomentazioni tradizionali e si presenta come rispettoso dei diritti dei nativi, ad es. quando sottolinea il fatto che i «barbari» non si sono sottomessi per scelta volontaria, ma in seguito all’uso della forza e sostiene il principio per cui «</span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Principes christiani, etiam auctoritate Papae, non possunt coercere barbaros a peccatis contra legem naturae nec ratione illorum eos punire</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">». Pertanto, presentato come diritto di emigrare, esso legittima altresì la guerra di conquista delle Indie, ed è giusta anche la guerra per difendere i diritti degli Indios stessi qualora il loro governanti siano tiranni o – come è il caso dei sacrifici umani e dell’antropofagia – vigano leggi disumane. Di fatto, e in ultima analisi, in questa forma modernizzata di ipocrisia, ambigua e di apparente rispetto delle popolazioni locali, prive di armi moderne come i Venerdì di fronte ai Robinson Crusoè, esso mirava alla legittimazione della conquista spagnola del Nuovo Mondo, come si diceva, nonché ad eventuali guerre di aggressione e conquiste territoriali, allorquando all’esercizio di quel «diritto» fosse stata opposta resistenza da imputare come «illegittima»: una teoria della guerra anch’essa per «giusta» causa, se inserita in questo contesto storico e concettuale.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quel mondo del resto era già invaso, saccheggiato, ridotto in schiavitù e praticamente oggetto di genocidio. Non a caso il De Vitoria faceva seguire in quello stesso anno una Relectio de Jure Belli (1539) (4). Insomma una sorta di quello che oggi vien fatto di chiamare, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">mutatis mutandis</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, e in forma rovesciata, lo «</span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius soli</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">», diritto al territorio, ovvero alla cittadinanza in forza della nascita, permanenza su quel territorio e formazione come forza lavoro a rigore non immigrata per quanto di origine etnica diversa, e la cui avversione si configura non tanto o non solo come avversione all’immigrazione ma come pura questione di razzismo. Ma questo «diritto», che da allora diventava un principio fondamentale del diritto internazionale consuetudinario, non era che la faccia ipocrita del colonialismo nascente che si sarebbe imposto ovunque con le armi da fuoco e le cannoniere. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Tale ipocrisia la si misura dallo spudorato rapporto diseguale e «asimmetrico» (5) con cui esso veniva a configurarsi ed imporsi, dal momento che le popolazioni del nuovo mondo (e quelle, anche del vecchio, come il continente nero, successivamente prese di mira nella tratta degli schiavi) non erano esse ad esercitarlo ma a subirlo, mentre gli europei lo impugnavano a supporto delle loro conquiste territoriali e colonizzazioni di quei territori. La sua natura, non essendo certamente di diritto «naturale» (che è una finzione dei filosofi giusnaturalisti che lo fondavano sulla «retta ragione» in quanto in natura non esiste nessun «diritto») ma positivo, storico, di classe, la si evince dal fatto che fu proprio un filosofo capostipite dei principi della tolleranza e del liberalismo, John Locke, a collegare in un nesso unico proprietà, lavoro, sopravvivenza, fondando su di esso la giustificazione e la legittimità del capitalismo: «la stessa norma della proprietà», in forza della quale ciascuno è proprietario dei frutti del proprio lavoro» [si fa per dire!], «può sempre valere nel mondo senza pregiudicare nessuno, poiché vi è terra sufficiente, nel mondo, da bastare al doppio di abitanti». </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">E in questa cornice, che ne costituisce anche lo sfondo storico, si collocava anche lo ius migrandi. Direbbe Paolo Villaggio che questa della proprietà dei frutti del proprio lavoro, come il film sulla corazzata Potiomkin «… è una cacata pazzesca!», ma tant’è…! Per Kant non solo sussisteva lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">jus migrandi</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, ma anche quello di immigrare, come «terzo articolo definitivo per la pace perpetua». Dal 1948 lo ius migrandi, con la Dichiarazione Universale dei Diritti (art.13) è parte integrante del costituzionalismo moderno, organico in quasi tutte le Costituzioni. La Costituzione italiana prevede lo </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ius migrandi </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">all’articolo 35. Come accade spesso nella storia che, anche per questo, non si ripete mai allo stesso modo, c’è una sorta di ironia nel rovesciamento di questa nuova ulteriore asimmetria, come la chiama Luigi Ferrajoli. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Per 5 secoli infatti, i colonizzatori europei hanno sciamato come cavallette su quei territori colonizzati espropriando, saccheggiando, deportando e depredando le relative popolazioni inermi, giustificando in vari modi la conquista o l’appropriazione di terra scoperta, mentre oggi sono proprio quelle popolazioni che scappano da quei territori dove gli europei fomentano guerre, distruzione, fame, disperati che bussano alle porte dei loro ex colonizzatori affinché applichino quello ius migrandi che loro stessi escogitarono come diritto naturale per conquistare i territori dei loro padri ma che ora trasformano l’immigrazione in criminalità, e quello di emigrare da «diritto» in reato. La legislazione italiana, di fatto, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini fino alla caccia all’emigrato «irregolare» varata da ultimo della serie dal ministro Minniti in territorio libico, è esemplare in questa metamorfosi che rende ancora più disgustoso il mito consolatorio di sé stessi e che assolve, magnifica e mistifica la sua vera natura ipocrita, ingannevole e criminale rispetto alle proprie ormai secolari malefatte, il mito degli «Italiani brava gente». Emblema di questa legislazione è infatti la criminalizzazione progressiva dell’emigrato, attraverso la creazione della figura, vero e proprio manufatto giuridico, del «clandestino», dell’ «irregolare», del «fuorilegge», spesso associato, per additarlo al ludibrio, di-sprezzo, razzismo, a quella del ladro, dell’assassino stupratore, al terrorista, un problema di ordine pubblico, di pubblica sicurezza. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Questa metamorfosi dello ius migrandi (da fondamento del diritto internazionale, della libera e irenica circolazione delle mercanzie e degli esseri umani degradati a non-persone che paradossalmente vengono commerciate anch’esse sul mercato) in invasione di territorio privato, non più libero, in un mercato di merci, capitali e forza-lavoro protetto da muri, fili spinati, dazi doganali e armi a gogò. Il capitalismo sembra diventare un genere di formazione sociale che corre verso l’autodistruzione e l’autofagia, che si auto-cannibalizza, e trae sempre più profitto dai disastri, dalle guerre e persino dalle malattie, dalla fame, dalla regressione sociale e dalla morte che sempre più spesso coglie i lavoratori sul posto di lavoro. Siccome è impossibile tamponare un fenomeno come quello che esso stesso genera quotidianamente, allora lo utilizza. Non a caso e sempre più spesso nei luoghi di lavoro prevalgono i lavoratori immigrati, disposti a lavorare e spezzarsi letteralmente la schiena (vedi logistica e Amazon da un po’ di tempo a questa parte!) per salari bassissimi che spesso le aziende non versano nemmeno, e senza rispetto di nessuna norma di quella sicurezza che invece essi invocano contro l’immigrazione «irregolare». </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dal 2008, anno di inizio della crisi che non passa, la legislazione italiana ha cominciato a trarre vantaggio dall’immigrazione e ha introdotto, per qualunque reato, l’aggravante della condizione di clandestino, l’aumento della pena fino a un terzo e il divieto di concedere le attenuanti generiche sulla sola base dell’assenza di precedenti penali, si allunga da 2 a 6 mesi la permanenza dei clandestini nei centri di espulsione (Cie), si introduce il lavoro gratuito col cosiddetto «baratto amministrativo» per cui gongolano le pubbliche amministrazioni parassite, che cinicamente non pagano più per i lavori socialmente utili, o speculano sul lavoro non pagato del volontariato e con tutte le forme rinnovate del lavoro schiavistico che con i flussi migratori si diffondono a scala planetaria. Sempre meno il velo sacro del diritto riesce a mascherare il carattere diabolico della legge e sarà da questa manifestazione evidente del carattere violento, oppressore dell’intoccabile autorità del Leviatano che i cuori e le menti potranno aprirsi alla trasgressione cosciente che il re è ormai nudo e va abbattuto in un processo rivoluzionario, al cui cospetto ogni legge o forza impallidisce.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">NOTE:</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(1) Cfr. DANTE LEPORE, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il nodo ecologico nel marxismo del XXI secolo</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, in </span><span class="fs17 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: #365899; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><a href="https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/11177-dante-lepore-il-nodo-ecologico-nel-marxismo-del-xxi-secolo.html" target="_blank">https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/11177-dante-lepore-il-nodo-ecologico-nel-marxismo-del-xxi-secolo.html</a></span><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(2) F. DE VITORIA, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Relectio de Indis. La Questione degli Indios</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, testo critico di L. Pereña, ed. italiana e trad. di A. LA MACCHIA, Bari 1996.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(3) </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Hispani habent ius peregrinandi in illas provincias et illic degendi, sine aliquo tamen nocumento barbarorum, nec possunt ab illis prohiberi </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(</span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">De Indis</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, I, 3, I, p. 78: “prima conclusio”)</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(4) F. DE VITORIA, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">De iure belli </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(1539), traduzione, introduzione e note di Carlo Galli, con testo latino a fronte, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. LX-112.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(5) Considerazioni interessanti su questa materia da parte dell’insigne giurista LUIGI FERRAJOLI, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Fuori legge - Il razzismo istituzionale del governo</span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, in </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il Manifesto </span></i><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">del 12 settembre 2009, </span><span class="fs17 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: #365899; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><a href="http://www.meltingpot.org/Fuori-legge-Il-razzismo-istituzionale-del-governo.html#.Wqf1N-SotEY" target="_blank">http://www.meltingpot.org/Fuori-legge-Il-razzismo-istituzionale-del-governo.html#.Wqf1N-SotEY</a></span><span class="fs17 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 17px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="font-size: 14.6667px;"> </span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-54945220727408100282018-01-01T11:03:00.000+01:002018-12-07T18:39:43.215+01:00Il nodo ecologico nel marxismo del XXI secolo (Newsletter Nr. 57)<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; color: maroon; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dante Lepore, 01/01/2018 (Da <a href="https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/11177-dante-lepore-il-nodo-ecologico-nel-marxismo-del-xxi-secolo.html" target="_blank">Sinistra in Rete</a>)</b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-7f6aFfBA9Z4/WzNRvULvHfI/AAAAAAAAJxE/Bv-321iSmdU44pGKwKIjSq8aVo3-_DyUACLcBGAs/s1600/ecologia%2B1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="234" data-original-width="280" src="https://3.bp.blogspot.com/-7f6aFfBA9Z4/WzNRvULvHfI/AAAAAAAAJxE/Bv-321iSmdU44pGKwKIjSq8aVo3-_DyUACLcBGAs/s1600/ecologia%2B1.jpg" /></a></div>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo di Dante Lepore sulla “questione ecologica”, una delle grandi questioni mondiali del nostro tempo, largamente dimenticata nel dibattito in corso. </i></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></i></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Certo, non mancano le grida di allarme. Di recente, ad esempio, G. Monbiot ha richiamato l’attenzione sull’Insectageddon – la catastrofica diminuzione degli insetti; altri scienziati hanno messo in primo piano il surriscaldamento globale; altre denunce ancora si concentrano sulla penuria (e lo spreco crescente) di acqua. Ma anche gli ecologisti più seri restano imprigionati in visioni parziali, che non arrivano ad afferrare la causa profonda, sistemica, delle minacce alla stessa sopravvivenza della specie, che è costituita dal modo di produzione capitalistico, e dalle sue implacabili, immodificabili, cieche leggi di movimento. </i></span><br />
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></i></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il contributo di Dante Lepore va, invece, proprio in questa direzione e mette capo alla necessità di dare una risposta di lotta radicale e globale ai poteri globali che esercitano la distruttiva dittatura del capitale sulle nostre vite e sulla vita della natura.</i></span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">1. Marxismo e rapporto capitalistico uomo-natura: gli effetti contro l’uomo</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Una delle conseguenze più deleterie scatenate dal capitalismo a danno della natura nel suo insieme animale e vegetale e della sua parte più evoluta e cosciente, l’uomo, sta nell’aver accelerato al massimo, nei ritmi e nel livello quantitativo, la scissione e il saccheggio di entrambi, con riflessi, da alcuni decenni, sull'intero ecosistema (dal greco, oikos significa ambiente), seminando ovunque dove prima c’era unità, comunità, uguaglianza, ogni genere di opposizione, differenza, dominio di alcuni su altri, diseguaglianza economica.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’uso capitalistico della merce terra coltivabile è lo stesso di quello della merce forza-lavoro: la «valorizzazione», la capitalizzazione, sia essa finanziaria o industriale, che non serve più a soddisfare né il complesso di bisogni dell’uomo, né il suo ambiente naturale, ma a depredarli entrambi. La caratteristica peculiare del processo di accumulazione, della necessità di elevare il saggio di plusvalore e di profitto che tende storicamente a calare, il suo dinamismo (perché il capitalismo è essenzialmente quantità e velocità!), portano inevitabilmente alla separazione dell’elemento culturale e dell’artefice-uomo dalla natura, che da Marx è chiamata il corpo inorganico dell’uomo. Il risultato non può essere che la crisi, la diseguaglianza, l’anarchia o il caos.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Questa caratteristica del funzionamento del capitalismo è connaturata con esso e insopprimibile, ciò significa che, riducendo la quantità e la velocità nella produzione di merci etc., non si supera il capitalismo né lo si rende più umano e rispettoso sia dell’uomo che della natura, non si risolvono i problemi ecologici generati dal capitalismo, rendendolo meno selvaggio e aggressivo, come vorrebbero le ideologie della decrescita più o meno «felice» (S. Latouche, M. Pallante): «fruire di meno beni, consumare meno merci, e soprattutto meno energia e meno territorio». Marx individuò nel lavoro umano, in quanto rapporto dell’uomo con la natura, quello che chiamò il «ricambio organico» o «metabolismo» generale della natura. Ora, alcuni ecologisti e climatologi, come James Hansen, teorizzano l’avvento dell’era «Antropocene», nella quale la specie uomo è divenuta una forza geologica, soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale e soprattutto dall’uso intensivo delle risorse energetiche fossili, un uso che modifica profondamente e velocemente l’habitat, mettendo in crisi l’eco-sistema, in contrasto con i ritmi relativamente più lenti anche delle precedenti fasi di urbanizzazione. E fu proprio J. R. Mc Culloch, discepolo di Ricardo,che rilevò come l’invenzione della macchina a vapore avesse lo scopo disollevare dall’incombenza di costruire fabbriche lungo il corso dei fiumi per sfruttare la forza delle cascate naturali dove prima sorgevano le fabbriche lontano dai centri abitati. Da allora il capitalismo ha introdotto la rottura più radicale col passato, che alcuni cominciano definire come «capitalocene» in quanto non solo trasformazione dei rapporti sociali ma anche alterazione del rapporto tra l’umanità e la natura. La separazione tra città e campagna è cresciuta, e la concentrazione della popolazione in nuove, e sempre più grandi, aree urbane ha determinato l’adozione di nuove tecnologie e metodi di lavoro. I combustibili fossili sono diventati la forma dominante di energia, consentendo al capitale di sfruttare ulteriormente la forza-lavoro.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La crisi ecologica prima del XXI secolo non è mai stata un qualcosa di inevitabile. La natura non è dunque un Altro da noi, il nostro “al di là”, e non è soltanto il luogo del nostro insediamento, il nostro habitat, in definitiva il pianeta terra, come lo considerano gli ecologisti, anche quelli più critici e consapevoli. Soltanto il marxismo, in quanto materialismo e in quanto dialettico, non cesserà mai di battere il chiodo su questa elementare constatazione: che la <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">natura</i> siamo anche <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">noi</i> esseri umani e non c’è vulnus inflitto alla natura che non sia un vulnus inflitto alla specie umana. Ciò era evidente a Marx nel rapporto tra città e campagna, allorché la rivoluzione industriale produsse la prima devastante deforestazione d’Europa per il carbone, rapporto città-campagna giunto oggi, quando l’energia da fonti fossili si è spostata sul petrolio, al punto in cui solo alcuni anni fa la popolazione urbana ha superato quella rurale a livello mondiale, con conseguenze sulle masse contadine espropriate e trasferite solo in parte nelle periferie e negli <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">slums</i> delle sempre più mostruose megalopoli, non poche delle quali hanno rapidamente superato la soglia dei 10 milioni di abitanti e anche più. Marx lo vedeva in prospettiva già nel <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Capitale</i>: «Con la produzione sempre crescente della popolazione urbana che la produzione capitalistica accumula in grandi centri, essa accumula da un lato la forza motrice storica della società, dall’altro turba il ricambio organico fra uomo e terra, ossia il ritorno alla terra degli elementi costitutivi della terra consumati dall’uomo sotto forma di mezzi alimentari e di vestiario, turba dunque l’eterna condizione naturale di una durevole fertilità del suolo». E ne faceva un primo bilancio in termini di saccheggio e distruzione: «La scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica. Questi procedimenti idillici sono momenti fondamentali dell’accumulazione originaria».</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">All’inizio del XX secolo[1], c’erano al mondo solo 16 città (la maggior parte delle quali nei paesi sviluppati) con 1 milione o più di abitanti e solo 4 lo superavano (Londra, Parigi, Berlino, New York). Oggi le città con questo numero di residenti sono circa 400 e circa 3/4 di queste si trovano nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, in cui si stima che almeno 1 abitante urbano su 4 viva in assoluta «povertà». Questa povertà è chiaramente visibile in tutte le principali città: inquinamento, quartieri sovraffollati, alloggi inadeguati, un insufficiente accesso all’acqua pulita potabile, ai servizi igienici e ad altri servizi sociali e fame, sempre più fame. Per darne un’idea, nel 2015, secondo la polizia di Delhi (metropoli di 16 milioni nel 2015), sono stati raccolti dalle strade cittadine tremila cadaveri di senzatetto. Fra meno di una decina d’anni, le metropoli di Giacarta, Dacca, Karachi, Shanghai, Bombay conteranno ciascuna venticinque o più milioni di abitanti. Ancora nel 1950, la popolazione urbanizzata dell’intero pianeta era di 736 milioni e 796 mila persone, ma qui comincia l’accelerazione. Negli anni ’60 veniva superato il miliardo e nel 1970 un miliardo 331 milioni e 783 mila. Nel 2000 si raggiunse la cifra di 2 miliardi 274.554. Nel 2005 la popolazione delle città era di 3 miliardi 164.635.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Le previsioni, sempre secondo l’ONU, darebbero:</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2010: 3.494. 607.000 abitanti urbanizzati;</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2020: 4.209.669.000;</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2030: 4.965.081.000;</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2040: 5.708.869.000;</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2050: 6.398.291.000.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Un’urbanizzazione accelerata, i cui processi sono diversi tra loro, con differenze marcate e sviluppo a pelle di leopardo. In Europa e negli Stati Uniti da qualche decennio dilaga lo <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">sprawl</i> urbano, la cosiddetta «città diffusa» che, espandendosi, perde la densità originaria, travolgendo i vecchi quartieri operai o snaturandoli nella <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">gentrificazione</i>. La gentrificazione è quel processo per cui, nelle metropoli, strati di piccola e media borghesia vanno a vivere in quartieri precedentemente operai, con esclusione di poveri e tendenza all’omologazione di stili di vita, mode e atteggiamenti culturali particolarmente degradanti, postmoderni. Le misure di gentrificazione vengono strombazzate come volte a riqualificare quartieri, aree industriali dismesse e centri storici, in realtà sono motivate da ben altre ragioni, per trasformarle in «aree-vetrina» turistiche e commerciali, o per soddisfare esigenze di gruppi sociali ad alto reddito, o semplicemente per speculazione edilizia. Si creano, oltre le vecchie periferie, nuove aree di marginalizzazione, come le <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">banlieues</i> parigine, le periferie inglesi e i quartieri ghetto, le «aree dismesse» come la «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">maquiladora</i>» alla «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">frontera</i>» tra USA e Messico, nata per schiavizzare la manodopera messicana inizialmente nell’industria dell’auto e poi anche dei computer e smarthphone come la taiwanese Foxconn, poi delocalizzata nello Shenzhen cinese che, a sua volta, diventa una megalopoli di diversi milioni di abitanti, espressione del rampante capitalismo cinese che si articola anche dalla Turchia all’Europa e soprattutto all’Africa.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il paradosso che conferma l’ambiguità di ogni misura correttiva volta ad agire sull’ambiente è che il trattato di libero scambio del Nord America (NAFTA) viene sancito da Bush senior con un muro metallico esteso per oltre un migliaio di km per prelevare e filtrare forza lavoro «regolare» dai movimenti migratori internazionali, quel muro che ha già prodotto devastazione ambientale e che ora Trump vorrebbe estendere fino a 3500 km, cementando e rivestendolo di pannelli solari per cavarne energia a basso costo e propagandisticamente pulita, a spese dei messicani e con ulteriori devastazioni ambientali sulle acque (freno alla corsa di fiumi e rivi d’acqua, agendo da vera e propria diga) e sulla deforestazione ulteriore. Un serio pericolo che si aggrava mettendo a repentaglio la vita di ben 800 specie animali autoctone, 180 delle quali già a serio rischio di estinzione tra cui il giaguaro, l’antilocapra americana, l’aquila di mare testa bianca e il lupo grigio. In quell’area di confine che è Ciudad Juárez, classificata come zona economica speciale, le imprese sono esentate dal pagamento delle tasse e dell’Iva. Città letteralmente industriale, con una miriade di fabbriche di grandi dimensioni intrecciate nel tessuto urbano. Con ben 32 parchi industriali dedicati alla produzione, la maggior parte degli stabilimenti non è separata fisicamente dall’area cittadina, ma si situa a fianco delle abitazioni. Nel 2013 in tutto il Messico le <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">maquiladoras</i> a regime speciale erano 6.300 e occupavano 2,3 milioni di persone, per quasi il 90% in mansioni alla linea di montaggio. Dal 2004 vi opera la Foxconn, che è diventata la più importante impresa di elettronica in Messico. Qui si tocca con mano il degrado ambientale e umano: violenza messa in campo da bande armate e polizia, sparizione periodica di persone in numero rilevante, e uccisioni (dal 1993 al 2014 sono state uccise circa 4000 donne in massima parte provenienti da classi popolari, impiegate nell’assemblaggio, nel narcotraffico e nella prostituzione).</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<br /></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-XbHGezeSBkk/WzNSANn5xzI/AAAAAAAAJxM/DQcW1PJp6xgHQFxCKh0uDBOwAQ7ehPX7ACLcBGAs/s1600/ecologia%2B2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="500" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-XbHGezeSBkk/WzNSANn5xzI/AAAAAAAAJxM/DQcW1PJp6xgHQFxCKh0uDBOwAQ7ehPX7ACLcBGAs/s400/ecologia%2B2.jpg" width="400" /></a></div>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Non è però da credere che questa realtà ripeta la sorte dell’urbanizzazione ed espansione industriale con relativa occupazione operaia tra Ottocento e Novecento. Tutt’altro, questo mondo è anzi in smobilitazione e contrazione con conseguente regressione sociale. Qualcuno (Gregory Gouldin) afferma anzi che non è più tanto la gente di campagna che emigra verso le città, ma è la città che si muove verso la campagna. Accanto a processi di urbanizzazione ancora legati all’industrializzazione c’è un altro tipo di crescita urbana in cui la vecchia città industriale si trasforma deindustrializzandosi. Per fare un esempio della zona dei grandi laghi negli Stati Uniti, epicentro dell’industria automobilistica fino alla fine anni ’60, ora è uno spettacolo desolante a vedersi, centinaia di km di impianti arrugginiti dall’aspetto spettrale, abbandonati. Case e villette abbandonate, espropriate perché non finite di pagare da operai disoccupati e indebitati. Nel luglio 1967, Detroit era la quinta città degli USA (oltre 1 milione e mezzo di abitanti) con un proletariato, a maggioranza nero, di 800 mila operai solo nell’industria automobilistica della zona. I moti che scoppiarono in seguito alla crisi automobilistica videro impegnati 13 mila paracadutisti della 101<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">^</sup>Divisione, e carri armati, mentre polizia e Guardia nazionale si rivelarono impotenti a contenerli. Oggi l’antica capitale dell’automobile è una <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Shrinking City</i> (città che «si riduce»): specchio della decadenza e della regressione sociale, ha perduto la metà della popolazione, circa un milione di abitanti, il 35% del territorio municipale è disabitato, e il processo si è aggravato con la crisi dei <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">subprime</i>: 67 mila abitazioni sono state sequestrate in tre anni. Una delle metropoli più povere, con un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà, 9 abitanti su 10 neri, con un apartheid fisico tra centro e sobborghi dove si concentrano le classi medie e le attività economiche. I grattacieli abbandonati del centro-città, aste senza bandiere, sono ormai i simboli della decadenza. Carcasse carbonizzate, parcheggi abbandonati, fabbriche dismesse, l’urbano si decompone, l’addensamento si ruralizza, e riprendono i suoni della natura, il canto del gallo e degli uccelli selvatici. Solo la <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">banlieue</i> avanza. Secondo Kurt Metzger, direttore di un ufficio studi demografici locale, il tasso reale di disoccupazione raggiunge anche il 40% (contro il 28,9% «ufficiale»). Ciò significa minore base fiscale e drastiche riduzioni dei servizi pubblici. Il tasso di mortalità infantile s’impenna al 18 per mille (3 volte la media degli USA, e uguale a quello dello Sri Lanka). Ovviamente … si sciopera sempre meno. La situazione di Detroit è analoga a tutte le città della zona dei Grandi Laghi, dove la fatiscenza degli scheletri arrugginiti degli impianti dismessi e la devastazione si estende per centinaia di km! Ma è solo un esempio di una realtà ad illustrare parzialmente la quale non basterebbe un libro e qualcuno come Mike Davis lo ha fatto nel 2006. Un dato che dovrebbe far riflettere è che in India le persone che vivono negli slum sono 160 milioni, in Cina più di 194 milioni. In Nigeria, Pakistan, Bangladesh, Tanzania, Etiopia e Sudan oltre il 70% della popolazione urbana vive negli slum.</span><br />
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-yqwCdLa6OjI/WzNSMPRnQtI/AAAAAAAAJxQ/93gTTpCIid4U48HLqRhsfNjJMmpOPRv7wCLcBGAs/s1600/lepore1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="473" data-original-width="547" height="552" src="https://3.bp.blogspot.com/-yqwCdLa6OjI/WzNSMPRnQtI/AAAAAAAAJxQ/93gTTpCIid4U48HLqRhsfNjJMmpOPRv7wCLcBGAs/s640/lepore1.jpg" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Parlando di regressione sociale e di periferie non possiamo certamente tralasciare quelle delle città italiane o le baraccopoli della Milano-Brescia, espressione prevalente di una sovrapproduzione di umanità che come si vede è sempre meno lo specchio dell’espansione millantata e sempre più della regressione sociale (peggioramento delle condizioni di vita dei salariati, pauperizzazione, perdita dei diritti e garanzie sociali, criminalizzazione, razzismo, schiavitù). La stessa California, epicentro dell’area del Pacifico in sviluppo nell’era reaganiana, rispetto al ristagno dell’area atlantica ed ora paurosamente in crisi con milioni di disoccupati, vede spuntare insediamenti non diversi da quelli che attorniano le città dell’America Latina. A Palm Springs, a pochi passi dalle case milionarie, sul territorio della riserva indiana, si trovano <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">slums</i>, detti <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">colonias</i>, che ospitano i contadini locali. Le denominazioni di questa immigrazione e addensamento nelle periferie delle megalopoli sono le più diverse, si va dalla «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">favela</i>», al «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">basti</i>», al «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">kampung</i>», al «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">gecekondu</i>», con abitazioni povere e abusive prive di acqua potabile, servizi igienici, fogne, strade e depositi per i rifiuti, utilizzati come spazio abitativo e insieme come luogo di lavoro, senza soluzione di continuità, costruite con mattoni crudi, rottami di ferro, legno di scarto, cemento o blocchi di fango, lamiere, teli di plastica o di stoffa, paglia, fogli di amianto, sacchi di iuta, cartone e altri rifiuti riciclati per un uso del tutto inadatto.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Secondo Mike Davis, il miliardo di umani che vive negli slums ha dimore meno solide di quelle dei primi cittadini neolitici di Catal Höyuk. Né è da pensare che si tratti di case in proprietà. I padroni degli slum sono in genere usurai, negozianti, poliziotti, funzionari di basso livello, venditori di bevande alcoliche, spacciatori, cambiavalute illegali, allibratori o capi banda, che affittano le case e i tuguri di cui sono proprietari. Alcuni accumulano denaro riscuotendo legalmente o illegalmente tributi dai poveri. Los Angeles, un paradossale insieme di 120 sobborghi, è la capitale, già dagli anni ’60, degli <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">homeless</i>, con oltre 100 mila senzatetto. Nelle baraccopoli di Libertador a Caracas ci sono 2 milioni di persone. Proprio nella capitale, Washington, solo due strade dopo il Campidoglio, si snoda una realtà diversa, fatta di carcasse di auto, palazzi sventrati e senza vetri alle finestre. Gli abitanti degli slums periferici di Lisbona si chiamano <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">clandestinos</i>, e guarda caso clandestini anche in Italia dove sono diffusi non solo nelle grandi città e a Milano, dove i cosiddetti irregolari per l’80% lavorano anche il sabato, e dove solo l’8,3% delle domande di regolarizzazione è stato accolto. E non erano nemmeno <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">clandestini</i> quelli «abusivi» buttati fuori, dopo una vera e propria mattanza militare in questi giorni a Cinecittà e a piazza Indipendenza a Roma, in stabili tutt’altro che fatiscenti ma sottoposti a speculazione edilizia, in mezzo alla strada con centinaia di famiglie a prevalenza di lavoratori immigrati.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il problema dell’habitat è talmente esasperato che a Bombay ci sono da 10 a 12 milioni di occupanti «abusivi» e abitanti di casamenti, anche nei cimiteri, su 19 milioni di abitanti: è la capitale globale dello slum, seguita da Città del Messico e Dhaka (9-10 milioni ciascuna). Sempre a Bombay, dove solo 90 persone controllano la maggior parte di tutti i suoli liberi, un milione e mezzo di proletari, pur avendo un lavoro, sono privi di un tetto e dormono sui marciapiedi o nelle tombe dei cimiteri, o in <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">chawl</i> (fatiscenti monolocali di 15 m<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup>, dove sono in 6, con in media 1 bagno ogni 5 famiglie). Mentre, in quella che è chiamata la «città dei morti», al Cairo, le tombe settecentesche dei Mamelucchi ospitano circa un milione di senzatetto (<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">cenotàfi</i> e làpidi sono usati come testiere di letto, tavoli, scansie), e un altro milione dorme sui tetti delle case, e ciò, più che costituire un problema, diventa materia di speculazione edilizia e persino motivata come attrattiva turistica: la «città dei morti» è classificata al diciannovesimo posto nella lista degli slums più grandi del mondo (di cui ben quattro sono al Cairo). In Egitto l’acquisto di suoli edificabili o già edificati «è diventato il terzo maggior settore di investimento non petrolifero dopo l’industria manifatturiera e il turismo» (Mike Davis, 2006). Non sono da meno le periferie mediterranee, come ad Atene e Napoli anche se mentre negli slum delle regioni sviluppate del mondo vive solo il 6% della popolazione, in quelli dei Paesi considerati, contro ogni evidenza, «in via di sviluppo» abitano i tre quarti dei residenti urbani. Così pure sulla «quarta sponda», da Tunisi a Casablanca a Tripoli al Cairo a Port Said.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nell’Europa Orientale, lo slum peggiore è probabilmente quello noto come la «Cambogia», a Sofia, dove vivono relegati 35 mila rom. Di fatto, il concetto stesso di «cittadinanza» è superato in quanto criterio di inclusione (anche se usato come arma di esclusione). Quello dei campi rom è argomento tragico dove si concentrano tutti i prodotti del degrado, dal razzismo alla speculazione urbanistica, al malaffare, alla prostituzione, allo schiavismo stile antico, alla tratta. Tralasciamo l’habitat disperso, come i ponti, le stazioni delle metropolitane, i casali, i casotti, le masserie abbandonate del mezzogiorno d’Italia, quelle della Capitanata per intenderci, e le fabbriche abbandonate, palazzi deserti fatiscenti e privi di servizi, porticati o marciapiedi, mèta obbligata di una umanità all’ultimo stadio, come gli anziani, i dimenticati, destinati a morire alla prima gelata, gli schiavi dei caporali. Mosca sembra la capitale di questi <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">slum</i>, concentrato sociale di eserciti di <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">squatter</i>, minoranze nazionali, immigrati privi di documenti e soprattutto anziani, tanti anziani, spremuti e abbandonati. In Europa centrale, ma anche in Italia e altrove, è diffusa anche la forma di habitat su caravan.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">regressione sociale</i> e il pauperismo sono l’aspetto più vistoso del problema ecologico dal versante umano del metabolismo uomo natura. Attualmente la regressione sociale è il prodotto più genuino e alla lunga dirompente dell’urbanizzazione del mondo capitalista, specie là dove tale processo è ulteriormente stravolto da squilibri economici e sociali indotti dal colonialismo coadiuvato dal razzismo. È un aspetto risultante dal movimento complessivo del capitale che produce una classe universale (Marx, <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Grundrisse</i>), un proletariato immenso, nel senso di un insieme di uomini privi di ogni riserva e di vita reale, ma la cui esistenza «normale» è squallido riflesso e imitazione delle forme inorganiche alienate in cui il valore «si manifesta» in tutta la sua pietrificata onnipotenza. L’Asia e l’Africa sono solo l’epicentro di tali squilibri pervasivi delle conurbazioni. La popolazione urbana africana, cresciuta di oltre 10 volte dal 1950, raggiungerebbe il 63% nel 2050, ma già in Tunisia, Cirenaica e altrove, il 60% è urbanizzato e concentrato nella zona costiera, mentre quella asiatica dovrebbe raddoppiare. Otre la metà degli Indiani, 3/4 dei Cinesi e l’80% degli Indonesiani vivrà in città. Secondo il Rapporto 2008 sull’Urbanizzazione della Cina, redatto e pubblicato a Pechino, 15.04.2009, dall’Associazione Nazionale dei Sindaci, «la velocità dell’urbanizzazione attualmente in corso in Cina non ha precedenti nella storia umana», e «la popolazione agricola residente nelle aree urbane ha toccato il 45,68%, superando la quota dei 600 milioni di persone e ribaltando quasi del tutto i millenari equilibri città/campagna dell’ex Celeste Impero». In Cina, dai tardi anni ‘70 a oggi, 200 milioni di persone si sono trasferite a Donguang, Shenzhen, Fushan e Chengchow. Si calcola che i <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">mingong</i> cinesi (lavoratori stagionali) siano oltre 200 milioni, ma molti sfuggono ai censimenti proprio perché stagionali. Se si contassero tutti i <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">mingong</i> non registrati, la popolazione di Shanghai supererebbe i 20 milioni di persone. Vivono in capannoni, più affollati delle prigioni, e d’inverno a Pechino sono riversati nelle strade costretti a sopportare temperature polari e i venti impietosi del deserto del Gobi. Il governo cinese e i pianificatori di Pechino hanno reagito alla crisi del 2008 usando l’edilizia come strumento per sostenere l’economia «reale» e moltiplicare il Pil, programmando centinaia di megalopoli e arrivando ad annunciare di voler fondere Pechino con il porto di Tianjin e con la regione dell’Hebei, per creare Jjj, una nuova capitale da ben 130 milioni di abitanti. Secondo un reportage (Cecilia Attanasio Ghezzi e Nicola Longobardi, <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Le metropoli cinesi stanno divorando le campagne</i>): tra il 2011 e il 2012 la Cina ha prodotto più cemento che gli Stati Uniti in tutto il XX secolo. Ma le grandi città cinesi, non poche delle quali persino lussuose ma lasciate vuote e abbandonate per assenza di acquirenti e costruite per pura speculazione, ingoiano le campagne circostanti a ritmi vorticosi. Lo scenario che ne esce fuori è che da un lato la deforestazione si mangia i polmoni verdi del pianeta, dall’altro sorgono vere e proprie foreste di grattacieli…vuote, semivuote e spettrali! Il motivo è sempre lo stesso: se la macchina produttiva smette di procedere a ritmi sempre più veloci, cade tutto con l’industria immobiliare, che coinvolge acciaio, cemento, vetro e carbone, e rappresenta con l’indotto almeno il 15% del PIL! Le imprese edili cinesi stanno facendo altrettanto in Africa costruendo interi quartieri che restano vuoti proprio come in Cina. I contadini diventano operai, con centinaia di milioni di persone che cambiano stile di vita. E non c’è contraddizione più vistosa che quella cinese: la Cina, che ha il 40% degli agricoltori del mondo, ma solo il 9% (o il 7%, a seconda delle fonti) del terreno agricolo mondiale, ha acquistato 2,1 milioni di ha in Sud America, nel Sud Est asiatico e in Australia, mentre vede ridursi al proprio interno le superfici coltivabili, e le fonti d’acqua arretrano con l’avanzare dell’industria, e così investe in questa direzione le sue riserve valutarie (1800 miliardi di $). E mentre dal Kazakistan al Queensland (Australia), dal Mozambico alle Filippine, le imprese cinesi coltivano riso, soia, mais, canna da zucchero, manioca, sorgo in cambio di tecnologie, di formazione e di fondi di sviluppo di infrastrutture, per converso, il Giappone compra terre in Cina, oltre che in Brasile.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il cambiamento climatico riduce la disponibilità di terre coltivabili e questo fa la manna per l’aumento della rendita e le banche ci vanno a nozze. La <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Deutsche Bank</i> e la <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Goldman Sachs</i> (proprio lei, certo!) possiedono aziende e industrie della carne d’allevamento in Cina. La Banca d’investimenti <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Morgan Stanley</i>, quella rifinanziata dal Dipartimento del Tesoro USA, possiede 40.000 ha in Ucraina, granaio d’Europa, dove anche il fondo speculativo russo <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Renaissance Capital</i> ne possiede 300.000. Viceversa, la lituana <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Agrowill </i>e le svedesi <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Alpcot Agro</i> e <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Black Earth Farming</i> investono massicciamente in Russia. Non possono mancare gli Americani: <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Black Rock</i> (fondi d’investimento) costituisce un fondo speculativo agricolo di 300 milioni di $, di cui 30 milioni per acquisto di terre. La <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dexio Capital</i> (GB) compra 1,2 milioni di ha nelle steppe russe. La francese <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Louis Dreyfus Commodities</i>, che già deteneva 60.000 ha in Brasile, compra e affitta terre in Nigeria e nell’Africa sub sahariana. Dal canto loro, la Banca Mondiale e la BERD (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) brigano affinché i governi sciolgano lacci e lacciuoli per facilitare l’acquisto di terre da parte degli investitori stranieri. E qui la contraddizione sta nel fatto che proprio paesi importatori netti di derrate, come il Kenia, la Tanzania o il Madagascar, sono tra quelli presi di mira, insieme ad altri come Uganda, Pakistan, Brasile e paradossalmente il Sudan, dove la contraddizione è al limite della follia, con un Darfur in crisi che fa assommare a 5,6 milioni i rifugiati da sfamare. La Cambogia, che affitta terreno per 600 milioni di $ al Qatar e al Kuwait, è poi proprio quella che deve attingere a 35 milioni di $ del Programma alimentare mondiale per alleviare la fame di oltre mezzo milione di persone sottoalimentate. I contraccolpi di queste nuove <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">enclosures</i> globalizzate sono l’aspetto biblico di una nuova questione agraria globale in cui la prospettiva di un’enorme proletarizzazione di contadini poveri senza terra, destinata a ingigantire le bidonville che circondano le megalopoli di quelle zone, genererà processi di sviluppo con migrazioni in ogni direzione, occupazioni di terre, lotte per la proprietà, diritti elementari ecc. a cui gli internazionalisti è bene che prestino molta attenzione. I termini quantitativi sono emblematici: a livello mondiale, il 4% dei proprietari fondiari possiede, già ora, la metà delle terre coltivabili del pianeta. E l’Enel che vanta “diritti” sulle acque degli assetati Mapuche mostra appena un’idea del cinismo imperialista.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">2. Il capitalismo contro la natura: effetti sull’ambiente e sull’uomo</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quello tra gli uomini e la natura è inoltre, di fatto, un sistema che va considerato in scala, per cui qualunque fenomeno di qualsivoglia entità chiama in causa sia gli uomini che la natura. Ciò fa sì che quando si introduce qualunque innovazione nel processo produttivo lo si fa unicamente per il livello di profitto intravisto e senza badare al fatto che inevitabilmente ciò si riflette in scala su tutti gli elementi del sistema. Cosi, per es., l’uso della plastica e suoi derivati è cresciuto notevolmente negli ultimi 40 anni e il trend si riflette sulla composizione del rifiuto antropico marino, di cui la plastica rappresenta la frazione merceologica preponderante (nel 2011, dal 60% all’80% del totale, con punte del 90-95% in alcune regioni, secondo l’Unep, il <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente </i>con sede a Nairobi, in Kenya), una presenza particolarmente dannosa per diverse specie animali come cetacei, tartarughe, pesci, uccelli marini, etc. Notizia del tg1 del 6 settembre è che le acque potabili presentano particelle di plastica anche nei fiumi italiani. Diverse fonti e studi segnalano che a causa della presenza massiccia di materiale plastico nei mari e negli oceani si sono creati grandi vortici come il Pacific Plastic Vortex, la cui estensione è stimata arrivare a qualche milione di km<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup>, a causa di molti milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti. Altri studi rilevano la presenza di altri vortici marini presenti in altre parti del globo terrestre. Secondo l’Unep e l’Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mammiferi marini, 49 sono a rischio di intrappolamento o ingestione di rifiuti marini. I cetacei e i mammiferi marini vengono attratti da questi materiali spesso di colore acceso. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamantini sono tutti stati trovati ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguente soffocamento. Circa 100.000 mammiferi marini, di cui 30.000 foche, e un numero rilevante di tartarughe rimangono uccisi dalla plastica in mare ogni anno nel mondo. Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappolamento.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-SXhxOOUpeH4/WzNSmPLUS2I/AAAAAAAAJxc/5ujfjJ7w3Lc-Qdd9t9e8Lc3Q87KgNrivwCLcBGAs/s1600/ecologia%2B3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="375" data-original-width="500" height="240" src="https://4.bp.blogspot.com/-SXhxOOUpeH4/WzNSmPLUS2I/AAAAAAAAJxc/5ujfjJ7w3Lc-Qdd9t9e8Lc3Q87KgNrivwCLcBGAs/s320/ecologia%2B3.jpg" width="320" /></a></div>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">E sempre per il fatto che il capitalismo è un «sistema» dinamico operante esclusivamente per accumulare sempre più capitale, questo lo rende indifferente verso le conseguenze non previste nonché impotente ad affrontarne i tentativi di rimedio e la sfida per la sopravvivenza, a meno che il rimediare ai danni da esso stesso provocati non costituisca una fonte di ulteriori e maggiori profitti. Questa intima sua coerenza è al tempo stesso contraddittoria nei risultati, perché più mira all’accrescimento più accelera la tendenza alla distruzione, perché proprio la specificità sistemica di accumulo graduale e quantitativo dei fattori è diventata veloce in grado esponenziale e va determinando punti critici di peggioramento del rapporto tra le specie viventi e il territorio, insomma una inversione dialettica che giunge a rompere irreversibilmente e in modo imprevedibile un rapporto considerato fino alla prima rivoluzione industriale nel complesso ancora equilibrato. In definitiva, si tratta di afferrare razionalmente questo concetto, e cioè che qualunque progetto volto a ridurre, a frenare o invertire, o bloccare, e men che meno a prevenire, l’avanzamento catastrofico dell’eco-sistema, resta inutile o può essere considerato solo una pia intenzione, se si pretende di fare tutto ciò agendo sugli effetti o su parte di essi ma mantenendo in vita un sistema capitalistico ossessionato a ritmo paranoico dallo spettro della crescita economica che tale catastrofe sta provocando. Detto banalmente, il difetto sta nel manico: il capitale diventa un ostacolo per se stesso.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il carattere interconnesso e a scala del capitalismo come sistema economico richiede per conoscerlo un approccio eco-sistemico che consenta di inquadrare anche il problema centrale e più controverso della questione ecologica dal punto di vista materialista: quello che da qualche decennio è indicato come l’insieme di «cambiamenti» definiti climatici e il cui andamento configurerebbe una rottura nel tradizionale equilibrio sia pure dinamico ma sostanzialmente stabile cui eravamo abituati fino a 150 anni fa nell’associare la parola «clima», che nell’etimologia greca e latina allude all’inclinazione dei raggi solari sulla superficie, a semplici variazioni naturali, determinando sempre le stesse variazioni stagionali a seconda della latitudine. Ora, nel «mutamento» climatico rientra un complesso anch’esso sistemico di almeno quattro parametri di variazioni determinate dall’uomo e valutate come certe, che converrà esaminare per quel che possiamo saperne, ciascun parametro nella sua specificità, per cui è meglio usare il condizionale: 1) l’atmosfera e gli oceani si sarebbero riscaldati; 2) la massa di neve e ghiaccio starebbe diminuendo; 3) il livello del mare sarebbe aumentato, e soprattutto 4) sarebbero aumentate le concentrazioni di gas ad effetto serra.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Rispondiamo che, pur non essendo in possesso di dati certi che solo un’organizzazione rivoluzionaria potrebbe avere, la possibilità di tali mutamenti irreversibili nei parametri climatici è da prendere in seria considerazione e discende dalle stesse caratteristiche del modo capitalistico di produzione, che in questo si distingue da tutti i precedenti modi di produzione che non erano arrivati a tale livello di alterazione del rapporto del comportamento umano con l’ambiente.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Infatti in tutte le precedenti formazioni sociali, comprese quelle contrassegnate da antagonismi di classe, la terra come territorio sia coltivabile che insediativo, nella fruizione del suo valore d’uso, cioè nella coltivazione e raccolta e fruizione della fertilità anche nella forma di possesso in gestione comune del suolo da parte delle comunità umane, è stata la fonte principale di sopravvivenza di tutte le specie viventi animali e vegetali, oltre che di progressivo arricchimento e potere per le classi dominanti. Il clima e le sue variazioni non interferivano ancora con questa gestione del suolo. Col capitalismo giunto al declino che lo incammina verso una inarrestabile decadenza, anche questa divaricazione tra le classi giunge al punto da creare gli odierni “padroni del mondo”, i quali, allo stato attuale, sono anche essi in progressione di arricchimento abnorme e a velocità esponenziale, usando in maniera dissennata e privatistica gli enormi aumenti della produttività del lavoro realizzati nel periodo espansivo. Solo alcuni mesi fa erano in effetti 8, e ora sono rimasti in 6 a spartirsi la metà della ricchezza dell’intera popolazione di circa 7 miliardi del mondo. Soltanto con l’affermarsi del capitalismo come modo di produzione dominante, questa istanza di sopravvivenza e sviluppo materiale e spirituale della specie umana data dal lavoro è messa definitivamente e ineludibilmente a rischio dalla trasformazione della terra da naturale condizione di lavoro in valore di scambio, vale a dire in merce che si compra e si vende al pari di tutte le altre merci. Col capitalismo, al di sopra e a danno del valore d’uso della terra e sempre più del sottosuolo, come del resto di qualunque altra merce come bene capace di soddisfare specifici bisogni, non conta più il fine, e pertanto il rispetto delle sue caratteristiche che ne facevano un valore anche morale. Per essere più chiari, la terra come fine e valore in sé, quello di mettere a disposizione le acque, l’aria, il cielo nella loro sanità e pulizia, nel loro valore estetico, la cura nella raccolta e coltivazione delle piante, frutti e specie indispensabili alla vita, scende da valore assoluto a valore relativo e perde importanza mentre diventa più importante e unico fine un nuovo valore d’uso specifico, il valore di scambio, che la trasforma in fonte spremibile, saccheggiabile e devastabile, di merce vendibile fino ad esaurimento e desertificazione. Bordiga ammoniva perciò che “mai la merce sfamerà l’uomo”. Fame vuol dire non meno di 2100 calorie al giorno, al di sotto della quali l’organismo umano non ha abbastanza energie per svolgere le sue normali funzioni, come pensare e camminare. I dati parlano di 1 miliardo di persone che vivono sotto questa soglia, per 2/3 addensate in Asia e nell’Africa subsahariana (dove 1 persona su 4 è affamata). È evidente che fame è anche povertà, e, come abbiamo visto, entrambe sono fame e povertà di classe.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’uso e abuso della natura intera, ivi incluse le specie viventi e l’uomo stesso, nonché del territorio che non è infinito in estensione, ma limitato e sempre più spremuto, dissestato ed esausto sia in superficie che nelle viscere, è ricercato e ambito in termini di valore di scambio, perché garantisce privilegi in titoli e cedole in rendite, profitti, royalties, interessi su prestiti, nonché imposte per lo stato parassita. E questo “valore di scambio”, in funzione del quale il capitale pretende di dominare e rendere schiava del profitto la terra, i suoi abitanti e il lavoro umano, ribadiamo che ha una natura di classe, serve ad auto riprodursi del capitale nella sua forma finale, riassuntiva, di capitale finanziario e fittizio. Non riguarda certo i lavoratori la cui unica merce, la forza lavoro serve proprio a “valorizzare la terra” in modo capitalistico, alimentando quei profitti, rendite, interessi, imposte e tassazioni varie. E la rendita e i profitti e gli interessi costituiti e consolidati, compresa l’imposta statale, come è noto, si preoccupano dello stato di salute di entrambi, sia l’uomo che la terra se, e solo se e quando, ciò mostra qualche spiraglio di ulteriore e più elevato interesse, rendita, profitto. Con la crisi del 2008, le stesse multinazionali, le banche e i fondi speculativi disertano i mercati finanziari dei derivati, ormai «intossicati», e cercano un nuovo paradiso nella rendita fondiaria assoluta che si innalza automaticamente con l’aumento dei prezzi delle derrate gestito dalla borsa di Chicago, ivi compresi quelli dei biocarburanti, su cui i profitti sono almeno certi. Infatti, la circostanza per cui i prezzi delle derrate siano altissimi e in aumento al cospetto di bassi prezzi dei terreni agricoli, come era facile prevedere, scatenò la corsa ad accaparrarsi i terreni migliori e più vicini alle fonti d’acqua.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il problema della privatizzazione e mercificazione delle acque, come accennato, sta diventando drammatico e meriterebbe di essere affrontato a parte, perché destinato ad aggravarsi con l’acuirsi dell’interesse delle multinazionali finanziarie per i terreni agricoli africani, comprati a prezzi stracciati per riconvertirli alla produzione di biomasse per il mercato delle energie cosiddette alternative dei Paesi ricchi. Più ancora delle guerre per le fonti energetiche fossili, le guerre per l’acqua saranno sempre più devastanti. L’accesso all’acqua è uno dei settori in cui l’impatto è più devastante poiché incide a sua volta su tutti gli altri fattori vitali. Secondo gli esperti (fonte Unesco), l’acqua del mondo sarebbe ancora sufficiente a soddisfare i bisogni di tutti, se per buona parte non fosse inquinata e avvelenata dall’attività industriale, anch’essa vertiginosamente aumentata e diffusa su tutto il globo e se l’agricoltura, ancora non molto tempo fa praticata secondo saperi quasi immutati da millenni, non fosse stata anch’essa industrializzata, con una crescita esponenziale del fabbisogno d’acqua e insieme con un uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi; cioè con un progressivo inquinamento con sostanze non biodegradabili o avvelenate dell’intero sistema idrico, e conseguentemente del pianeta Terra già funestato dal dissesto idrogeologico. Il Rapporto 2009 dell’Unesco sull’acqua calcola infatti che 1 miliardo e 200 milioni di individui non vi abbiano accesso. L’UNDP (<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">United Nations Development Programme</i>) aggiunge che «un bambino ogni due secondi» muore per malattie legate alla non potabilità dell’acqua che beve o alla sua totale mancanza. Otto milioni di persone l’anno muoiono a causa della siccità, oltre metà dei letti d’ospedale nel mondo sono occupati da persone che hanno malattie derivanti da acque inquinate. E le previsioni da qui al 2025 sono funeste: più di 3 miliardi di persone potrebbero ritrovarsi a vivere in Paesi «<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">water-stressed</i>», tra cui l’Italia, specie quando l’acqua più scarseggia a causa del fatto che l’80% del suo consumo avviene nei settori industriali e agricoli. Negli anni ‘90, la <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dabhol Power Corporation</i>, una controllata di <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Enron</i> (compagnia statunitense per l’energia), dopo aver comprato terreni in India, vi ha gestito interi bacini idrici lasciando a secco interi villaggi. Le sollevazioni delle popolazioni locali sono state puntualmente represse e occultate dai media, anche per l’evidente effetto di contagio che tenderebbero ad assumere, come successe con i moti causati dal repentino aumento dei prezzi delle derrate in Algeria, a loro volta intrecciati con quelli tunisini al momento dell’innesco delle primavere arabe. In Nigeria, un’impresa petrolifera ha sistematicamente danneggiato raccolti e inquinato l’acqua potabile. Sul territorio della popolazione Mapuche in Patagonia (che insiste sull’immensa riserva idrica dell’Acquìfero Guaranì), si sono radicati gli interessi di Endesa, la cui proprietaria è Enel, azionista di maggioranza di Hidroaysèn, impresa aggiudicataria dei pretesi «diritti» (!) sull’acqua in quella zona.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-DHiHpAqT7Es/WzNSvhC9eUI/AAAAAAAAJxg/A83Y_ta0ZgYsnnem4Tulpg_Vf2hNN6fbwCLcBGAs/s1600/ecologia%2B4%2Bnigeria.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="500" height="160" src="https://2.bp.blogspot.com/-DHiHpAqT7Es/WzNSvhC9eUI/AAAAAAAAJxg/A83Y_ta0ZgYsnnem4Tulpg_Vf2hNN6fbwCLcBGAs/s320/ecologia%2B4%2Bnigeria.jpg" width="320" /></a></div>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Solo col capitalismo l’acqua, e persino l’aria, cessano di essere bene comune, privatizzandoli come “diritto” di pochi. A tutt’oggi interessi costituiti di questo genere, così tenaci ed intrecciati, gravitano ancora prevalentemente intorno al capitale finanziario praticamente fuso con la profittabilità determinata dall’infrastruttura creata intorno sia alla produzione che al consumo di combustibili fossili: la filiera del carbone, petrolio, acciaio e trasporto su gomma, supportata da una caterva di elementi sociali: amministratori, tutori dell’ordine, militari, semplici lacchè, funzionari e burocrati, politici e religiosi che servono parassitariamente a puntellare il sistema di funzionamento di tutta la macchina anche organizzativa e di potere politico del capitale. Da qualche tempo anche le terre rare, la coltivazione per il bio-carburante, o l’estrazione del cobalto, stanno creando situazioni di esproprio di terreno a contadini impoveriti e dipendenza alimentare dal mercato mondiale del business, e ciò si traduce in guerre, carestie e fame per intere popolazioni: nei paesi industrializzati, dal 10 al 16% del reddito va in spesa alimentare, mentre in quelli cosiddetti «poveri» la percentuale va dal 50 all’80%! Ciò non significa che nei paesi ricchi mangino di meno ma che la spesa alimentare rappresenta solo il 10-16% dell’intera spesa, inferiore di certo alla restante spesa in lussi vari che nei paesi poveri manca per i poveri di quei paesi. A metà settembre 2008, erano 920 milioni di persone in preda alla fame, contro gli 850 milioni di prima dell’impennata dei prezzi, saliti anche a causa dell’aumento della domanda dovuta alla crescita della popolazione mondiale. Per il 70% si tratta di contadini. I cosiddetti «aiuti» alimentari internazionali sono caduti, nel 2008, ai livelli più bassi da 40 anni. Il rapporto FAO e PAM sullo «Stato dell’Insicurezza Alimentare nel Mondo 2009», afferma che su 1,02 miliardi di affamati nel mondo, 642 milioni vivono nella regione Asia Pacifico; 265 milioni nell’Africa Sub-Sahariana, 53 milioni in America Latina e Caraibi, 42 milioni in Medio Oriente e Nord Africa e 15 milioni nei paesi industrializzati. Di fronte a tale complesso di interessi, un’eventuale energia cosiddetta “pulita” o a impatto ambientale minore avrebbe il compito di soppiantare dei processi di accumulazione di capitale già consolidati e dominanti, ma questo è impossibile, anche se costituisce l’utopia di tanti ecologisti e verdi in varie parti del mondo. Occorrerebbe che i sistemi «alternativi» a questo inferno anti ecologico, ma redditizio per il capitale anche se in crisi, siano concepiti al di fuori del sistema del profitto, come se il capitalismo non esistesse, e vengano cioè costruiti per così dire da zero, cioè senza altri competitori, prima che entrino, come vogliono le leggi del mercato, in competizione con i vecchi sistemi. Questa peculiarità del capitalismo rende incontrollabili, ingovernabili e prive di efficacia e di risultati le soluzioni presentate di fronte alle sfide drammatiche sulla sopravvivenza della biosfera. Oggi, la struttura finanziaria del capitalismo mondiale, a partire dalla Banca Mondiale e dal FMI, è impastoiata con l’economia del combustibile fossile, al punto che sulle riserve del sottosuolo, valutate in trilioni di dollari, si fanno già i conti sul futuro delle grandi imprese multinazionali, senza neanche pensare che bruciare queste riserve di idrocarburi soltanto ai ritmi attuali equivale secondo i climatologi a mandare i livelli del riscaldamento climatico di oltre 5/6 punti al di sopra dei livelli già a rischio, equivale dunque ad un clima … infernale, invivibile e da estinzione.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Entrando nello specifico dei parametri di cui sopra, l’effetto serra, considerato come base naturale, consente la vita fino a quando mantiene la temperatura terrestre intorno ai 10° C sopra lo zero. La luna è priva di atmosfera per via che la sua temperatura è di 20° sotto zero. Per farla breve, negli ultimi 50 anni, le emissioni di anidride carbonica, CO<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup>, determinate dall’uso dei combustibili fossili a partire dalla rivoluzione industriale, si sarebbero concentrate in quantità e in tempo accelerato, a un livello che è il più alto degli ultimi 400.000 anni. Insieme con altri gas, come metano, ossidi di azoto, ozono e con i clorofluorocarburi, viene assorbita la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre irradiata dal sole e rimandata verso il basso. Questo, ed altro, porta autorevoli istituti come l’IPCC (Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, promosso dalle Nazioni Unite, composto di climatologi, biologi, fisici, ecologi, economisti) nel suo rapporto del 2007, a stabilire che nel XX secolo, dal 1861, la temperatura è aumentata di circa 0,6° centigradi, e con valutazione probabilistica sarebbe l’aumento più imponente degli ultimi 1000 anni. Né l’aumento è limitato alla superficie terrestre, ma si estende fino ad 8 Km dell’atmosfera. Dal 1960 le superficie coperte da ghiaccio perenne sono diminuite di quasi il 10%, mentre la durata annuale del ghiaccio e della neve sui laghi e sui fiumi alle medie e alte latitudini è diminuita di circa 2 settimane nell’ultimo secolo. Ciò significa complessivamente riscaldamento dell’atmosfera le cui conseguenze sono tante, a partire dalla navigabilità dell’Artico già da questo secolo. Inoltre è prevedibile lo spostamento delle principali fasce di precipitazione, con un’accelerazione del ciclo idrologico, un’atmosfera più energetica, con più evaporazioni e più precipitazioni e con temperature alla superficie più alte, maggior frequenza di uragani e temporali violenti e devastanti; infine c’è l’innalzamento del livello dei mari che, se già di 10-20 cm, sarebbe devastante. Uno degli esempi della devastazione anch’essa scalare è che l’uso dei combustibili fossili responsabile della concentrazione della CO<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup> ha portato alla deforestazione che a sua volta, eliminando le piante, ne annulla la funzione di fotosintesi e quindi di riciclaggio della CO<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup>. L’aumento dell’anidride carbonica (CO<sup style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px;">2</sup>), degli <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ossidi di zolfo</i> (SOx) e, in parte minore, degli <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ossidi d’azoto</i> (NOx), genera inoltre le «piogge acide» dovute all’abbassamento del pH (acidificazione) delle precipitazioni, con effetti devastanti sulle piante, ma anche sulla flora di batteri utili e persino sulla erosione di monumenti in pietra.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">3. Gli effetti sempre più catastrofici di questo rapporto capitalismo/natura</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nel modo che stiamo vedendo, la terra, da bene comune indispensabile alla comunità vivente che si può gestire soltanto obbedendo alle sue leggi naturali, come affermava Bacone, rispettandola cioè, perché resti fonte di sostentamento, diventa un fonte di profitto solo per chi se ne impossessa, a prescindere e spesso a danno della sua funzione naturale. Accade così che man mano che il capitalismo, incurante degli effetti collaterali, avanza, come i bimbetti dietro al pifferaio magico di Hamelin della favola, verso la sua inevitabile e acefala autodistruzione, la terra è sempre più inquinata, saccheggiata, sfruttata scientificamente e distrutta, fino all’esaurimento. Ma il danno veicolato dal capitalismo non si esercita soltanto sulla terra e sull’uomo, bensì nei rapporti di produzione tra esseri umani e nei processi lavorativi messi in atto per il profitto rispetto alla terra che coltiviamo, ai materiali che si trattano (si pensi all’amianto), alle procedure nelle lavorazioni industriali, ai cibi che ne traiamo, alle acque che beviamo e all’aria che inaliamo, ossia nel rapporto di lavoro in agricoltura, nelle campagne e sui monti, sul territorio in generale (urbanizzazione e rendita fondiaria, monoculture industriali, deforestazione, dissesto idro-geologico) e sul sottosuolo (miniere, gas, idrocarburi etc.), mare e relativa vita acquatica nonché estrazioni di combustibili fossili, e via enumerando con le piogge acide, la polluzione in polveri sottili, odori e veleni, inquinamento dei fiumi ed eutrofizzazione dei mari, l’assottigliarsi della fascia d’ozono e il cosiddetto «effetto serra» come si è visto. Senza contare la delizia del commercio e del trasporto, dove ogni fase comporta problemi ecologici, dagli imballaggi agli scarichi.Andando nel dettaglio del disastro provocato dall’affermazione della legge del valore di scambio, del profitto ad ogni costo, operato dal capitalismo come modo di produzione dominante, esso raggiunge il parossismo a partire dal secondo dopoguerra proprio come fase di “ricostruzione” seguita ad una delle sue periodiche crisi di accumulazione conclusasi col secondo conflitto mondiale. Abbiamo visto progressive desertificazioni reali, al di là di ogni propaganda, a causa dell’esaurimento dei suoli mediante l’abuso di monoculture, l’utilizzo, senza preoccuparsi degli effetti collaterali spesso noti, di concimi chimici, insetticidi, pesticidi, diossine, amianto, senza alcun riguardo alle note alterazioni del normale metabolismo dei viventi con la natura, a cominciare dai danni all’apparato respiratorio ma anche a tutte le altre funzioni biologiche. A ciò si aggiungono frane, alluvioni, uragani violenti, incendi, infestazioni, crolli e dissesto ad un ritmo sempre più ravvicinato. Ormai i cicli biologici cosiddetti “normali” sono profondamente alterati, se non distrutti almeno in parte, come il clima, a detta di molti stessi istituti scientifici al servizio del capitale, sia pur depurati e sceverati dall’effetto propaganda. Non ci rendiamo conto neppure che il termine “naturale” è piuttosto un termine non corrispondente al suo contenuto concettuale, dato che, come già ci ammoniva Engels, è impossibile trovare oggi qualcosa di “naturale” nel senso ormai mitico di “incontaminato”, mentre tutto è artefatto, acculturato, sottoposto alla veloce trasformazione dalla mano potenziata dello strumento meccanico, industriale in funzione del profitto come si è detto. Queste non sono neppure novità, ma questo misto di cinismo e fatalismo è rimasto inalterato nei cuori e nelle menti di lor signori fin da quando Marx ed Engels andavano descrivendo la natura entropica del capitalismo che tratta la terra come un conquistatore potrebbe trattare un paese nemico.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">4. I ‘rimedi’ capitalistici: le calamità capitalistiche diventano naturali e si trasformano in ‘opportunità’</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Proprio a causa del carattere sistemico interattivo del rapporto tra l’uomo e la natura, non possiamo più permetterci di concepire e affrontare separatamente la questione del pianeta Terra, con tutte le sue articolazioni e implicazioni sia verso i cambiamenti “climatici”, riguardo al paventato “riscaldamento globale”, come qualcosa da un lato lontanissima perché sconosciuta nei fondamenti scientifici e nella informazione, contrastata tra chi è interessato alla civiltà dell’energia fossile e chi comincia a lucrare sulle cosiddette energie pulite, che sono anche esse una capitalizzazione del sole, del vento, del movimento delle acque, e pongono altrettanti problemi di smaltimento di rifiuti, si pensi solo allo smaltimento dei pannelli solari o ai silos delle pale eoliche. Dall’altro lato, la questione ecologica è vista come qualcosa che ci riguarda al massimo come una realtà di buon vicinato, accanto al problema più quotidiano e immediato costituito dal lavoro salariato per la classe proletaria. Il vecchio movimento operaio della fase espansiva del capitalismo, con le precedenti generazioni del marxismo, hanno tenuto separati i problemi del lavoro rispetto a quelli ecologici, senza tuttavia ignorarli ma lasciando libero campo da un lato alle organizzazioni riformiste e opportuniste nelle questioni sindacali, dall’altra alle organizzazioni ambientaliste piccolo borghesi riformiste, come i Verdi nelle questioni ambientali di carattere amministrativo locale (come la gestione dei rifiuti sempre sull’orlo dello scandalo come quello della “munnezza” nelle grandi città). Così addirittura di fronte a calamità e disastri indotti dal capitalismo si afferma l’ideologia mistificatrice sul carattere naturale dei disastri, sulla loro imprevedibilità e fatalità, per finire nel rimboccarsi le maniche del pensare positivo, della fiducia nella onnipotenza del capitalismo, nella crescita e nello sviluppo, vedendoci come una “opportunità” di esercitare la nostra sconfinata fantasia per trarre vantaggio anche dai disastri in occasione di terremoti e alluvioni, come fanno i non più pochi parassiti che ci campano mettendo in atto le cosiddette <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">start up</i> di riciclaggio creativo e innovativo, di creazione artificiale di fonti energetiche cosiddette alternative, di rimedio alla disoccupazione giovanile mediante il ritorno all’agricoltura persino sul balcone di casa, o della bonifica delle terre più malridotte e sterili o con l’immancabile “occupazione” in nuovi settori che non si vedono mai.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Questo meccanismo di auto-crescita nel processo e riproduzione del capitale sociale complessivo che tutto egemonizza e sottomette mediante accumulazione, come si è ampiamente documentato, è anti-ecologico al massimo grado perché è al tempo stesso un processo di auto-cannibalizzazione, in quanto la crescita in dimensioni del capitale avviene sempre e comunque mediante un sistema di espropriazione di lavoro vivo da parte di quello che possiamo considerare come un vampiro già morto (economicamente il lavoro morto, o capitale costante in Marx) che succhia lavoro vivo (mediante capitale variabile destinato al salario che paga il tempo di lavoro in cui viene spremuta la forza lavoro) ad una classe che in questa fase si consuma e depaupera fisicamente e degenera moralmente senza neppure riuscire a riprodurre se stessa come forza lavoro biologica, per cui possiamo parlare di riproduzione sociale “contratta”: da un lato la ricchezza prodotta dagli aumenti di produttività si concentra nelle mani di un pugno sempre più ristretto di capitalisti, dall’altro la forza lavoro viva non si riproduce e tende a dilagare la povertà.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">L’approccio della classe borghese alle questioni ambientali e in genere al problema ecologico è volto sempre alla contabilizzazione del rapporto tra costi e benefici, che essa pretende di “trattare” contabilizzando su tutto, come si tratta fra pescecani, dove il pesce grosso è interessato unicamente a mangiarsi il pesce piccolo. Se infatti, stabilito che i piani volontari dei singoli Stati per ridurre la temperatura del pianeta hanno prodotto l’avvicinamento a quei 4°C intravisto dagli scienziati come termine ultimo per la fine del mondo e della civiltà, il loro accordo pretendeva di risolvere la questione stabilendo che si dovesse abbassarla formalmente sotto l’1,5°C come nella «convenzione» di Parigi sul clima. Di fatto già dal 1861 ad oggi la temperatura media della Terra è aumentata di 0.6°C e di quasi 1°C nella sola Europa. Gli scienziati prevedono per i prossimi decenni un ulteriore aumento della temperatura tra 1,4 e 5,8°C. È come quando si formano commissioni ad hoc per stabilire che il numero di nano-particelle emesse dai gas degli scarichi automobilistici e industriali non devono superare certi livelli definiti di “tollerabilità”, oltre i quali consentire di multare chi li supera. Per tollerabilità poi vuol dire tanti morti ogni tanti abitanti. I morti ci sono comunque, basta che gli esperti certifichino che il loro livello è tollerabile. Tutti son contenti, e si continua regolarmente a inquinare sia sotto che sopra quei livelli, proprio quando si vuole disinquinare (es. con gli inceneritori alla diossina per i rifiuti). Se non fossimo dei materialisti, penseremmo che questi sono pazzi a ragionare così, in termini di budget. I fallimenti degli accordi internazionali come anche quello di Parigi, accordi appunto tra pescecani interessati unicamente a lucrare sui disastri, persino sui cadaveri, lasciano il tempo che trovano, sono prontamente adattati e rimodulati, quando non sconfessati successivamente, come sta accadendo con Trump verso la ventata propagandista e ambientalista del premio Nobel per la pace, il guerrafondaio a sua volta Obama.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Come si vede, anche quella di trarre vantaggio dai disastri provocati dal capitalismo nella rottura del ricambio organico con la natura, o metabolismo come lo chiama Marx ponendolo al centro della questione ecologica per eccellenza, così come è venuto precisandolo negli ultimi anni della sua esistenza, è diventata ormai la maniera dell’agire ultra-positivo da bicchiere tutto pieno dell’uomo economico, fiducioso come tutti i ministri economici dei vari governi che si stanno susseguendo nel corso della crisi. Per mestiere questi signori vedono tutto in termini di “opportunità”, sia quando si scatenano catastrofi mica tanto naturali come terremoti, alluvioni, incendi più o meno provocati dolosamente persino da vigili del fuoco per sgraffignare la bellezza di 10 € l’ora, sia quando medici chiedono prestazioni magari “<i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">intra moenia</i>” per rattoppare lo sfascio del corpo umano, o gli avvocati chiedono parcelle per difendere ladri, imbroglioni e mafiosi oltre ai poveri cristi, o quando si appiccano gli inneschi per gli incendi, riconosciuti come dolosi al 90%.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La natura anti-ecologica di questo congegno la possiamo vedere anche nei rapporti di lavoro soprattutto in periodi di crisi capitalistica in cui il capitale ristruttura trasferendo sue quote da una parte ad altre del pianeta, chiudendo o cedendo ad altri fabbriche, licenziando lavoratori. I quali sono costretti a rivendicare il reintegro nel posto di lavoro, anche quando si tratta, per es., di fabbriche di mine, carri armati o aerei da combattimento o comunque impianti e macchinari che producono merci inutili per i lavoratori stessi e persino nocive per l’uomo e l’ambiente. Questo problema si porrà sempre di più e in maniera drammatica in un’economia come quella che stiamo descrivendo, utile solo al capitale e che si avvia a fomentare sempre nuove guerre per la propria sopravvivenza, secondo la legge sua propria di distruggere per profittare dalla ricostruzione, per rialzare il tasso di profitto schiavizzando e dimezzando i salari. Lo spirito, e il mantra, del posto di lavoro che «non si tocca» è diventato, con la complicità dell’opportunismo dei sindacalisti di regime, il veicolo del controllo ideologico sulle masse operaie per decenni, ed è attualmente uno dei puntelli del regime capitalistico che non intaccano la coscienza del carattere (accettato come tutto sommato positivo ed eterno) del capitalismo. A differenza della fase espansiva del capitalismo, il movimento operaio riusciva ancora ad esprimere forme di lotta antimilitarista come il blocco dei treni che trasportavano armi e gli scioperi nelle fabbriche di produzione di materiale bellico. Oggi nessun sindacato di regime andrebbe a bloccare la produzione di mine anti-uomo made in Italy usate in Yemen e venduta alla monarchia Saudita con tanto di regalo di Rolex alla Pinotti.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Infine, per limitarci alle campagne, in occidente e in particolare in Italia, son finiti i tempi delle grandi lotte dei contadini senza terra, oggi i lavoratori e lavoratrici delle campagne sono praticamente tutti braccianti salariati o anche schiavi immigrati in forma ancor più disumana della schiavitù come proprietà, al servizio, per mille fili e intermediari, all’agro-business globale. E questa trasformazione porta a completamento, se ce ne fosse bisogno, la trasformazione profonda del rapporto uomo-natura.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">5. Movimenti ecologisti e riformismo ambientalista</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Le dimensioni del problema climatico e il contesto sociale di guerra tra interessi contrapposti, sono di per sé inquietanti per via del fatto che se si volesse intervenire sugli effetti del cambiamento occorrerebbe l’intervento risoluto di tutta la popolazione mondiale, che è invece divisa, o di un’autorità mondiale, che non esiste, non potendo singolarmente o isolatamente influenzare il cambiamento, facendo ricorso a scelte di consumo nella vita quotidiana anche con battaglie locali o nazionali (compostaggio, raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, risparmio energetico e dell’acqua), in quanto, se si agisce sui modelli di consumo, non si può fare a meno di agire anche sui modelli produttivi. E come si fa ad agire su modelli produttivi volti al valore di scambio ossia al profitto, che richiede la produzione di armi, di yacht o dell’alta moda e del lusso, anziché, ma solo per ipotesi, di frumento per gli affamati? Da questa ansia e precarietà e insicurezza nascono una serie di movimenti e organizzazioni che fanno del programma riformista in senso ecologico e ambientali il loro bacino di raccolta del consenso elettorale soprattutto negli strati che più vedono intaccati progressivamente il loro tenore di vita e deteriorarsi i loro patrimoni nell’insicurezza e precarietà del reddito.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Non si può farne l’analisi specifica né descriverne la genesi e i programmi, ma per avere una idea delle dimensioni del problema, John Bellamy Foster fa un confronto tra i rifiuti prodotti dalle famiglie degli Stati Uniti e quelli del restante di tutta la società. A quale risultato ecologico porta una battaglia per l’eliminazione dei rifiuti delle famiglie che raggiungerebbe solo il 3% circa dei consumi materiali di tutta la società dal momento che il resto di quel 3%, ossia il 97%, son rifiuti delle corporation? Un altro esempio di banalizzazione del problema ecologico ce lo fornisce ancora J. B. Foster: quello della forchetta di plastica fabbricata in chi sa quale altra parte del mondo per mangiare l’insalata <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">take-away</i>, e che buttiamo via con tutto l’imballaggio nella spazzatura, dopo averla usata forse per appena un minuto, mentre è costata un po’ di minuti in più per produrla, sì che un’identica forchetta di plastica si realizza con prodotti petrolchimici e poi viene spedita in tutto il mondo per il prossimo pasto veloce: significa che sei entrato nella morsa di un sistema che fa, ancora una volta, del sistema distruttivo e sprecone una virtù, per mezzo della distruzione e dei rifiuti. Uno spreco che è veramente tale che negli Stati Uniti, dove il problema dei senza riserve raggiunge dimensioni notevoli come tutto in quel Paese (e dove non ci sarebbe neppure bisogno di convincere la popolazione a comprare cose di cui non hanno bisogno o di cui non sanno che farsene, che gettano via appena comprate perché aprendole si scopre che non funzionano) più di 1 trilione di $ all’anno se ne va in spese di marketing, ossia <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">targeting</i>, ricerca motivazionale, sviluppo del prodotto, imballaggio, promozione vendite, pubblicità, <i style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">directmarketing</i>, etc. In questo ambito di rivendicazioni contraddittorie e comunque sempre utili a qualche fetta del mondo capitalistico si giocano le politiche riformiste dei movimenti ecologisti in tutti i paesi capitalisti.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Conclusioni</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Marx ed Engels descrissero questo capolavoro di distruzione della natura e dell’uomo sussunta sotto il dominio del capitale e dei suoi processi di accumulazione. Fu lo scopo della loro vita. L’esaurimento del suolo appunto mediante le monoculture, la distruzione per saccheggio e rapina dell’economia, lo sfruttamento dell’uomo e del suolo delle colonie unito allo sfruttamento privo di scrupoli della terra e l’asservimento della popolazione indigena, quando non dello sterminio, con la distruzione, in particolare, delle foreste, per ampliare le terre coltivabili e per procurarsi materie prime, con effetti di rimando sull’esaurimento del suolo, l’estinzione di specie animali, e tutto quanto abbiamo descritto sopra. Tutto questo deriva per loro dalla rottura di un rapporto equilibrato tra l’uomo e la natura, quello che essi chiamarono metabolismo naturale. La loro conclusione fu che il capitalismo era incompatibile con la vita della natura nel suo insieme. Oggi ben poco c’è da aggiungere alla loro diagnosi, tranne le dimensioni e i ritmi raggiunti dal problema della rottura del ricambio organico tra uomo e natura. Si tratta di estendere la consapevolezza internazionale e internazionalista della necessità di far leva su ognuna delle contraddizioni poste dalla questione ecologica, battersi secondo una strategia e una tattica che portino l’uomo e la natura fuori dal dominio capitalista. Dalla schiavitù salariata e dalla nocività che questo rapporto di produzione viene assumendo, dalle questioni conflittuali tra popoli e nazioni che tale rapporto genera, dal problema abitativo e dai drammi che esso pone alla circolazione della manodopera sul mercato mondiale funestato da guerre, devastazioni ambientali, dal riscaldamento climatico, dalle polluzioni atmosferiche, nonché dalla serie di calamità come uragani, terremoti e alluvioni, l’insieme di questi fattori distruttivi che abbiamo visto ricondursi tutti allo stesso meccanismo, rende precaria e sempre più insicura e invivibile la vita urbanizzata nelle megalopoli per le classi sfruttate e oppresse del pianeta, sia quelle urbanizzate che quelle ancora rurali divenute insicure anche per i ceti intermedi.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span>
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Tutto questo apre la strada a processi di guerre e possibili rivoluzioni emancipatorie con un programma che calibri ad ogni situazione di conflitto il nodo ecologico fondamentale, dalla abolizione della proprietà delle condizioni di lavoro, in primo luogo la terra, al lavoro salariato, il cui obbiettivo finale non è né la riforma né la sua conservazione ma l’abolizione, premessa indispensabile per una uscita dal capitalismo. Uscire dal capitalismo si può solo restituendo alla forza lavoro il possesso delle condizioni di lavoro che gli sono proprie, così come si può uscire dalla legge del valore di scambio, abolendo la merce e la sua compravendita, ripristinando nell’unico modo possibile un rapporto ecologico di fondo con la natura. Ciò equivale a riportare il lavoro alla sua unità col tempo di vita, mentre oggi il capitalismo tende a trasformarlo in tempo esclusivamente di lavoro, trasformando i lavoratori in una massa di schiavi a salario.</span><br />
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16 cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Che l’uscita dal capitalismo con tutte le rispettive misure tattiche dall’abolizione della proprietà privata e del lavoro salariato, siano poste come elemento strategico in ogni situazione di lotta particolare per degli internazionalisti non significa rinviare il tutto alle calende greche nel mondo dell’utopia, come può pensare qualcuno troppo abituato alle lotte per la sopravvivenza quotidiana cui ci ha costretto da decenni il capitalismo. Porre questo elemento strategico di fondo in ogni azione rivendicativa significa aver raggiunto la capacità di intercettare, sia pure nei confini modesti di una tendenza politica, la consapevolezza che non si esce dalla morsa cui ci costringe il sistema di vita capitalistico senza lottare politicamente per rovesciarlo.</span><br />
<b style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></b>
<b style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Note</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></b></span>
<span class="cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: black; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">[1]</span></b><b style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> Da qui in avanti, salvo altra fonte, i dati per lo più di fonte ONU, sono in Dante Lepore, </span><i style="background: transparent; border: 0px; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Gemeinwesen o Gemeinshaft. Decadenza del capitalismo e regressione sociale</span></i><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 16px; line-height: 23px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">, Torino, 2011, pp. 14 e sgg.</span></b></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-15133164020504561202017-11-07T10:46:00.000+01:002018-11-09T22:32:52.171+01:001917/2017: OTTOBRE (Newsletter Nr. 56)<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<b><span style="font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;">Dante Lepore, 07/11/2017</span></b></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="color: red; font-family: "arial" , "helvetica" , sans-serif;"><span class="fs35 cf1 ff2" style="background: transparent; border: 0px; line-height: 41px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">RECUPERARE IL SENSO DELLA STORIA </b></span><b style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">È INDISPENSABILE PER LA RIVOLUZIONE</b></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-08Rkjf6d7QM/WzNOGn9i-PI/AAAAAAAAJw4/OX9DMqXrl-g_8cHI6Z6KTDqmZlp-_IYHwCLcBGAs/s1600/lenin.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="175" data-original-width="289" src="https://1.bp.blogspot.com/-08Rkjf6d7QM/WzNOGn9i-PI/AAAAAAAAJw4/OX9DMqXrl-g_8cHI6Z6KTDqmZlp-_IYHwCLcBGAs/s1600/lenin.jpg" /></a></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">No! Non c’è nulla da commemorare, nulla da imitare, nulla da rifare tale e quale, anche perché la freccia della storia non si ripete mai uguale, specie le rivoluzioni! Ma, fermi restando i giudizi ormai divenuti storici sugli insegnamenti di quella ondata che, durante e alla fine della prima guerra mondiale, determinò diversi punti di confronto del proletariato contro lo stato capitalista non solo in Europa, e si concretizzò, in quei dieci giorni che sconvolsero il mondo, nella rottura di quello che Lenin chiamò l’anello debole della catena dell’imperialismo nella Russia autocratica, così, pur apprezzando il tentativo di alcuni compagni (2) di trarre lezioni dal centenario della rivoluzione d’ottobre, voglio sottolineare che tali commemorazioni a parte le minoranze che fanno l’eccezione alla regola, sono sempre più destinate a far voce nel deserto.</span><br />
<a name='more'></a></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Semmai, resta tutto da studiare, da cima a fondo, in un contesto culturale come quello italiano in cui la formazione storica e il senso stesso della storia sembrano non solo smarriti nel loro contenuto formativo dal curricolo scolastico ma finanche dal bagaglio culturale degli stessi uomini politici borghesi. Per quanto resti sempre valido l’antico adagio, secondo il quale la storia è maestra di vita, anche se la vita cambia e con essa la storia, siamo ad uno svolto dei rapporti sociali in cui non sembrano esserci più interlocutori per rintracciare e condividere insegnamenti utili dai fatti storici. Questa, qui ed ora, sembra una società rassegnata all'eterno presente, schiacciata sul piano di questa stessa unica dimensione, in cui non ha senso il nesso col passato e col futuro, le cause e le radici, che non fanno neppure metodo di ricerca per le terapie del presente in cancrena.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Finché questo andazzo coinvolge sempre più uomini politici con le loro conseguenti gaffe, come quelle della Fedeli che, fra le altre sconcezze, confonde Vittorio Amedeo di Savoia con Vittorio Emanuele proprio mentre a Cherasco rievoca un memorabile armistizio, il fenomeno rientra non solo e non tanto nell’ignoranza o non conoscenza del passato e dei suoi nessi vitali con l’esistenza, ma costituisce un segnale del generale degrado della burocrazia statale in un’epoca di putrefazione del capitalismo.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Ma quando la bruttissima faccenda investe anche gli utenti del sistema formativo scolastico, dalle scuole medie fino alla laurea, o i lavoratori alle prese con la battaglia quotidiana per la sopravvivenza, la faccenda si complica anche per la classe che in qualche modo, almeno di diritto, se non di fatto, configura gli anticorpi di questo sistema sociale nonché di questa civiltà che sta smarrendo le proprie coordinate culturali dopo aver ridotto tutto a valori di scambio e tutti a individui consumatori. Quest’anno, il 1917, ci regala, e regala al 2017 e 2018, proprio questa condizione di logorio estremo e diffuso del nesso con l’esperienza storica, che si riflette su tutti gli strati sociali aggravando ulteriormente l’isolamento e la frammentazione del mondo proletario rispetto al suo stesso carattere di classe universale. È capitato già in occasione della rievocazione di Caporetto: solite interviste ai passanti e davanti alle università: microfono alla mano e risposta esilarante dell’intervistato, da cui emerge non tanto e non solo l’ignoranza dell’evento storico, la «rotta» di Caporetto, quanto proprio l’incomprensione del termine “rotta”. Emerge anche il senso di totale assenza ed estraneità di fronte alle parole «rivoluzione ‘d’ottobre’»... chissà perché proprio ottobre ? …e così via.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">È così che diventa notevole e significativo che anche quest’anno, a rievocare l’evento che 100 anni fa cambiò il cammino della storia siano soprattutto i media mainstream, la cui sviluppata articolazione sta cambiando le stesse caratteristiche della lotta sociale. È così che si inventa un genere nuovo, la “Cronaca” – spettacolo giornalistica (come faccia ad esserlo 100 anni dopo sarebbe tutto da spiegare!) in 10 puntate (in immancabile DVD) di Ezio Mauro in tv con corredo multimediale di libro e DVD, che fa il paio con qualche pubblicazione di storici accademici in cerca di lettori occasionali, preventivamente confezionata a scopo commerciale, come ormai è prassi. Davvero di pessimo gusto, centrato sull'ammiccante biografia di sordidi personaggi alla Rasputin, con le sue trame e i sui suoi perturbanti risvolti sessuali e relativa odissea di una famiglia imperiale, con ingredienti della consueta fiction sceneggiata poliziesca a sfondo horror. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Questo degrado culturale progressivo, unito all'uso della menzogna sempre più sofisticato e specialistico nella rete tendente a diventare l’unico mezzo per l’acculturazione delle giovani generazioni delle «app», favorisce anche la perdita di coordinate e di orientamento su ciò che è razionale rispetto a ciò che è falso. «I fatti hanno la testa dura», soleva dire Lenin, ma con quali mezzi di informazione e comunicazione vecchi o nuovi si possono ormai neutralizzare oggi le bestialità che vengono propalate non solo da politici ma persino da addetti culturali, e comunque dai manipolatori mediatici, il cui lavoro consiste nel rovesciare il senso stesso della storia, e così far apparire la rivoluzione bolscevica come una manipolazione della realtà? L’ex diplomatico russo Vladimir Fedorovski (1) spiega la canonizzazione dello zar Nicola II e dei suoi familiari in quanto simbolica, centrata sul rito e mito dei “martiri”, “massacrati” o “assassinati”, (non giustiziati!) dai bolscevichi, e naturalmente così fan tutti nell'intento di dare addosso a quello che chiamano senza alcuna informazione storica comunismo e trasformando i carnefici in martiri. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Questa manipolazione, priva del benché minimo rispetto della realtà e della memoria storica, non si cura appunto di quei fatti che hanno pur sempre la testa dura, e che ricordano quello che i contemporanei d’allora sapevano benissimo, che questo «santo» e «martire» zar Nicola II, oltre al vizietto di fumare e si sparare ai corvi, divenne noto, non solo in Russia, per episodi come la Domenica di Sangue del 1905 a San Pietroburgo, quando, per suo ordine, l'esercito aprì il fuoco su una folla di centomila operai, e ciò gli valse il soprannome di “Nicola il sanguinario”, come sanguinario fu, nell'aprile del 1912, il massacro dei minatori della miniera d’oro della Lena, in Siberia, in sciopero. Ma l’impostura più sottile è quella di additare nel comunismo il responsabile di ogni nefandezza e individuare il così detto comunismo «reale» dall'ex URSS ai paesi dell’Est Europeo come la sede e la ispiratrice dei principi stessi del comunismo. </span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Quanto questa identificazione sia falsa è attestato dallo stesso Vladimir Putin che, considerando la sua adesione al comunismo alla stregua di un peccato di gioventù motivato dal fatto che le sue idee erano somiglianti a quelle della Bibbia (3), in merito alla santificazione della a famiglia Romanov afferma: «Tutti accusavano il regime zarista di repressione. E tuttavia, cosa fece sin dall'inizio il potere Sovietico? Repressioni di massa. </span><span style="background-color: transparent; color: #1d2129; font-size: 19px;">Non starò a parlare della scala, darò solo l’esempio più significativo: l’esecuzione della famiglia dello Zar con i loro bambini. Immagino che vi fosse una giustificazione ideologica nell'estinzione degli eredi. Ma perché uccidere il Dottor Botkin? Perché uccidere la servitù, gente di estrazione proletaria? Per quale motivo? Per nascondere il crimine».</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="background-color: transparent; color: #1d2129; font-size: 19px;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Dante Lepore, 07/11/2017</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Note:</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19 cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(1) Dictionnaire amoureux de Saint-Pétersbourg , Plon, Paris, 2016.</span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs19" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(2) In particolare gli articoli di LOREN GOLDNER: Agli estremi confini del centenario della rivoluzione d’ottobre: l’eredità del 1917 che possiamo rivendicare , in </span><span class="cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: #365899; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">http://breaktheirhaughtypower.org/a...</span><span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> ; e MICHELE G. BASSO, Ottobre, in</span><span class="cf2" style="background: transparent; border: 0px; color: #365899; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">https://www.facebook.com/SottoleBan...</span><span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"></span></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs19" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; font-family: Arial; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="cf1" style="background: transparent; border: 0px; color: #1d2129; font-size: 14.6667px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span class="fs19" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">(3) Putin: Ecco cosa penso del Comunismo, intervista tradotta dall'inglese a cu</span><span class="fs19" style="background: transparent; border: 0px; font-size: 19px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><span style="background: transparent; border: 0px; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">ra di </span>Marco Bordoni per Sakeritalia.it </span></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-921328542929588921.post-23278684581190025512016-08-01T10:36:00.000+02:002018-06-27T10:36:50.355+02:00LA CLASSE OPERAIA DI MARCINELLE NON HA NAZIONE (Newsletter nr. 54)<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><b>Dante Lepore, 01/08/2016</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/--ViqNOZNN5o/WzNMU-Xh2qI/AAAAAAAAJws/pMVNgErAO6ECi0Xn2-xot7e54sQdOFWyQCLcBGAs/s1600/marcinelle.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="395" data-original-width="260" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/--ViqNOZNN5o/WzNMU-Xh2qI/AAAAAAAAJws/pMVNgErAO6ECi0Xn2-xot7e54sQdOFWyQCLcBGAs/s320/marcinelle.jpg" width="210" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span class="fs19 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; line-height: 25px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">COME I CAPORALI DE GASPERI E IL VATICANO ISTITUIRONO LA PRIMA TRATTA DI SCHIAVI PER LA RICONVERSIONE POSTBELLICA</span></div>
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: center; vertical-align: baseline;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<br />
<div class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<div style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
<span class="fs16" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Il messaggio elusivo inviato dal presidente della Repubblica Mattarella in occasione del 60° anniversario della tragedia di Marcinelle è riassuntivo di tutti i belati rievocativi degli altri politici italiani: «Sessanta anni fa, egli afferma, l’8 agosto del 1956, lavoratori di dodici diverse nazionalità, tra cui 136 italiani, persero la vita nelle profondità della terra al Bois du Cazier. La tragedia costituì uno dei più sanguinosi incidenti sul lavoro della storia italiana ed europea. Una tragedia assurta a simbolo delle sofferenze, del coraggio e dell’abnegazione dei nostri concittadini che lottavano – attraverso il duro lavoro – per risollevare se stessi e le loro famiglie dalla devastazione del secondo conflitto mondiale». Giorgia Meloni è stata ancora più originale: «Marcinelle rappresenta un luogo altamente simbolico per la memoria dell’Italia che ci fa riflettere su valori assoluti e irrinunciabili come la nostra identità nazionale».</span><br />
<a name='more'></a><br />
<span class="fs16" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
</div>
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Mattarella, la Meloni e consorti ci consentano di ricordare loro che i morti operai, limitatamente al disastro del Bois du Cazier di Marcinelle citati, omettendo gli «altri» non italiani, furono 262, quasi il doppio. Lo ricordiamo per un semplice principio, che la classe operaia non ha nazione, come dimostra proprio Marcinelle. L’altra metà si divideva infatti in altre 11 nazionalità, 95 belgi, 8 polacchi, 6 francesi, 6 greci, 5 tedeschi, 2 ungheresi, 1 inglese, 1 olandese, 1 russo e 1 ucraino. Dall’8 al 23 agosto durarono i tentativi di salvataggio. Il 23 agosto la conclusione: i restanti erano «tutti morti» per le esalazioni del gas! Si è messo a suo tempo sotto accusa la mancanza di maschere antigas, ma di fatto il suo utilizzo non era possibile con il caldo eccessivo né con la posizione obbligata a cui i lavoratori erano forzati nelle parti più basse del fondo, per cui molti non avrebbero potuto usarla, preferendo il fazzoletto intorno alla bocca.</span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Né si può perdonare ai politici e politicanti nazionali di dare a bere al popolo ignorante che quello di Marcinelle fosse un tragico incidente casuale, imprevedibile, se tra il 1946 e il 1963 più di 800 lavoratori italiani erano già morti in una notevole quantità di tragedie analoghe, ossia a partire da dieci anni prima di Marcinelle e a seguire. L’11 maggio 1950 erano morti 40 lavoratori a Trazegnies, di cui 3 italiani. Il 21 settembre 1951 ancora 7 morti a Quaregnon: 1 belga e 6 italiani. A marzo 1952 entrarono in sciopero i minatori del Borinage e di Charleroi contro le condizioni di lavoro e la mancanza di misure di sicurezza. Tre mesi dopo, due incidenti presso il bacino di Charleroi in cui persero la vita10 minatori tra cui 6 </span><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">italiani. Il 22 novembre, ancora 2 morti presso Nense. Alla fine dell’anno, su 40.604 lavoratori italiani impiegati ne risultavano deceduti ben 75, l’anno successivo si raggiunse la cifra di 99 morti. Solo dopo questa sequela di «incidenti» e relative proteste e sospensioni di partenze, si arrivò ad una Commissione d’Inchiesta che, dopo 15 mesi, non perveniva ad alcuna conclusione, tranne… un Libro Verde (1955) in cui si dimostrava come le autorità belghe non avevano permesso di controllare i sistemi di lavoro e di prevenzione degli infortuni. Solo dopo la conferenza della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), nel marzo 1957, si perviene ad alcune misure di sicurezza del lavoro nelle miniere, tra cui l’uso «obbligatorio» delle maschere antigas. Fu così che il 1° ottobre del 1959 il Tribunale di Charleroi mandò tutti assolti gli imputati della catastrofe. Alla fine del 1959, l’Italia firma con il Belgio un ennesimo protocollo di intesa con nuove garanzie, ma ormai l’industria estrattiva belga si indirizzava altrove per manodopera supposta più disponibile e meno pretenziosa. Nelle miniere già predominavano greci, turchi e marocchini.</span></span><br />
<span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Le celebrazioni dell’anniversario di questa, né prima né ultima, tragedia delle miniere di tutto il mondo, sono state un’ennesima fiera di luoghi comuni sul vanto retorico del lavoro italiano nel mondo, sul cliché dello spirito di sacrificio che i nostri connazionali porterebbero all’estero con la loro proverbiale (e …libera!) voglia di lavorare, a costo di qualunque privazione, per il riscatto dalla devastante rovina della guerra, allora visibile ancora nelle strade. Dal presidente della Repubblica Mattarella a</span><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"> </span><span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">quello del senato Grasso alla presidente della camera Boldrini al presidente del consiglio Renzi e ai vari politici e sindacalisti, si è palesato un distratto, unanime e scialbo coro di orgoglio nazionalista, tutti a concludere sui passi avanti fatti da allora in termini di sicurezza sul lavoro (che, oltre tutto, è un falso palese, stante l’aumento delle morti bianche e dei suicidi per lavoro e anche degli incidenti gravi sul genere della collisione dei due treni a binario unico tra Andria e Corato, senza contare anche qui i precedenti). Nessuno che abbia ricordato cosa ci fosse dietro quella tragedia: l’accordo così detto «braccia-carbone». Il 23 giugno 1946, Alcide De Gasperi ne firmò il protocollo d’intesa col Belgio, che incrementò ulteriormente l’emigrazione degli italiani in modo massiccio nelle miniere del colonialista re Baldovino. Infatti l’emigrazione italiana in Belgio era già un fatto fin dall’800 e già il 12 febbraio, prima del protocollo di giugno, si era avuto un primo «convoglio» da Milano, quando ancora si faceva credere agli italiani di essere assunti come muratori o manovali, non a lavorare nelle viscere della terra, né che sarebbero andati ad alloggiare nelle baracche dei prigionieri di guerra russi e tedeschi.</span></span><br />
<span class="fs16 ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">La storica belga, di origine italiana, Anne Morelli definisce questo genere di tratta, operata dal governo italiano in funzione, secondo noi, di caporalato, come una «deportazione» vera e propria : «il n’y a rien à fêter. </span><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Cette immigration, c’est un arrachement, un déchirement, c’est une obligation, une déportation. C’est un mot choquant, car on pense tout de suite à la déportation juive et aux camps d’extermination, mais au sens premier, déportation, ça veut dire vivre loin de chez soi. Pour tous ces gens qui, en 1946, prennent la route, à cause de la misère, et aussi d’une certaine forme d’oppression politique qui régnait en Belgique» . </span><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">In questa forma piuttosto energica di reclutamento, la coercizione economica che induce quelli che decidono di partire per sfuggire alla miseria e alla disoccupazione a scendere nel sottosuolo con l’obbligo di rispettare la durata minima contrattuale di un anno, sotto pena addirittura della detenzione prima del rimpatrio, e il mancato rinnovo del passaporto oltre all’impossibilità di cambiare lavoro prima di aver trascorso in miniera almeno cinque anni, è resa palese con la detenzione come sanzione penale. Un contratto capestro di lavoro coatto, dunque, col quale tra i due governi usciti dalla guerra imperialista si assicurava un’intesa che considerava i lavoratori, già carne da macello in guerra, come obbligati a lavorare senza potersene liberamente andare via, come invece dovrebbe essere il lavoro salariato, libero rispetto alla schiavitù comunemente intesa, come privazione di libertà individuale. L’obbligo di rispettare la durata minima contrattuale di un anno, sotto pena addirittura della detenzione prima del rimpatrio, e il mancato rinnovo del passaporto oltre all’impossibilità di cambiare lavoro prima di aver trascorso in miniera almeno cinque anni, denotano tutti insieme un rapporto di schiavitù moderna con l’intermediazione del governo italiano.</span></span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Alla fine della seconda guerra mondiale, a sua volta, il Belgio, ricco da sempre di materie pri-me, pur avendo esaurito le scorte, dovette dimezzare la produzione del carbone, non certo per carenza di manodopera, che anzi c’era in sovrabbondanza, dato l’alto livello di disoccupazione per via della riconversione dalla produzione bellica a quella di pace, però gli operai belgi si rifiutavano di lavorare nelle miniere, lavoro pesante e mal retribuito, a cui fino a quel momento erano stati destinati e costretti a loro volta i prigionieri di guerra. Così, dei 137.000 minatori del 1940, ne restavano solo 88.000 nel 1945. Ciò indusse il governo belga a sottoscrivere, il 23 giugno 1946, col governo italiano di unità nazionale di Alcide de Gasperi, quel mai noto abbastanza protocollo d’intesa per la partenza di 50.000 lavoratori migranti con età non superiore a 35 anni, «a gruppi di 2.000 a settimana in cambio della fornitura annuale all’Italia di un quantitativo di carbone compreso tra i due o tre milioni di tonnellate, a prezzo preferenziale».</span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nel 1946 decine di migliaia di italiani vennero assunti per lavorare nei cinque bacini carboniferi belgi (Borinage, Centre, Charleroi, Liège, Campine). Alla fine del 1947, nelle miniere lavoravano circa 30.000 italiani (con una presenza totale di oltre 84.000 italiani, quasi un quarto della popolazione straniera in Belgio), al termine dell’anno successivo essi risultavano 46.120. Alla fine del 1948 nelle miniere lavorano quasi 77mila cui si aggiunsero mogli e figli. Andando avanti, nel 1957, su 151.898 lavoratori nei bacini carboniferi belgi, 45.819 erano italiani. Tra il 1946 e il 1960 ben 230.000 italiani lavorarono nelle miniere belghe. Dal 1946 al 1956 il numero degli italiani morti nelle miniere e in altri incidenti di lavoro sono stati circa 650. Secondo i dati in possesso delle Acli, tra il 1946 e il 1963 i lavoratori italiani morti in miniera furono 868 . Ecco il senso dell’espressione «braccia-carbone»! Il numero complessivo degli arrivi dall’Italia era prevedibile che aumentasse perché arrivarono appunto anche le famiglie dei lavoratori, mogli, figli, genitori. L’accordo da un lato prometteva parità di salario e trattamento pensionistico e sanitario ai minatori italiani e belgi (i quali in molti, come si è detto, rifiutavano le medesime condizioni come disumane) nonché il diritto agli assegni familiari per le famiglie, che rimanevano in Italia, dall’altro il governo di Bruxelles si impegnava a fornire a quello italiano carbone a basso costo. Paolo Di Stefano, scrittore e giornalista del Corriere della Sera nel suo libro La catastròfa definisce quell’accordo un patto «scellerato», ma evidentemente nella nostra classe politica nessuno legge libri sulle condizioni di vita e di lavoro di chi s’ammazza per mantenerla, oggi come allora, quando nelle città e nei paesi comparvero manifesti rosa notificanti il «reclutamento», promettendo lavoro e salario, progresso e benessere per l’Italia .</span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;"><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Oggi come allora, nessuna parola sui diritti dei lavoratori e sulle condizioni di lavoro. Non si richiedeva alcuna preparazione, soltanto una buona salute e un’età massima di 35 anni. Nel protocollo c’erano flagranti menzogne, condivise da entrambi i governi contraenti: vi si accennava ad alloggi «convenienti», tacendo sul fatto che erano costituite da cantine, baracche di legno e lamiera, già ex campi di prigionia. Nelle cantine c’erano i dormitori comuni, mentre le famiglie dormivano nelle baracche. I servizi igienici, come bagni e fontane, erano in comune e all’aperto, anche nell’inverno, che in Belgio è notoriamente rigido. Ovviamente, in queste condizioni la produzione balzò avanti passando dalle 75.000 tonnellate del mese di maggio 1946 alle 97.000 tonnellate del novembre 1948. Il lavoro era molto duro, in tre turni di 8 ore nella giornata, a partire dalle 6,00, dalle 14,00 e dalle 22,00. Le pause pranzo erano di 20 minuti. La paga era corrisposta in due tranche, il 10 e il 25 del mese, e per lo più si lavorava a cottimo, ossia secondo la quantità di carbone estratto. All’inizio degli anni ’50, il salario medio oscillava tra 220 e 350 franchi al giorno. Col cottimo si andava anche oltre 400 franchi. Le ferie poi venivano calcolate sulla base dei giorni lavorati nell’anno precedente con un massimo di appena 6 giorni all’anno nel 1948 poi di 12 e infine di 30, con l’intervento sindacale e delle ACLI. Molto importante il fatto che «À côté de la filière officielle de migration italienne, les milieux patronaux ont organisé une filière parallèle, ‘la filière vaticane, qui recrutait dans les paroisses du nord-est de l’Italie des gens doux, gentils et fiables pour éviter d’avoir des subversifs. </span><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Ceux-là étaient les premiers à tenter de fuir l’Italie, et de trouver du travail parce qu’on leur refusait du travail en Italie étant donné leur implication dans des mouvements sociaux’». </span><span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">I sindacati belgi, da bravi servi dell’imperialismo, invece di lottare per la parificazione dei trattamenti salariali e normativi per locali e stranieri, tentarono di bloccare il flusso di ma-nodopera straniera a preferenza dei lavoratori nazionali che però rifiutarono le sollecitazioni in tal senso del governo, sicché nel 1951 questo autorizzò ancora altri contingenti di immigrati italiani, anche per rianimare il turn over con coloro che avevano maturato i cinque anni di lavoro obbligatorio, ottenendo il cosiddetto permesso di lavoro «A», che in teoria consentiva loro di spostarsi in altri settori come l’edilizia e l’industria, ma in pratica li costringeva a conti-nuare il lavoro nei bacini carboniferi per via che altri sbocchi lavorativi non esistevano. I minatori belgi del resto qualche privilegio riuscirono a mantenerlo, essendo in maggioranza tra i pochi a lavorare il carbone in superficie (lavaggio, separazione dai minerali di scarto e divisione nelle varie categorie di uso). L’attività principale si svolgeva a volte anche a oltre mille metri nel sottosuolo, con varie tecniche, dal martello perforatore pneumatico alle cariche esplosive, e con nastri trasportatori meccanici. Solo il telefono per comunicare. Naturalmente la questione delle misure di sicurezza non è mai un problema di optional per il capitalismo, dal momento che lavorando a cottimo si costringe il lavoratore a risparmiare sulle misure di sicurezza, per risparmiare tempo e usarlo tutto per la produttività, si evitava di «sprecare tempo» a puntellare, per poi vedere franare il terreno o mancare l’aria per mancanza di misure volte a distribuirla su grandi distanze, o produrre allagamenti o scoppi del grisou o appunto incendi come quello del Bois du Crazier.</span></span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Nessuno dei commemoranti odierni di quella tragedia del sottosuolo osa nominare i termini di quell’accordo, a maggior ragione ignora di svelare di che lacrime (e sangue!) esso trasudi, ad esempio l’obbligo di rispettare la durata minima contrattuale di un anno, sotto pena addirittura della detenzione prima del rimpatrio, e il mancato rinnovo del passaporto oltre all’impossibilità di cambiare lavoro prima di aver trascorso in miniera almeno cinque anni.</span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">Né si fa alcun cenno alle note anche a quell’epoca così dette malattie professionali, come la silicosi non a caso definita come la «malattia del minatore», ma anche altre forme patologiche come l’enfisema, bronchite, tubercolosi, artrosi, senza contare i danni all’udito per i rumori dei perforatori e della dinamite e le febbri da sbalzi di temperatura.</span><br />
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><br /></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;">
</div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; color: #400000; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<span class="ff1" style="background: transparent; border: 0px; font-family: Georgia, Times New Roman, serif; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; vertical-align: baseline;"><b>Bibliografia (a cura di M. Strazza)</b></span></div>
<div style="background: rgb(255, 239, 191); border: 0px; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: justify; vertical-align: baseline;">
<br />
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">FRANCIOSI M. L. (a cura di), …per un sacco di carbone, Bruxelles, Ed. Acli Belgio, 1996</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">AUBERT R., L’immigration italienne en Belgique, Bruxelles, Istituto Italiano di Cultura, 1985</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">BERTI S., RENZI E., …e siamo dovuti andare sottoterra a lavorare…I sammarinesi nei bacini carboniferi del Belgio 1946-1960, Repubblica di San Marino, Centro Studi Permanente sulla emigrazione, Edizioni del Titano, 1999.</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">CAMERA DEI DEPUTATI, ATTI PARLAMENTARI, DISCUSSIONI, Seduta del 4 ottobre 1956, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1957</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">CAPUTO M., L’ultima giornata d’attesa fu la più straziante, in “Corriere della Sera”, 24 agosto 1956</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">MINISTERO AFFARI ESTERI, Marcinelle Cinquant’anni dopo, Sansepolcro (Ar), Graficonsul, 2006</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">ROSSINI D., L’altra Marcinelle dalle grandi tragedie sul lavoro alla lunga catena di vittime della silicosi, Liège, Ed. Patronato Acli Belgio, 2006.</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">RUBATTU A., La baracca, 50 anni di Acli in Belgio, Bruxelles, Editrice Acli Belgio, 2005</span></li>
</ul>
<ul style="color: #400000;">
<li><span style="font-family: Georgia, Times New Roman, serif;">STRAZZA M., L’emigrazione lucana in Belgio negli anni Cinquanta, in AA.VV., Quando credevamo di poter rifare il mondo. Gli anni Cinquanta in Basilicata, Rionero (Pz), Calice Ed., 2007</span></li>
</ul>
</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/17976994331012735952noreply@blogger.com5